Le avventure di Sherlock Holmes
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I racconti di Sherlock Holmes

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Publié le 28 mai 2014
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Langue Italiano
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Extrait

Arthur Conan Doyle
Le avventure di Sherlock Holmes
© Biblioteca Elettronica Italica - 2014 Opera originale nel Pubblico Dominio
Traduzione depositata.
All Rights Reserved Worldwide - Tous droits réservés Tutti i diritti riservati sulla presente traduzione in italiano.
Uno scandalo in Boemia
A Scandal in Bohemia
I
Per Sherlock Holmes, è semprela Donna. Egli la giudica talmente superiore al resto del suo sesso, che non la chiama quasi mai col suo nome; ella è, e resteràla Donna.
Avrebbe dunque provato a riguardo di Irene Adler un sentimento vicino all' amore ? Assolutamente no ! Il suo spirito lucido, freddo, e ammirevolmente equilibrato aborriva ogni emozione in generale, e quella dell'amore in particolare.
Io tengo Sherlock Holmes come la macchina a osservare e a ragionare più perfetta che sia mai esistita sul pianeta; innamorato, non sarebbe più stato lo stesso.
Quando parlava delle cose del cuore, era sempre per condirle di una punta di sarcasmo o di una risatina.
Certo, come osservatore, le apprezzava : non è dal cuore che si deducono i moventi e gli atti delle creature umane ? Ma come logico di professione, le ripudiava : in un temperamento così delicato, così sottile come il suo, l’irruzione di una passione avrebbe introdotto un elemento di disordine, di cui avrebbe potuto soffrire la precisione delle sue deduzioni.
Egli evitava dunque le emozioni forti, e in questo metteva altrettanta cura che a evitare, ad esempio, di rovinare una delle sue lenti, o seminare grani di polvere su uno strumento di precisione.
Tale era la sua natura. E tuttavia una donna l’impressionò:la Donna, Irene Adler, che lasciò peraltro un ricordo dubbio e discutibile.
Negli ultimi tempi, non avevo visto spesso Holmes.
Il mio matrimonio aveva separato il corso delle nostre vite.
Tutta la mia attenzione si trovava assorbita dalla mia serenità personale, così completa, come dalle mille piccole cure che incombono sull’uomo che mette sù famiglia.
Dal suo canto, Holmes s'era isolato nel nostro covo di Baker Street; il suo gustobohèmiensi accomodava male a ogni forma di socialità; seppellito sotto vecchi libri, alternava cocaina e ambizione: non usciva dal torpore della droga che per darsi alla focosa energia del suo temperamento.
Egli era sempre molto attirato dalla criminologia, e impegnava i suoi talenti eccezionali a indagare e risolvere enigmi che la polizia ufficiale disperava di sbrogliare.
Vaghi echi della sua attività mi eran giunti di tanto in tanto: specialmente il suo viaggio a Odessa, dove era stato chiamato per l'omicidio Trepoff, la soluzione del dramma tenebroso dei fratelli Atkinson di Trincomalee, infine la missione che riuscì, con discrezione, per la famiglia reale di Olanda.
Al di fuori di quelle manifestazioni di vitalità, di cui avevo semplicemente conoscenza dalla stampa quotidiana, ignoravo quasi tutto del mio antico compagno e amico.
Una sera, era il 20 marzo 1888,avevo visitato un malato e rientravo da me (dato che mi ero rimesso ad esercitare la medicina) quando mi capitò di passare da Baker Street.
Davanti a quella porta di cui non avevo perso il ricordo, e che sarà sempre associata nel mio spirito al mio fidanzamento come alle oscure circostanze delloStudio in rosso, fui preso dal desiderio di rivedere Holmes e di sapere come usava le sue facoltà straordinarie.
Le sue finestre erano illuminate; alzando gli occhi, distinsi già la sua alta figura magra, che per due volte si profilò dietro la tenda.
