Predicazione volgare e volgarizzamenti - article ; n°2 ; vol.89, pg 679-689
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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes - Année 1977 - Volume 89 - Numéro 2 - Pages 679-689
Carlo Delcorno, ~~Predicazione volgare e volgarizzamenti~~, p. 679-689. L'auteur retrace les lignes principales du développement de la prédication des Mendiants, et analyse les documents qui témoignent de l'essor de la prédication en langue vulgaire à Florence au début du XIVe siècle. On prend en considération surtout l'école dominicaine de Santa Maria Novella, où les prêcheurs les plus prestigieux (Remigio de' Girolami, Giordano da Pisa, Iacopo Passavanti, Taddeo Dini) poursuivent un projet ambitieux de diffusion de la philosophie aristotélicienne et de l'exégèse biblique dans le milieu de la bourgeoisie florentine. D'ailleurs la prédication en langue vulgaire, en éveillant chez les laïques des aspirations culturelles et religieuses très vives, est à l'origine du travail imposant de traduction des textes bibliques, hagiographiques, ascétiques, qui caractérise la prose italienne du Trecento. Un exemple de l'importance et de la complexité de cette opération est donné par le « volgarizzamento » des Vitae Patrum, composé dans le couvent de Santa Caterina à Pisa par une époque travaillant sous la direction de Domenico Cavalca.
11 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

