Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia - article ; n°2 ; vol.92, pg 993-1020
29 pages
Italiano

Découvre YouScribe en t'inscrivant gratuitement

Je m'inscris

Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia - article ; n°2 ; vol.92, pg 993-1020

Découvre YouScribe en t'inscrivant gratuitement

Je m'inscris
Obtenez un accès à la bibliothèque pour le consulter en ligne
En savoir plus
29 pages
Italiano
Obtenez un accès à la bibliothèque pour le consulter en ligne
En savoir plus

Description

Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité - Année 1980 - Volume 92 - Numéro 2 - Pages 993-1020
Carlo Pavolini, ~~Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia~~, p. 993-1020. Nei depositi degli scavi di Ostia, i singolari «vasetti ovoidi e piriformi» qui pubblicati sono numericamente significativi all'interno délia ceramica cosiddetta «comune». La tipologia proposta nell'articolo è basata sui quasi trecento esemplari (privi di un contesto preciso di provenienza) individuati nei magazzini; si sono distinti 18 tipi principali. I confronti con esemplari datati su basi stratigrafiche, ad Ostia e fuori, hanno portato ad una cronologia dei vari tipi compresa fra l'età tiberiana e gli inizi del III sec. d.C. Fino all'età traianea, le argille usate sono simili a quelle proprie della ceramica comune prodotta localmente; dall'età adrianea l'argilla cambia radicalmente e non è esclusa una provenienza esterna (ispanica?). La funzione dei vasetti resta problematica, e nell'articolo ci si limita a passare in rassegna le soluzioni proposte fino a questo momento.
28 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

Informations

Publié par
Publié le 01 janvier 1980
Nombre de lectures 59
Langue Italiano
Poids de l'ouvrage 2 Mo