Percorreva la stanza con un passo rapido, impaziente; la sua testa era inclinata sul suo petto, le sue mani incrociate dietro la schiena.
Io conoscevo abbastanza il suo umore e le sue abitudini, per indovinare che aveva ripreso il suo lavoro.
Affrancatosi dai sogni della droga, aveva dovuto lanciarsi con ardore su un nuovo affare.
Io suonai, e fui condotto all’appartamento che avevo un tempo diviso con lui.
Non mi prodigò effusioni, non erano il suo forte. Ma fu contento, credo, di vedermi.
A pena mi disse una parola, tuttavia mi indicò una poltrona; mi tese una scatola di sigari; mi designò dei liquori e un sifone in un angolo.
Poi si tenne in piedi davanti al fuoco, e mi contemplò in quella sua tipica maniera penetrante.
- Il matrimonio vi dona ! osservò. Parola mia, Watson, avete preso sette libbre e mezza dall'ultima volta che vi ho visto.
- Sette, risposi.
- Veramente ? avrei creduto un pò di più, soltanto un poco, Watson. E avete ricominciato a procurarvi una clientela, a quel che vedo. Non mi avete detto che avevate l’intenzione di riprendere !
- Allora, come lo sapete ?
- Io lo vedo; lo deduco. Come so che recentemente vi siete preso una bagnata, e che avete una serva mediocre e poco zelante.
- Mio caro Holmes, dico, questo è troppo ! Se voi foste vissuto qualche secolo fa, sareste certamente stato bruciato vivo.
Ebbene ! sì, è esatto, giovedì ho camminato in campagna e son rientrato in pessimo stato; ma ho cambiato gli abiti, mi chiedo come avete potuto vederlo, e dedurlo.
Quanto a Mary Jane, è incorreggibile ! mia moglia l'ha licenziata; ma via, ancora una volta, non capisco come l’avete indovinato.
Egli ridacchiò e fregò una contro l’altra le sue lunghe mani nervose.
- E' d'una beata semplicità, disse. I miei occhi mi dicono, alla luce del fuoco, che il cuoio della vostra scarpa sinistra è segnato da sei graffi quasi paralleli; è evidente, che sono stati fatti da qualcuno grattando senza precauzione attorno ai bordi della suola per staccare una crosta di fango.
Da cui, vedete la mia doppia deduzione: che siete uscito col cattivo tempo e che, per pulire le vostre scarpe, non disponete che di un campione molto mediocre della servitù londinese.
In quel che concerne la vostra attività professionale, se un gentleman entra qui, puzzando di iodio, con una traccia nera di nitrato di argento sul suo dito indice, e porta un cappello alto in cui dissimula il suo stetoscopio, io sarei in verità assai ottuso se non capissi che è un membro attivo del corpo medico.
Io non potei evitare di ridere davanti alla facilità con la quale mi spiegava il percorso delle sue deduzioni.
- Quando sento le vostre ragioni, gli dissi, le cose mi appaiono sempre così ridicolmente semplici che mi sembra che potrei fare da solo; tuttavia ogni nuovo esempio della vostra maniera di ragionare mi confonde fino a che mi spiegate il vostro metodo. I miei occhi non sono buoni come i vostri ?
- Ma sì ! rispose accendendo una sigaretta e buttandosi in una poltrona. Solamente voi vedete, e non osservate: la distinzione è chiara.
Via, avete spesso visto gli scalini che portano a questo appartamento. - Spesso.
- Quante volte ?
- Io non so : centinaia di volte.
- Bene. Quanti sono ?
- Quanti scalini ? Io non lo so.
- Esatto ! Non avete osservato. E tuttavia avete visto. Tutto qui. Io so che ci sono diciassette scalini, perchè ho visto e osservato.
A proposito, dato che vi interessate a questi problemini e che siete stato abbastanza buono per riferire l’una o l’altra delle mie modeste esperienze, forse vi interesserà questo…
Mi tese un foglio di carta da lettere, spessa e rosa, che si trovava aperto sulla tavola.
