L identificazione del tempio di Marte in Circo e altre osservazioni - article ; n°1 ; vol.27, pg 1047-1066
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L'identificazione del tempio di Marte in Circo e altre osservazioni - article ; n°1 ; vol.27, pg 1047-1066

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Publications de l'École française de Rome - Année 1976 - Volume 27 - Numéro 1 - Pages 1047-1066
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Publié le 01 janvier 1976
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Langue Italiano
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Fausto Zevi
L'identificazione del tempio di Marte in Circo e altre osservazioni
In: L'Italie préromaine et la Rome républicaine. I. Mélanges offerts à Jacques Heurgon. Rome : École Française de
Rome, 1976. pp. 1047-1066. (Publications de l'École française de Rome, 27)
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Zevi Fausto. L'identificazione del tempio di Marte in Circo e altre osservazioni. In: L'Italie préromaine et la Rome républicaine. I.
Mélanges offerts à Jacques Heurgon. Rome : École Française de Rome, 1976. pp. 1047-1066. (Publications de l'École
française de Rome, 27)
http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1976_ant_27_1_1857FAUSTO ZEVI
L'IDENTIFICAZIONE DEL TEMPIO DI MARTE
«IN CIRCO» E ALTRE OSSERVAZIONI
Si ritiene generalmente che l'espressione: in circo Flatninio, con cui gli
antichi localizzano taluni monumenti della zona meridionale del Campo
Marzio, abbia un valore « regionale », indicando cioè quegli edifici collegati
con il circo da un rapporto topografico di contiguità. In un recentissimo
lavoro \ T. P. Wiseman ha proposto invece una diversa spiegazione. Muo
vendo dall'etimologia varroniana (circus Flaminius . . . quia circum aedifi-
2 e dai lessicografi (circus est planities catus est Flaminium campum . . .)
rotunda) 3, egli conclude che il circo Flaminio dovette essere, all'origine, un
semplice recinto approssimativamente circolare, che delimitò l'antico campo
Flaminio (o, in altre fonti, prata Flaminia); gradualmente invaso da edifici
e regolarizzato nella forma, finì col divenire quella sorta di piazza rettangol
are che la forma urbis ci fa conoscere. L'espressione: in circo Flaminio
avrebbe perciò un valore letterale, designando cioè quelle costruzioni sorte
con il tempo nei prata Flaminia e, quindi, effettivamente dentro il primi
tivo perimetro del circo.
L'ipotesi del Wiseman ha del paradossale e dimostra, se non altro,
quanto scarse siano le nostre conoscenze su monumenti pur celebri della
Roma antica. Le etimologie, anche se linguisticamente corrette (ma dubito
che tale sia il nostro caso) certo non possono spiegare tipologia e sviluppo
Sono vivamente grato al Prof. F. Castagnoli che ha letto questo scritto e mi ha
confortato del suo favorevole giudizio.
1 T. P. Wiseman, Circus Flaminius, in PBSR, XLII, 1974, p. 3 ss. (in seguito citato:
Wiseman).
2 Varrò, L. L., V, 154; ma Varrone continua: et quod ibi quoque (come nel circo Massimo:
cfr. 153) ludis Taureis equi circum metas currunt. In questa frase, circum non può significare
che: intorno.
Λ Nonius Marc, 697. 1048 FAUSTO ZEVI
delle strutture architettoniche; nessuno, ritengo, potrà immaginare il tempio
periptero esastilo come un edificio circolare solo perché Vitruvio detta
misure e disposizione dei colonnati che eran circum la cella4. Rotondo
avrebbe dovuto essere, a maggior ragione, il Massimo, un circus al
pari del Flaminio, del quale è di secoli più antico; e ciò, se non altro,
è escluso dalla natura dei luoghi. Topograficamente, va osservato che
l'antica via che usciva da Porta Carmentale avrebbe tagliato proprio a mezzo
il supposto recinto circolare; e, d'altro canto, la recente analisi di B. Olinder
ha ribadito come l'espressione in circo Flaminio entri nell'uso corrente
soltanto con l'età augustea5.
Vi è tuttavia, nell'ipotesi del Wiseman, un elemento che richiede atten
zione, e che viene a raggiungere un convincimento che anche chi scrive,
per altra via, era venuto formandosi. A ben considerare, tutte le ipotesi sul
circo Flaminio, vecchie e nuove, muovono dall'assunto ο dalla persuasione
che il circo fosse una struttura permanente di muratura, come il circo
Massimo e gli altri noti in Roma e fuori; ma, se guardiamo la forma urbis,
con la didascalia circus Flaminius troviamo indicato una specie di piazzale,
in cui non si riconosce nessuno di quegli elementi che si ritengono pecul
iari di un circo. Di qui, l'idea - più ο meno esplicitamente presente in tutti
gli studi (quello del Wiseman costituendo, anche per questo riguardo, una
eccezione), che un'opera di totale ο parziale demolizione, sia intervenuta
in qualche momento della storia dell'edificio. D'altronde, senza supporre una
radicale trasformazione, come conciliare il fatto che ancora nel 145 d.Cr.
si celebravano nel circo i ludi Taurei, ciò che implica un permanere delle
sue funzioni « circensi », e mezzo secolo dopo si trova raffigurato nella
pianta marmorea qualcosa che di circo non sembra avere che il nome?
