Calice di Brividi#2
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Calice di Brividi#2

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Calice di Brividi #2 Howard Phillips Lovecraft - Aria fredda Charles Dickens - Il segnalatore John W. Polidori - Ruthven, il vampiro William Hope Hodgson - Il portale del mostro Robert L. Stevenson - Il profanatore di cadaveri Bram Stoker - L'ospite di Dracula Howard Phillips Lovecraft Aria fredda Cool Air(1926) © ClaireHennoire 2010-2015 Opera originale nel Pubblico Dominio Traduzione depositata All Rights Reserved Worldwide - Tous droits réservés Tutti i diritti riservati sulla presente traduzione in italiano. www.clairehennoire.tk Voi mi chiedete di spiegare perchè temo l’aria fredda, perchè tremo più che altri in una stanza fredda, e paio malato, preso da nausee, quando la freschezza della sera si insinua nel calore di un pomeriggio di fine autunno. Alcuni dicono che reagisco al freddo come altri a un cattivo odore; sono ben lungi di smentirlo. Ora, vi darò conto dell'incidente più abominevole che mi sia mai successo e vi lascio giudicare, dire se esiste una spiegazione soddisfacente a tali reazioni che vi stupiscono. E' un errore immaginare l’abominevole associato sempre indissolubilmente all'oscurità, al silenzio e alla solitudine. Io, l’ho incontrato nella chiarezza di una metà pomeriggio, al seno di una metropoli trepidante, mentre mi trovavo sottomesso alla promiscuità che garantisce una pensione ammobiliata della categoria più infima, presso la mia triste proprietaria e due uomini robusti.

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Publié le 18 avril 2015
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Langue Italiano

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Calice di Brividi #2
Howard Phillips Lovecraft - Aria fredda Charles Dickens - Il segnalatore John W. Polidori - Ruthven, il vampiro William Hope Hodgson - Il portale del mostro Robert L. Stevenson - Il profanatore di cadaveri Bram Stoker - L'ospite di Dracula
Howard Phillips Lovecraft
Aria fredda
Cool Air(1926)
© ClaireHennoire 2010-2015
Opera originale nel Pubblico Dominio
Traduzione depositata
All Rights Reserved Worldwide - Tous droits réservés Tutti i diritti riservati sulla presente traduzione in italiano.
www.clairehennoire.tk
Voi mi chiedete di spiegare perchè temo l’aria fredda, perchè tremo più che altri in una stanza fredda, e paio malato, preso da nausee, quando la freschezza della sera si insinua nel calore di un pomeriggio di fine autunno.
Alcuni dicono che reagisco al freddo come altri a un cattivo odore; sono ben lungi di smentirlo.
Ora, vi darò conto dell'incidente più abominevole che mi sia mai successo e vi lascio giudicare, dire se esiste una spiegazione soddisfacente a tali reazioni che vi stupiscono.
E' un errore immaginare l’abominevole associato sempre indissolubilmente all'oscurità, al silenzio e alla solitudine.
Io, l’ho incontrato nella chiarezza di una metà pomeriggio, al seno di una metropoli trepidante, mentre mi trovavo sottomesso alla promiscuità che garantisce una pensione ammobiliata della categoria più infima, presso la mia triste proprietaria e due uomini robusti.
Nella primavera del 1923, ero riuscito a avere qualche ordinazione da dei periodici, lavori così poco lucrativi che fastidiosi, e mi trovavo nella città di New York; incapace evidentemente di pagare un affitto elevato, m'ero messo a girare da ammobiliato in ammobiliato, tutti detestabili, sia gli uni che gli altri, alla ricerca della camera che combinasse pulizia accettabile, mobilio relativamente decente e prezzo più che ragionevole.
Io notai presto che cadevo irrimediabilmente dalla padella nella brace, ma finìi peraltro per trovare una casa situata nella quattordicesima ovest, la quale mi dispiacque un pò meno che le precedenti.
Era un immobile di gres, a quattro piani, fatto senza dubbio qualche tempo prima del 1850, ammobiliato di marmo e di legni il cui splendore stanco ben attestava un'antica opulenza seguita da un declino rapido.