- Io l’ho appena ricevuta, disse. Leggete ad alta voce.
La lettera non era datata, e non recava nè firma nè indirizzo del mittente.
-Riceverete una visita questa sera alle otto meno un quarto, diceva.
Si tratta di un gentleman che desidera consultarvi su un affare della più alta importanza. I recenti servigi che avete reso a una delle corti reali europee hanno testimoniato che siete un uomo al quale si può affidare in sicurezza delle questioni capitali.
Le informazioni su di voi ci sono da molte fonti venute ?
Siate da voi all'ora indicata, e non vi formalizzate se il vostro visitatore è mascherato.
- Davvero misterioso ! dissi. A vostro avviso, che significa ?
- Non ho ancora nessun indizio. E creare una teoria prima di aver dei dati è un errore monumentale : insensibilmente uno si mette a torturare i fatti in modo che si accordino con la teoria, mentre sono le teorie che devono accordarsi con i fatti. Che deducete dalla lettera stessa ?
Io esaminai attentamente la scrittura, e la carta.
- Il suo autore è certamente ricco, decretai cercando di imitare il metodo del mio compagno.
E' una carta che costa almeno una mezza corona il pacchetto: è davvero solida, forte.
- Esatto: l'avete detto, non è una carta inglese. Guardate in trasparenza.
Io obbedi, e vidi una grandeEcon una piccolag, unaP, e una grandeG con una piccolat, in filigrana.
- Che ci vedete ? domandò Holmes.
- Il nome del fabbricante, probabilmente; o piuttosto il suo monogramma.
- Non del tutto. La G con la piccola t significaGesellschaft, la traduzione tedesca diSocietà. E' l’abbreviazione che corrisponde al nostro& C.
P, sicuro, vuol direPapier. Ora eccoEg.
Vediamo un pò il nostroContinental Gazetteer...
Egli si impossessò di un pesante volume marrone.
- Eglow, Eglonitz, ci siamo: Egria, situata in una regione di lingua tedesca, in Boemia, non lontano da Carlsbad, celebre perchè Wallenstein ci trovò la morte, e per numerose vetrerie e cartiere, ah, ah ! mio caro, che ne dite ?
I suoi occhi scintillavano; soffiò una grossa nuvola di un fumo bluastro e trionfale.
- La carta è stata fabbricata in Boemia, dissi.
- Infatti. E l’autore della lettera è un tedesco. Avete notato la costruzione particolare della frase :
Le informazioni su di voi ci sono da molte fonti venute ?
Nè un francese, nè un russo l’avrebbero scritta così. Solo un tedesco può essere così strambo con i verbi.
Resta tuttavia da scoprire quel che vuole questo tedesco, che mi ha scritto su carta boema, e preferisce portare una maschera piuttosto che lasciarmi vedere il suo viso.
D'altronde eccolo che arriva, salvo errore, per levare tutti i nostri dubbi.
Mentre parlava, io sentii degli zoccoli di cavalli, poi uno stridore di ruote contro il bordo del marciapiede, infine un vivo suono di campanello.
Holmes fischiò.
- Dal rumore... due cavalli !… sì, disse dopo aver gettato un'occhiata dalla finestra, un elegantebrougham, tirato da un paio di meraviglie che valgo no centocinquanta ghinee ognuna.
In quest'affare, Watson, c'è denaro da guadagnare, in mancanza d'altro !
- Io credo che farei meglio ad andarmene, Holmes.
- Per nulla, dottore. Restate al vostro posto. Senza il mio biografo, sono un uomo perduto. E poi, l’affare promette ! sarebbe un peccato mancarlo.
- Ma il vostro cliente…
- Non preoccupatevi. Io posso aver bisogno di voi, e lui pure. Eccolo. Accomodatevi in questa poltrona, dottore, e siate attento.
Un passo lento e pesante si fece sentire sulle scale e sul pianerottolo e si arrestò davanti alla porta
Poi giunse un bussare forte e imperioso.