Informations

Publié par
Publié le 01 janvier 1977
Nombre de lectures 47
Langue Italiano

Extrait

Carlo Delcorno
Predicazione volgare e volgarizzamenti
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 89, N°2. 1977. pp. 679-689.
Résumé
Carlo Delcorno, Predicazione volgare e volgarizzamenti, p. 679-689.
L'auteur retrace les lignes principales du développement de la prédication des Mendiants, et analyse les documents qui
témoignent de l'essor de la prédication en langue vulgaire à Florence au début du XIVe siècle. On prend en considération surtout
l'école dominicaine de Santa Maria Novella, où les prêcheurs les plus prestigieux (Remigio de' Girolami, Giordano da Pisa,
Iacopo Passavanti, Taddeo Dini) poursuivent un projet ambitieux de diffusion de la philosophie aristotélicienne et de l'exégèse
biblique dans le milieu de la bourgeoisie florentine.
D'ailleurs la prédication en langue vulgaire, en éveillant chez les laïques des aspirations culturelles et religieuses très vives, est à
l'origine du travail imposant de traduction des textes bibliques, hagiographiques, ascétiques, qui caractérise la prose italienne du
Trecento. Un exemple de l'importance et de la complexité de cette opération est donné par le « volgarizzamento » des Vitae
Patrum, composé dans le couvent de Santa Caterina à Pisa par une époque travaillant sous la direction de Domenico Cavalca.
Citer ce document / Cite this document :
Delcorno Carlo. Predicazione volgare e volgarizzamenti. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps
modernes T. 89, N°2. 1977. pp. 679-689.
doi : 10.3406/mefr.1977.2417
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5110_1977_num_89_2_2417CARLO DELCORNO
PREDICAZIONE VOLGARE E VOLGARIZZAMENTI
L'influsso degli Ordini mendicanti sulle città dell'Italia Centrale nel pe
riodo che qui ci interessa (1220-1350) si coglie in modo esemplare a livello
linguistico. In nessun altro paese, salvo forse in Inghilterra, i nuovi Ordini
diedero un impulso così forte allo sviluppo della lingua volgare, creando in
poche generazioni un così grande numero di monumenti letterari1. Gli stru
menti di questa operazione culturale sono quelli tipici della funzione reli
giosa del linguaggio: la predicazione e la traduzione dei testi sacri ο edifi
canti2. I Mendicanti, come è noto, portano al culmine un processo iniziato da
secoli (la Magna charta della predicazione e della traduzione nelle lingue ro
manze è nelle disposizioni del Concilio di Tours dell'813)3, e acceleratosi
lungo il secolo XII, quando il movimento della vita apostolica determina negli
Ordini monastici e nel laicato un'intensa opera di evangelizzazione, quasi
sempre nella forma itinerante4.
La predicazione dei Mendicanti, soprattutto dei Domenicani, si sviluppa
nel duplice attrito con la propaganda ereticale, che inventa nuovi mezzi ca
pillari di comunicazione, e con la nuova mentalità comunale, che esige un
1 Cfr. G. R. Owst, Literature and Pulpit in Medieval England, Oxford, 1966, p. 3-4. Il
contributo dei Mendicanti alla predicazione volgare è invece scarsamente document
ato in Francia (cfr. M. Zink, La prédication en langue romane avant 1300, Paris, 1976,
p. 128-129.
2 Cfr. G. Folena, Textus testis: caso e necessità nelle origini romanze, nel volume col
lettivo Concetto, storia, miti e immagini del Medio Evo, a cura di V. Branca, Firenze,
1973, p. 483-507 (a p. 502); e dello stesso autore «Volgarizzare» e «tradurre»: Idea e te
rminologia della traduzione dal Medio Evo italiano e romanzo all'Umanesimo europeo, in
La Traduzione. Saggi e studi, a cura di G. Petronio, Trieste, 1973, p. 57-120, sopratutto le
p. 64 s.
3 Un accurato esame dei canoni del Concilio di Tours si legge in R. Zerfass, Der
Streit um die Laienpredigt, Freiburg, 1974, p. 92 s.
4 Oltre al citato volume dello Zerfass, si vedano H. Grundmann, Movimenti reli
giosi nel Medioevo, tr. it., Bologna, 1974 (cap. I); e E. Pasztor, Predicazione itinerante ed
evangelizzazione nei secoli XI-XII, in Evangelizzazione e culture (Atti del Congresso i
nternazionale scientifico di Missiologia, Roma, 5-12 ottobre 1975), Roma, 1976, t. II,
p. 168-174. 680 CARLO DELCORNO
linguaggio semplice e una tematica adattata alla concretezza della realtà sto
rica. Nell'arco di tempo che va dalle loro origini alla fine del Medioevo, i due
principali Ordini mendicanti (tralascio in questa rapida sintesi Agostiniani,
Serviti e Carmelitani)5 mostrano una identica vivacità e aggressività cultu
rale nei confronti del mondo cittadino, che viene da loro conquistato con
una strategia analoga di accerchiamento e di penetrazione. Eppure, anche
senza insistere sulla personalità diversissima dei due fondatori, è evidente
che i due Ordini operano secondo ipotesi culturali e con strumenti molto
differenti.
Fin dal principio i Domenicani si presentano come difensori dell'orto
dossia cattolica contro gli eretici, e come mediatori, nei confronti del laicato,
di una cultura tutta di matrice clericale e latina, pensata negli Studia, e
quindi adattata, con le necessarie modifiche, alla mentalità laicale. Non a
caso Umberto di Romans nella più antica ars praedicandi domenicana defini
sce il ruolo dei Predicatori con metafore attinte al campo semantico della d
iplomazia: essi sono detti «messi di Dio», «ministri»6.
L'atteggiamento dei Minori, almeno alle origini, è ben diverso: Francesco
d'Assisi e i suoi primi seguaci emergono dalla società comunale, e intendono
vivere e trasmettere il messaggio evangelico secondo un letteralismo popol
are lontano dagli schemi interpretativi clericali. Non per mancanza di cul
tura ma per una scelta motivata in senso popolareggiante, Francesco rifiuta
la dottrina e la retorica del sermo modernus1 elaborato nelle Università, e in
vece si appropria, soprattutto negli ultimi anni, della tecnica e dello stile t
ipici dei concionatori politici. Brevibus innuebat quod erat ineffabile, et ignitos
interserens gestus et nutus, totos rapiebat auditores ad caelica. Non distinctio-
num clavibus utebatur, quia quos ipse non inveniebat, non ordinabat sermones.
Così scrive Tommaso da Celano nella Vita Secundas, caratterizzando la predi
cazione di Francesco soprattutto con il rifiuto delle claves, che fissavano i
5 Per un orientamento vedi la Storia della Chiesa diretta da H. Jedin, tr. it., Milano,
1975 (voi. V/l, cap. XXIII a cura di H. Wolter).
6 Cfr. Humberti De Romanis, quinti praedicatorum Magistri Generalis, Opera de
vita regulari, edita cura F. J. J. Berthier, Romae, 1888, voi. II, p. 382-383 (P. I, cap. IV):
Item, quilibet praedicator est quasi legatus missus a Deo pro negotiis suis [...J Item,
praedicatores sunt ministri Dei.
7 Per una più dettagliata caratterizzazione dello stile di San Francesco rimando
alla mia relazione Origini della predicazione francescana, in Francesco d'Assisi e France
scanesimo dal 1216 al 1226 (Atti del IV Convegno internazionale, Assisi, 15-17 ottobre
1976), Assisi 1977, p. 127-160.
8 Cfr. Thomae De Celano, Vita Secunda, Pars II, cap. LXXIII, η. 107, in Analecta
Franciscana, t. X, Firenze, Ad Claras Aquas, 1941, p. 193. PREDICAZIONE VOLGARE E VOLGARIZZAMENTI 681
criteri per dedurre dal thema iniziale i membri della divisio. Ancor più illumi
nante è la testimonianza di Tommaso di Spalato, il quale, da studente, udì
Francesco predicare a Bologna nel giorno dell'Assunzione del 1222: nell'Hi-
storia pontificum Salonitarum et Spalatensium egli riferisce che il Santo usava
uno stile più vicino a quello dei « concionatori » che non a quello dei predicat
ori (nee tarnen ipse modum praedicantis tenuit, sed quasi concionantis)9 . L'a
ccostamento coglie nel segno: non si tratta solo di un'affinità retorica, ma an
che di una sostanziale convergenza di forme, di contenuti, di disponibilità ad
una mimica capace di coinvolgere il pubblico laico della città. Dalla Rheto-
rica novissima di Buoncompagno da Signa (che insegnò a Bologna nella Fa
coltà delle Arti fino al 1222), daü'Oculus pastoralis, uno dei primi e più import
anti trattati dedicati all'istruzione del podestà, e da tutta la vasta «lettera
tura del podestà» che fiorisce lungo il Duecento10, risulta chiaramente che la
conclone è lo strumento tipico dell'oratoria dei laici, e si distingue dal se
rmone per il suo piglio disinvolto e popolaresco, e per i suoi temi strett
amente saldati alla vita del Comune, in particolare al problema della pace.
Francesco d'Assisi privilegia i temi politici, e in primo luogo quello della
pace, e li esprime con immediatezza giullaresca, tralasciando le rationes a
vantaggio degli exempla, evitando l'esegesi per insistere sulla lettera della
Scrittura. Purtroppo della predicazione di Francesco non c'è rimasto nulla,
salvo le testimonianze degli agiografi e dei cronisti, e tranne le indicazioni
che egli stesso ha lasciato nei suoi Opuscula: sopratutto neW Epistola ad fidè
les, nei capitoli XVII e XXI della Regula non

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