Nelle camere, grandi, alte di soffitto, decorate di carta da parati assurda decorazioni di gesso di una complessità grottesca, dominavano un odore di muffa e dei profumi di cucina lontana.
Ma i pavimenti erano lavati, i lenzuoli sopportabili, e l’acqua calda non era che raramente fredda o assente, cosi bene che presto considerai questo luogo come una tana abbastanza propizia all'ibernazione, aspettando di ritrovare il piacere di vivere.
La proprietaria, una spagnola quasi barbuta rispondente al nome di Herrero, aveva il buon gusto di risparmiarmi le sue chiacchere e le sue considerazioni personali sull’ora alla quale spegnevo la luce nella mia camera, la quale dava sul pianerottolo del terzo piano; i miei inquilini erano gente pure tranquilla e tanto discreti che si potesse sognare, degli ispanici per la maggior parte, il cui livello di vita era appena superiore al minimo vitale.
In definitiva, solo il baccano delle vetture nell'arteria sulla quale davano le mie finestre si rivelò fastidioso.
Abitavo in questo luogo da tre settimane circa, quando ebbe luogo il primo incidente bizzarro.
Una sera, erano quasi le otto, sentii come una specie di sciaquìo contro il mio soffitto.
Nella mia camera regnò bruscamente l’odore acre dell'ammoniaca.
Guardando attorno a me, notai che un angolo del muro era macchiato; un liquido gocciolava sul pavimento; l’inondazione proveniva del soffitto più vicino alla via.
Desideroso di prendere il male alla sua radice, mi precipitai in basso per avvertire la proprietario dei guai che capitavano.
Ella mi assicurò che le cose si sarebbero presto rimesse in ordine.
- E' il dottor Muñoz, spiegò salendo lo scalone davanti a me, ha versato le sue droghe.
E' troppo malato per potersi curare, è sempre più malato e non vuol che lo aiutino.
E' molto bizzarro nella sua malattia.
Tutta la giornata prende dei bagni con dei odori bizzarri; non bisogna che si agiti o che abbia caldo.
Egli fa le sue faccende tutto solo, la sua camera è piena di bottiglie e di macchine, e non esercita la medicina.
Ma era famoso un tempo, mio padre aveva sentito parlare di lui a Barcelona; ancora recentemente ha sistemato il braccio del lattoniere.
Non esce mai che sul tetto, ed è mio figlio Esteban che gli porta il suo cibo, la sua biancheria, le sue medicine e tutte le sue droghe.
Signore, tutta questa ammoniaca che prende per aver freddo !
Mrs Herrero scomparve in direzione del quarto piano; quanto a me, ora mi ritirai nella mia camera.
Qualche istanti più tardi, l’ammoniaca cessò di colare, e, mentre lavavo il mio pavimento, aprivo la finestra per far evacuare l’odore, senti di nuovo, sopra, i pesanti passi della mia proprietaria.
Nessun rumore veniva mai da quel dottor Muñoz, salvo dei ruggiti che facevano pensare a dei meccanismi mossi da un motore a scoppio.
Egli marciava sempre a passi felpati.
Un momento mi domandai quale poteva essere la sua malattia, e se il suo rifiuto sistematico di entrare in contatto con l’aria esterna non derivasse semplicemente da una mania senza fondamento.
C'è, mi dissi gravemente, qualcosa di terribilmente emozionante nella sorte di una persona eminente che declina.
Forse mai avrei potuto fare la conoscenza del dottor Muñoz senza la crisi cardiaca che mi strinse il petto un inizio pomeriggio mentre scrivevo nella mia camera.
Il medico mi aveva avvertito del pericolo di questi attacchi, e sapevo che non c'era un momento da perdere.
Ricordando quel che mi aveva detto la mia proprietaria delle cure prestate dall’invalido al lattoniere, mi trascinai fino al piano superiore e debolmente bussai alla porta che corrispondeva alla mia.
Una voce curiosa, che sembrava venire dalla destra, mi rispose in un buon inglese, chiedendomi il mio nome e la ragione della mia visita; quando ebbi fornito le informazioni che mi domandavano, la porta attigua a quella dove avevo bussato si aprì.