- Entrate, disse Holmes.
Un uomo entrò. Non doveva misurare meno di sei piedi e sei pollici, ed era dotato di un torso e di membra erculei.
Egli era riccamente vestito: con un opulenza che, in Inghilterra, passava quasi per cattivo gusto.
Pesanti bande di astrakan ornavano le maniche e i revers della giacca; il mantello blu scuro che aveva sulle sue spalle era guarnito di una seta color di fuoco ed era tenuto al collo da un berillo fiammante.
Stivaletti che salivano fino al polpaccio, e guarniti da una spessa pelliccia bruna completavano l’impressione di un fasto barbaro.
Egli portava un cappello ad ampie tese, la parte superiore del suo viso era coperta da una maschera nera che scendeva fino alle gote; aveva dovuto aggiustarla davanti alla porta, in quanto la sua mano era ancora alzata quando entrò.
La mascella rivelava un uomo energico, volitivo: il labbro duro e cadente e il lungo mento parlavano di un carattere risoluto che poteva giungere all’estremo dell'ostinazione.
- Voi avete letto la mia lettera ? domandò con una voce dura, profonda, dal forte accento tedesco. Io vi dicevo che venivo…
Egli ci guardava uno dopo l’altro; evidentemente non sapeva a quale di noi due rivolgersi.
- Accomodatevi, vi prego, disse Holmes. Ecco il mio amico e confratello, il dottor Watson, che si compiace talvolta di aiutarmi. A chi ho l’onore di parlare ?
- Considerate di parlare al conte von Kramm, gentiluomo di Boemia.
Devo ritenere che questo gentleman, che è vostro amico è uomo di onore e discrezione, e che posso affidargli delle cose della più alta importanza ? Se no, gradirei intrattenervi con voi da solo.
Io mi alzai per andarmene, ma Holmes mi prese il polso e mi respinse nella poltrona.
- Tutti e due, o nessuno ! dichiarò. Davanti a questo gentiluomo, potete dire tutto quel che direste a me solo.
Il conte alzò le sue ampie spalle.
- Allora comincio, disse, col chiedervi il segreto più assoluto per due anni; trascorso questo tempo, l’affare non avrà più importanza. Per ora, non esagero affermando che rischia di influire sul corso della storia europea.
- Voi avete la mia parola, disse Holmes.
- E la mia.
- Perdonate questa maschera, proseguì il nostro strano visitatore.
L’augusta persona che mi manda desidera che il suo collaboratore vi sia sconosciuto, e vi confesserò subito che il titolo sotto il quale mi sono presentato non è esattamente il mio.
- Io non lo dubitavo ! fece seccamente Holmes.
- Le circostanze sono assai delicate, e ogni precauzione dev'essere presa per soffocare i germi di quel che potrebbe diventare un immenso scandalo e compromettere gravemente una delle famiglie regnanti dell'Europa.
Per parlare chiaro, l’affare concerne la grande casa di Ormstein, dalla quale provengono i re ereditari di Boemia.
- Lo sapevo già, mormorò Holmes, installandosi in una poltrona e chiudendo gli occhi.
Il nostro visitatore contemplò con un visibile stupore la figura rilassata e noncurante dell'uomo che gli era stato senza nessun dubbio dipinto come la mente logica più incisiva e il poliziotto più dinamico d'Europa.
Holmes riaprì gli occhi con lentezza per squadrare non senza impazienza il suo cliente :
- Se vostra Maestà si degnasse di esporre il caso dove si trova, osservò, meglio saprei consigliarla.
L’uomo saltò fuori dalla sua poltrona per camminare di lungo in largo, sotto l’effetto di una agitazione che era incapace di controllare.
- Voi avete ragione, gridò. Io sono il re. Perchè nasconderlo ?
- Perchè, infatti ? disse Holmes quasi sottovoce.