Tuttavia non va dimenticato che in Roma tutti gli edifici da spettacolo
dell'età repubblicana (e alcuni di età imperiale, come l'anfiteatro neroniano)
erano costruiti in legno: edifici stabili quindi, in quanto stabilmente destinati
ad una funzione specifica, ma solo in certa misura permanenti, perché costi
tuiti da strutture parzialmente mobili. A me sembra probabile, tenuto conto
delle fonti, che, a differenza del Massimo, il circo Flaminio non abbia mai
4 P. es. Ili, II, 5.
5 B. Olinder, Porticus Octavia in circo Flaminio, Acta Inst. Rom. Suec, 8° voi. XI, 1974
(in seguito citato: Olinder), spec. pp. 17 ss. Ritengo però probabile che l'espressione fosse pre
sente anche in Varrone, perché ritorna in ambedue gli autori antichi, Servio (Ad Aen. 2,
225) e Macrobio (Sat. 3, 4, 2) che riportano il suo brano, il quale inoltre, nel secondo di essi,
viene riferito in forma di discorso diretto. Contra: Olinder, p. 51. L'IDENTIFICAZIONE DEL TEMPIO DI MARTE 1049
superato la fase a strutture lignee, non sia mai divenuto un edificio stabi
lmente costruito in muratura. Le ragioni probabilmente furono più d'una;
in primo luogo, la natura dei ludi che si svolgevano nel circo Flaminio
implicava una diversa, e più semplice, articolazione dell'arena6; ma soprat
tutto, dovette sembrar conveniente lasciare ad un'area, ormai al centro di
una vasta zona completamente urbanizzata e di spiccata impronta monum
entale, un carattere di adattabilità a usi diversi. Così, Augusto, nel 2 a.Cr.,
potè dare una caccia acquatica al coccodrillo là dove, nel 9, aveva tenuto
l'orazione per la morte di Druso; Vespasiano sembra utilizzasse il circo,
secondo l'antico costume, per farvi sfilare la pompa del suo trionfo; però,
nel 140 e nel 145 vi si celebrano i ludi Taurei, la forma urbis lo presenta
come una piazza e, nel IV sec. d.Cr., Polemio Silvio continua ad annotare
in Roma circi duo, Maximus et Flaminius: notizie in apparenza fortemente
contraddittorie, ma non in reale contrasto, mi sembra, nella spiegazione che
si è proposta. D'altro canto, è da presumere che sia la costruzione (in
muratura) come la demolizione di un edificio di tale portata, avrebbero
lasciato qualche traccia nelle fonti. F. Coarelli certo ha ragione sottolineando
il fatto che il teatro di Marcello invase una parte dell'area del circo Flami
nio 7; ma deve essersi trattato di un'operazione poco laboriosa, relativamente
indolore anzi, se gli antichi, che pur ricordano le distruzioni di templi ο gli
acquisti di suoli privati necessari per la nuova fabbrica, al circo Flaminio
non accennano mai. Solamente in questa prospettiva l'ipotesi del Wiseman
può conservare una sua ragionevolezza: alcuni edifici occuparono parzia
lmente l'originaria area del circo, ma ciò, a mio giudizio, non ne alterò
sostanzialmente la forma e, soprattutto, non ne compromise le funzioni.
Dobbiamo anzi immaginare che, a somiglianzà del circo Massimo, nel cui
interno sorgevano anche edifici sacri, monumenti di diversa natura siano
venuti ad inserirsi negli spazi destinati alle gradinate lignee, intercalandosi
con esse: tale, probabilmente, il caso del tempio dei Castori, che forse trasse
la sua inusuale forma proprio dalla ricerca di un coerente raccordo archi
tettonico con la compagine del circo8; né il massiccio porticato di Via di
S. Maria dei Calderari (la supposta crypta Balbi) può ritenersi ostacolo allo
6 Cfr. G. Marchetti Longhi, Circus Flaminius, Mem. Line. s. V, XVI, 1923, p. 621 ss.
(spec. 649 ss.); il circo aveva delle metae, Varrò, loc. cit.
7 F. Coarelli, II tempio di Diana in circo Flaminio e alcuni problemi connessi, in DdA,
II, 2, 1968, p. 191 ss. (spec. 202 ss.).
8 Sul tempio dei Castori in circo, Vitr. IV, 8, 4. 1050 FAUSTO ZEVI
sviluppo del circo Flaminio, ο addursi a prova del suo estendersi altrove9.
Ha dunque ragione, sembra, chi interpreta il summus circus ovidiano, come
il lato opposto, e quindi il più distante, rispetto al punto di partenza delle
gare 10; in ogni caso, un riferimento alle strutture stesse del circo sembra
da escludere.
Il riconoscimento dell'autonomia delle due zone, in campo e in circo,
ha rappresentato, negli studi del passato, un'acquisizione di fondamentale
importanza. Gli esatti confini tra le due zone (se pur ve ne erano di rigo
rosi) sono però materia di discussione. Un'ingegnosa teoria, che risale, credo,

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