Un alito d'aria fredda mi percosse il viso; benchè quella giornata fosse una delle più calde di fine giugno, rabbrividì sulla soglia dell'appartamento.
La decorazione era sontuosa per quanto di buon gusto; mi sorprese, in quel tempio della sporcizia e del disordine.
Un letto a scomparsa faceva il ruolo diurno di divano, e dei mobili di mogano,
delle tende opulente, vecchi quadri, una biblioteca a far impallidire d'invidia, tutto evocava piuttosto il gabinetto di studio di un uomo di qualità che la camera da letto di una povera casa ammobiliata.
Compresi che la stanza situata sopra al mio alloggio quella cameretta con le bottiglie e le macchine di cui aveva parlato Mrs Herrero era banalmente il laboratorio del medico; e che il suo quartierino si trovava nella camera vicina; era munita di una sala da bagno, i cui armadii celavano tutti gli utensili della vita quotidiana.
Il dottor Muñoz, era evidente, era un uomo coltivato, di gusto e di buona nascita.
L'ometto che si trovava davanti a me era ammirabilmente proporzionato; i suoi vestiti, benchè un pò sgualciti, erano di taglio perfetto, e gli stavano a meraviglia; una testa molto distinta, un'espressione superiore, tuttavia sprovvista di ogni arroganza, una barba tagliata corta e color grigio ferro; un pince-nez all'antica cerchiava degli occhi scuri e vivi e sormontava un naso aquilino che dava una specie di apparenza moresca a una fisionomia tipicamente iberica.
Dei capelli spessi, ben acconciati, segno di visite regolari a un barbiere, e separati da una scriminatura impeccabile sopra una fronte potente.
Quell'insieme emanava l’idea di un'intelligenza rara e di una situazione ben superiore alla media.
Tuttavia, la prima impressione che ebbi di Muñoz, in quell'atmosfera gelida, fu di provare una ripugnanza che nulla nell'aspetto del mio ospite poteva giustificare.
Solo i riflessi lividi del suo colorito, e la freddezza della sua mano potevano dare un fondamento fisico a quel sentimento, tuttavia quei fatti potevano molto ben spiegarsi, se si rammenta che quell'uomo era un malato.
Era forse quel freddo bizzarro che attenuava la mia buona impressione.
La temperatura infatti era ben sotto il normale per una giornata così calda, e tutto quel che è anormale suscita l’antipatia, la diffidenza e la paura.
Ma presto dimenticai le mie reticenze per ammirare l’estrema abilità dello strano medico, abilità di cui non tardai a rendermi conto, e tuttavia le sue mani, tremanti e ghiacciate, sembravano proprio morte.
Capi immediatamente di cosa avevo bisogno, e mi amministrò le sue cure con la suprema destrezza di un gran maestro.
Durante tutto questo tempo, mi confortava con una voce delicatamente modulata benchè senza timbro, mi diceva che era il nemico più accanito che ci fosse della Morte, che egli aveva perso la sua fortuna allo stesso tempo che i suoi amici a menare esperienze bizzarre il cui oggetto era di annientare la Signora colla falce.
Si sentiva in lui il fanatico ben intenzionato.
Monologò per qualche tempo così, quasi come un vegliardo, mentre mi auscultava e mi diede medicine che andò a cercare nel suo laboratorio.
In tutta evidenza, la vicinanza di una persona del suo livello gli pareva un felice diversivo in quell'ambiente tetro, ed è ciò senza dubbio che faceva nascere in lui il bisogno di evocare il ricordo dei suoi anni più fortunati.
La sua voce, se era strana, in ogni caso era tranquilla.
La sua respirazione restava inaudibile, mentre mi indirizzava delle frasi forbite, di una squisita educazione.
Tentava di stornare il mio spirito dai miei fastidi personali parlandomi delle sue teorie e delle sue esperienze.
Mi ricordo che mi consolò con tatto della mia debolezza cardiaca ripetendo che la volontà e la coscienza son più potenti che la vita organica, si bene che a uno stato fisico precario, mal sviluppato, un trattamento scientifico delle sue qualità può fornire un'animazione fondata sul sistema nervoso, e ciò malgrado i difetti funzionali o pure le lacune che presenta l’arsenale normale degli organi.