Vostra Maestà non aveva ancora pronunciato una parola che sapevo di avere davanti a me, Wilhelm Gottsreich Sigismond von Ormstein, granduca di Cassel-Falstein, e re ereditario di Boemia.
- Ma voi capite, riprese il nostro visitatore straniero, che si era seduto passando la mano sulla sua fronte alta e bianca, potete capire che non sono abituato a regolare questo genere di affari da solo.
E tuttavia si tratta di una faccenda delicata che non potevo affidare a un collaboratore qualunque senza compromettermi.
Io sono venuto in incognito da Praga allo scopo di consultarvi.
- Allora, vi prego, dite ! disse Holmes chiudendo di nuovo gli occhi.
- In breve, ecco i fatti : circa cinque anni fa, nel corso di una lunga visita
a Varsavia, ho fatto la conoscenza di un'avventuriera celebre, Irene Adler. Il suo nome vi dirà sicuramente qualcosa.
- Prego, dottore, vorreste guardare nello schedario ? mormorò Holmes senza aprire gli occhi.
Da anni, aveva adottato un metodo di classificazione per riunire tutte le informazioni concernanti la gente e le cose, così valido che era difficile parlare davanti a lui di una persona o di un fatto senza che potesse disporre subito di un'informazione.
In questo caso preciso, trovai la biografia di Irene Adler intercalata tra quella di un rabbino e quella di un capo di stato maggiore che aveva scritto una monografia sui pesci delle grandi profondità sottomarine.
- Suvvia, disse Holmes, hum ! nata nel New Jersey nel 1858. Contralto… hum ! la Scala… hum ! primadonna all’opera imperiale di Varsavia… sì ! ha abbandonato le scene…
Ah ! abita a Londra… proprio così.
Capisco, vostra Maestà si è lasciata prendere alle reti di quella giovane, le ha scritto qualche lettera compromettente, e sarebbe oggi desiderosa che gli fossero restituite.
- Esatto. Ma come…
- C'è stato un matrimonio segreto ?
- No.
- Niente documenti, nè certificati legali ?
- Nessuno.
- In questo caso non capisco più vostra Maestà. Se quella fanciulla tenta di servirsi delle vostre lettere per ricattarvi, o per altro scopo, come potrebbe provare che sono autentiche ?
- La mia scrittura…
- Puah, puah ! falsa !
- La mia carta da lettere personale…
- Un furto !
- Il mio sigillo…
- Ella l’avrà imitato !
- La mia fotografia…
- L’ha acquistata !
- Ma siamo stati fotografati insieme !
- Oibò ! questo è pessimo. vostra Maestà ha mancato di distinzione.
- Ella mi aveva reso folle : avevo perduto la testa !
- Vi siete seriamente compromesso.
- All'epoca, non ero che il principe erede, ero giovane, oggi non ho che trent'anni.
- Bisogna recuperarla.
- Noi abbiamo tentato, senza successo.
- Vostra Maestà pagherà. Bisogna comprarla.
- Ella non la venderà.
- Rubarla, allora.
- Cinque tentativi sono stati fatti. Due volte dei ladri al mio servizio hanno frugato la sua casa di fondo in colmo.
Una volta abbiamo aperto il suo bagaglio mentre era in viaggio; e per ben due volte ella è stata perquisita. Nessun risultato.
- Nessuna traccia della fotografia ?
- Nessuna.
Holmes scoppiò a ridere :
- E' proprio un bel problemino ! disse.
- Ma che è molto grave per me, replicò il re con un tono di rimprovero.
- Molto grave, è vero. E che si propone di fare con questa fotografia ?
- Rovinare la mia vita.
- Ma come ?
- Io sono sul punto di sposarmi.
- Io l’ho sentito dire.
- Con Clotilde Lothman Saxe-Meningen, seconda figlia del re scandinavo. Conoscete forse la rigidità di principi di quella famiglia : lei stessa è la delicatezza personificata.
Se l’ombra di un dubbio plana sulla mia condotta, tutto sarà rovinato.
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