Extrait

Carlo Pavolini
Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 92, N°2. 1980. pp. 993-1020.
Riassunto
Carlo Pavolini, Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia, p. 993-1020.
Nei depositi degli scavi di Ostia, i singolari «vasetti ovoidi e piriformi» qui pubblicati sono numericamente significativi all'interno
della ceramica cosiddetta «comune». La tipologia proposta nell'articolo è basata sui quasi trecento esemplari (privi di un contesto
preciso di provenienza) individuati nei magazzini; si sono distinti 18 tipi principali. I confronti con esemplari datati su basi
stratigrafiche, ad Ostia e fuori, hanno portato ad una cronologia dei vari tipi compresa fra l'età tiberiana e gli inizi del III sec. d.C.
Fino all'età traianea, le argille usate sono simili a quelle proprie della ceramica comune prodotta localmente; dall'età adrianea
l'argilla cambia radicalmente e non è esclusa una provenienza esterna (ispanica?). La funzione dei vasetti resta problematica, e
nell'articolo ci si limita a passare in rassegna le soluzioni proposte fino a questo momento.
Citer ce document / Cite this document :
Pavolini Carlo. Appunti sui «vasetti ovoidi e piriformi» di Ostia. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 92, N°2.
1980. pp. 993-1020.
doi : 10.3406/mefr.1980.1260
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5102_1980_num_92_2_1260CARLO PAVOLINI
APPUNTI
SUI «VASETTI OVOIDI E PIRIFORMI» DI OSTIA*
Nel sistemare preliminarmente, per lo studio, le raccolte ostiensi della
ceramica da cucina e da tavola generalmente definita col termine (assai vago)
di «ceramica comune», ho constatato che una parte molto rilevante di tale
classe è costituita dai singolari oggetti che nella pubblicazione dei materiali
delle Terme del Nuotatore ostiensi1 sono indicati come «vasetti ovoidi e
piriformi ». Ho ritenuto perciò opportuno farne l'oggetto di una ricerca specifi
ca, per il loro interesse intrinseco e per meglio isolare e studiare poi i
contenitori più sicuramente attribuibili al comune uso domestico. Poiché sulla
funzione dei «vasetti», anche al termine di questa mia indagine, permangono
dubbi e interrogativi (v. infra), ho preferito conservare nel titolo di questo
articolo la definizione generica, ma aperta, usata in Ostia I-IV.
Per costruire la tipologia non mi sono servito di esemplari provenienti da
scavi recenti inediti, che ho invece utilizzato come confronti tipologici e
cronologici : e ciò perché ritengo che nei casi in cui i contesti stratigrafici sono
noti sia più opportuno, in futuro, pubblicare tali contesti per intero e non per
classi di materiale. La mia ricerca si è quindi indirizzata verso quelle più
antiche raccolte (derivanti sostanzialmente dai grandi scavi estensivi del
1938-42) nelle quali i corredi stratigrafici, mescolati, non sono più in alcun
modo ricostruibili, per cui l'unico metodo di pubblicazione possibile è quello
tipologico. In questo senso, il « campione » più ampio (e senz'altro rappresentat
ivo dell'insieme della tipologia attestata ad Ostia) è costituito da un grande
deposito di ceramica - soprattutto « comune » - attualmente sistemato in una
sala degli Horrea Epagathiana, ma proveniente dal Castello di Giulio II, dove
nei decenni passati erano stati ammassati i reperti dei grandi sterri ostiensi. I
* I disegni di questo articolo sono stati eseguiti con la consueta accuratezza dalla
signorina Maria Antonietta Ricciardi, che ringrazio vivamente per la sua puntuale
collaborazione. La scala è 1 : 2.
1 Ostia I, Studi Miscellanei, 13, Roma, 1968; Ostia II, Studi Miscellanei, 16, Roma,
1970; Ostia III, Studi 21, 1973; Ostia IV, 23,
1977.
MEFRA - 92 - 1980 - 2, p. 993-1020. CARLO PAVOLINI 994
«vasetti ovoidi e piriformi» presenti in questo nucleo ceramico erano tutti
privi di indicazioni inventariali ο di provenienza2 : si tratta di 288 esemplari
(più un limitato numero di frammenti), generalmente in buono stato di
conservazione, in maggioranza interi, alcuni privi del fondo ο scheggiati
sull'orlo. In 42 casi ci si trova di fronte ad esemplari non attribuibili con
certezza alla tipologia che segue, talvolta perché deformati durante la cottura
(v. infra). Sui restanti 246 si è basata la mia indagine.
I - Tipologia e caratteristiche di fabbricazione
I vasetti, sempre privi di anse, sono generalmente contraddistinti da una
strozzatura più ο meno pronunciata del collo, sotto l'orlo, e da un'espansione -
anch'essa più ο meno accentuata - del corpo, dalla quale deriva la denominaz
ione stessa di «vasetti ovoidi e piriformi». Bisogna dire però che nel tipo 8
collo e corpo, non distinti, tendono ad assumere una forma cilindrica, e che
nei tipi 7 e 9 la strozzatura del collo è assai poco accentuata.
Elemento comune a tutti i tipi è il fondo a puntale, che nei tipi 1-8 ha più
spesso una forma svasata, tronco-conica, mentre nei tipi 9-18 è generalmente
diritto, cilindrico. In quasi tutti gli esemplari il fondo non permette all'oggetto
di reggersi autonomamente, ciò che è invece possibile se lo si rovescia e lo si
poggia sull'imboccatura.
I vasetti presentano in genere pareti spesse, che si ingrossano man mano
che dai gruppi di tipi A-B (1-8) si passa al gruppo C (tipo 9) e al gruppo D
(11-18). Le pareti esterne sono avvolte da una scanalatura continua a spirale,
che solo nel caso dei tipi 9 e 10 è meno accentuata e talvolta assente.
Un altro singolare elemento costante, eppure rilevato finora, a quanto mi
risulta, soltanto dal Boni3, è costituito dalla presenza sui vasetti, in corrispon
denza della massima espansione del corpo, di tre ο quattro punti nei quali
l'argilla appare abrasa ο ammaccata, ο la sua superficie intaccata da piccoli
crateri irregolarmente rotondi, mentre in altri casi si ha viceversa - negli
stessi punti - un piccolo accumulo irregolare di argilla che si direbbe aggiunt
a. Nella maggioranza dei casi queste imperfezioni (chiaramente verificatesi
prima della cottura) sono quattro, disposte sulla circonferenza di massima
2 1 numeri d'inventario dei vasetti che compaiono nella tipologia che segue sono
stati apposti al termine della presente ricerca. Il campionario tipologico - comprendent
e gli esemplari qui pubblicati - verrà conservato nella Sala Vili dei magazzini di
Ostia.
3 G. Boni, Roma. Esplorazione del Forum Ulpium, in NSA, 1907, p. 361 sg.
(v. p. 397). « VASETTI OVOIDI E PIRIFORMI » DI OSTIA 995
espansione del vasetto in modo simmetrico, come alle terminazioni di due
diametri che si incrocino perpendicolarmente. Quando (come avviene in molti
casi) una delle quattro imperfezioni manca, la disposizione della altre tre non
cambia. Il Boni interpreta le «cavità» presenti sui vasetti di cui si occupa
come conseguenza della pressione delle dita del vasaio, evidentemente
nell'atto di togliere il vasetto dal tornio ο di trasportarlo : ma una simile presa
manuale risulta in realtà molto scomoda, soprattutto se effettuata con quattro
dita, mentre allo scopo si poteva usare molto più semplicemente il fondo a
puntale. L'ipotesi che mi sembra più ovvia è che il fenomeno descritto si
verificasse invece quando i vasetti venivano impilati per l'essiccamento : le
loro pareti si toccavano, e la superficie d'argilla ancora umida si ammaccava
nel modo che si è detto. Solo così si spiegano le cavità e i corrispondenti casi
in cui si ha un grumo d'argilla aggiunta, evidentemente staccatasi dal vasetto
vicino, come anche la presenza di esemplari in cui le imperfezioni sono solo
tre : si tratta dei fittili disposti all'esterno della pila, e quindi contigui di tre
anziché di quattro altri vasetti. Altra conferma è l'assenza delle imperfezioni
nel solo caso del tipo 10, il cui orlo molto svasato faceva sì che le pareti non si
toccassero.
Evidentementre i vasai non si curavano di evitare ο di eliminare queste
imperfezioni, e questo (assieme alla pesantezza delle pareti, alla generale
rozzezza della ingubbiature, alla frequenza di impurità nelle argille) ci dice
come nel produrre questi vasetti non si badasse minimamente al fattore
estetico, ma solo all'aspetto utilitario. Ciò avvalora l'ipotesi che si tratti,
anziché di vasi in senso stretto, di oggetti d'uso (per le ipotesi sulla funzione,
v. infra).
Quanto alle dimensioni, l'altezza dei vasetti ostiensi varia da un minimo di
6,4 cm (tipo 3) a un massimo di 19,3 cm (tipo 17a)4. In alcuni tipi, pur non
mutando sostanzialmente le caratteristiche morfologiche, le dimensioni varia
no a tal punto che ho creduto necessario suddividerli in due ο in tre sottotipi
(a, b, e). Talvolta questa distinzione appare netta : si nota cioè ad esempio,
nella successione delle altezze, un preciso intervallo fra esemplari del sottoti
po a ed esemplari del sottotipo b, e

  • Univers Univers
  • Ebooks Ebooks
  • Livres audio Livres audio
  • Presse Presse
  • Podcasts Podcasts
  • BD BD
  • Documents Documents