Egli si faceva forte, mi disse quasi scherzando, di insegnarmi un giorno a vivere, o tutto almeno a possedere una specie di esistenza cosciente, e senza cuore.
Lui soffriva di un insieme di malattie che esigevano un regime complesso di cui un freddo permanente era uno degli elementi.
Ogni rialzo notevole della temperatura, se si prolungava, poteva essergli fatale.
Egli riusciva a mantenere nel suo appartamento una temperatura uguale a dodici gradi centigrai, grazie un sistema di raffreddamento a assorbimento di ammoniaca, era il motore a scoppio delle sue pompe che avevo spesso sentito nella mia camera, al piano inferiore.
Una volta calmata la mia crisi, con una rapidità meravigliosa, lasciai quella stanza, gelato e tremante, discepolo convinto, allo stesso tempo che un ammiratore sincero di quel recluso dai doni così sbalorditivi.
Tale fu la prima delle frequenti visite che andai a fargli, equipaggiato ormai di maglione e di soprabito; io l’ascoltavo parlare delle sue ricerche segrete, dei risultati quasi sovrannaturali che aveva ottenuto, tremavo un pò dopo esaminato i volumi antichi e misteriosi che componevano la sua biblioteca.
Posso aggiungereen passantche il mio ospite mi guarì quasi completamente della mia malattia, e per sempre, grazie alla sua scienza intelligente.
Ho il sentimento, ancora oggi, che non detestava interamente gli incantesimi medievali, era dato che per lui queste formule segrete mettevano in risveglio dei stimoli psicologici rari, capaci quasi certamente di esercitare degli effetti abbastanza imprevisti sulla forza di un sistema nervoso che avesse perduto
la facoltà di inviare le pulsazioni vitali agli organi.
Fui molto colpito di quel che mi disse del vecchio dottor Torres, di Valencia, col quale aveva diviso le sue prime esperienze e che era riuscito a curarlo, diciott'anni prima, di una malattia estremamente grave, che responsabile delle sue infirmità attuali.
Quel venerabile medico, del resto, dopo aver salvato il suo collega anche lui soccombè al temibile nemico che aveva combattuto con successo nel suo prossimo.
Forse la tensione era stata troppo forte, in quanto il dottor Muñoz mi fece chiaramente capire, benchè sottovoce e senza dettagli, che quella terapia usciva nettamente dell'ordinario, e comportava dei procedimenti che certo non sarebbero stati accolti col sorriso dai galenisti rispettabili del mondo medico tradizionale.
Ma allo stesso tempo che le settimane passavano, io notai con pena che il mio nuovo amico regrediva fisicamente, lentamente ma irrimediabilmente, come aveva ben visto del resto Mrs Herrero.
Le sfumature livide del suo colorito s'accentuavano, la sua voce diventava sempre più cavernosa e indistinta, i suoi movimenti muscolari erano meno ben coordinati, e il suo spirito e la sua volontà dicevano di una resistenza e di uno spirito di iniziativa che andavano senza posa decrescendo.
Del resto, alcuno dettagli di quel lento e triste processo di invecchiamento sembrava sfuggirgli, poco a poco la sua espressione, la sua conversazione stessa si caricarono di amara ironia, che fece rivivere in me il sentimento di improvvisa repulsione che avevo provata al suo riguardo la prima volta che l’avevo visto.
Egli aveva all'improvviso bizzarri capricci; si scopri un amore insolito per le spezie esotiche, e l’incenso egiziano, a tal punto che, in capo a poco tempo la sua camera evocava il sepolcro sotterraneo di qualche faraone nella valle dei Re.
Tuttavia gli serviva sempre più aria fredda; col mio aiuto, estese la rete di tubi di raffreddamento nella sua camera, e modifico le sue pompe, in modo da aumentare la portata dei suoi apparecchi e a mantenere la temperatura interna a zero gradi, e persino a meno tre.
Faceva evidentemente meno freddo nel laboratorio, e nella sala di bagno, ad evitare che l’acqua gelasse e che le reazioni chimiche fossero fermate
L'inquilino della camera vicina si era lamentato dell'aria gelida che veniva della porta di comunicazione, allora aiutai il mio amico a fissare contro il battente di questa porta una pesante tenda isolante.
Una sorta di orrore sempre più grande, un'espressione morbosa e lontana sembravano essersi impadronite di lui.
Parlava tutto il tempo della morte, ma aveva un grande risata cavernosa quando si evocava davanti a lui, il più delicatamente possibile, delle cose
come la sepoltura o le ultime disposizioni.
In fin dei conti, diventava un compagno più che sconcertante, macabro.
Pure, riconoscente come ero a colui che mi aveva guarito, non potevo che rifiutarmi di abbandonarlo a estranei nelle mani dei quali sarebbe caduto, se avessi mancato; vegliai accuratamente a tutti i suoi bisogni, mettendo la sua camera in ordine, avvolto in un mantello spesso, che avevo preso all'uopo.
Siccome facevo la più grande parte dei suoi acquisti, non potevo evitare di aver dei soprassalti di stupore leggendo le liste di prodotti chimici che mi domandava di andare cercare ai laboratori di farmacia.
E sembrava regnare nel suo appartamento un'atmosfera di panico sempre più forte e perfettamente inesplicabile.
La casa tutta intera, come ho detto, emanava un odor di muffa, ma quella che impregnava la sua camera, era peggio, e ciò malgrado tutte le spezie, l’incenso e gli acri vapori chimici di quei bagni che prendeva oramai quasi costantemente, e che esigeva di prendere senza testimoni.
Mi rendevo conto che quell'odore doveva avere un tal rapporto con la sua malattia, e tremavo, tra me stesso, chiedendomi quel che poteva essere.
Mrs Herrero faceva il segno della croce ogni volta che lo incontrava.
Ella me lo abbandonò senza scrupoli, vietando pure a suo figlio Esteban di continuare a fare delle compere per lui.
Quando gl proposi di consultare altri medici, il malato ebbe una forte crisi di rabbia al limite delle sue forze.
In tutta evidenza, doveva evitare gli sforzi fisici, e le emozioni violente, e tuttavia, la sua volontà e la sua forza vitale sclerava piuttosto che sparire; rifiutava sistematicamente di restare nel suo letto.
Poi la stanchezza di questo primo periodo fece posto a un ritorno del suo antico spirito di iniziativa, e apparve pronto a affrontare più audacemente che mai tutte le paure della morte, forse perchè sentiva porsi ogni giorno un pò più sul suo corpo le grinfie di questa eterna nemica.
Egli aveva praticamente abbandonato l'abitudine di mangiare, abitudine che del resto, da lui, non era mai stato più che un rito sommario.
Sola la sua forza mentale sembrava impedirgli di piombare nel disastro totale.
Poi, si mise a stilare dei lunghi documenti che sigillava accuratamente; e mi raccomando in seguito con mille dettagli, di inviarli dopo la sua morte a un certo numero di persone di cui mi diede i nomi; la maggior parte, erano dei letterati delle Indie occidentali, ma c'era anche nella sua lista un medico francese, celebre un tempo, e che credevo morto da tempo, ma al soggetto del quale erano circolate le dicerie più fantastiche.
Di fatto, bruciai tutti questi documenti senzai inviarli nè aprirli.
L’aspetto e la voce del mio amico divenanvano veramente spaventosi, e la sua presenza insopportabile, un giorno di settembre, un uomo che era venuto a riparare la lampada del suo office lo notò all'improvviso e cadde in una crisi di epilessia.
Crisi che il mio amico, del resto, curò di maniera straordinaria, dandomi le sue istruzioni mentre lui restava invisibile.
Quel malato, cosa bizzarra, aveva conosciuto tutti i terrori della Grande Guerra, ma senza mai essere stato vittima di un tale attacco.
Poi, verso la metà di ottobre, l’orrore degli orrori cadde su di noi con una brutalità stupefacente.
Una notte, verso le undici, la pompa del compressore cadde in panne e, tre ore più tardi, il sistema di raffreddamento cessò di funzionare.
Il dottor Muñoz mi chiamò a grandi colpi di tallone nel mio soffitto.
Io mi accanì febbrilmente nel riparare l’apparecchio, mentre il mio ospite imprecava con una voce la cui sonorità morta sfidava ogni descrizione.
I miei sforzi di dilettante non servirono a nulla.
Andai cercare un meccanico in un garage vicino, aperto la notte, ma mi dissero che non si poteva far nulla prima del mattino, poiche occorreva rimpiazzare un pistone della pompa.
La rabbia e il terrore dell'eremita moribondo ebbero allora del proporzioni grottesche, ma che mi fecero temere di vederlo perdere tutte le risorse fisiche che potevano restargli.
Un momento, in una specie di crisi, nascose gli occhi dietro le sue mani e si precipitò nella sala da bagno.
Egli ne uscì, a tentoni, con la testa bendata: avevo visto i suoi occhi per l'ultima volta.
Faceva ora nettamente meno freddo nell'appartamento.
Verso le cinque, il dottore si ritirò nella sala da bagno, non senza avermi prima ordinato di badare che gli si fornisse, senza la minima interruzione, tutto il ghiaccio che si poteva procurare indrugstoreo caffè aperti.
Al ritorno da qualche viaggio inutile, quando deponevo davanti alla porta della sala da bagno il magro risultato della mia ricerca, potevo sentire un borbottio, e una voce, sempre più dura, urlare sempre lo stesso ordine :
- Ancora di più ! Ancora di più !
Finalmente il giorno, che prometteva di essere caldo, si alzò; i negozi si
aprirono l’uno dopo l’altro.
Disperato chiesi a Esteban sia di andare a cercare del ghiaccio mentre io avrei tentato di trovare un pistone, sia di andare anche lui a cercare il pistone.
Ma, obbediente alle istruzioni di sua madre, rifiutò sistematicamente di fare alcunchè.
In fin dei conti, assunsi un mendicante male in arnese, che incontrai all angolo della ottava Avenue, a vegliare che il mio paziente avesse tutto il ghiaccio che gli era necessario; andrà a cercarlo in un piccolo negozio dove lo presentai.
Ciò fatto, andai alla ricerca del pistone, allo stesso tempo che a quella di uomini abili che fossero capaci di montarlo.
Impegno interminabile; a immagine dell'eremita, mi ero quasi ammalato di rabbia, vedendo le ore trascorse in quella corsa ansiosa, in quelle serie di telefonate inutili; non presi neppure il tempo di mangiare; fu una corsa a rompicollo, di negozio in negozio, qui e là, sempre più lontano, in metro, in taxi.
Verso mezzogiorno, peraltro, finìi per trovare un negozio, al diavolo ! che teneva i pezzi di cui avevo bisogno, e verso l'una e mezza del pomeriggio rientrai infine nella casa con tutto l’equipaggiamento necessario, seguìto da due meccanici robusti e intelligenti.
Avevo fatto tutto quel che potevo, speravo che non fosse troppo tardi.
Ma un terrore nero e sordo era penetrato prima di me nell'immobile.
La casa era presa da un tumulto innominabile, e sopra del baccano delle voci terrorizzate, sentii un uomo che pregava a alta voce, con una voce di basso.
C'erano cose terrificanti nell'aria, lo si sentiva, e i locatari mormoravano di bocca a orecchio, sgranando i loro rosari, spinti a recitarli dall’odore proveniente della porta del dottore, sempre sistematicamente chiusa a chiave.
Il mendicante che avevo assunto era fuggito gridando,con gli occhi folli, subito dopo aver portato la sua seconda provvista di ghiaccio.
Forse era il risultato della curiosità eccessiva. Non poteva naturalmente aver chiuso dietro di lui la porta a chiave; ora, era sbarrata dall'interno.
Nessun suono veniva più dell'appartamento, all'eccezione di una specie di rumore di gocce spesse e pesanti che cadevano, e sulla natura delle quali non osavavamo interrogarci.
Dopo qualche secondo di discussione con Mrs Herrero e i meccanici, pur con la paura che mi rodeva fino al midollo delle ossa, presi la decisione di sfondare la porta.
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