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  • cours - matière potentielle : maths
  • cours - matière : histoire
  • cours - matière potentielle : scolaires dans la même classe
  • cours - matière potentielle : rattrapage
“Quaderni di Ricerca in Didattica (Mathematics)”, n.21, 2011 G.R.I.M. (Department of Mathematics, University of Palermo, Italy) 183 LA PEUR DES MATHEMATIQUES ET LA FEE AUX CHEVEUX BLEUES Eduardo Caianiello Abstracts ITALIANO Quest'articolo ha per obiettivo di proporre un nuovo orizzonte concettuale per la comprensione del feno- meno della fobia scolare (school phobia), del rifiuto della scuola (truancy) e di conseguenza della profonda e vasta crisi pedagogica che investe violentemente, nell'epoca attuale, la totalità dei sistemi d'educazione for- male del mondo occidentale.
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“Quaderni di Ricerca in Didattica (Mathematics)”, n.21, 2011
G.R.I.M. (Department of Mathematics, University of Palermo, Italy)
LA PEUR DES MATHEMATIQUES ET LA FEE AUX
CHEVEUX BLEUES

Eduardo Caianiello

Abstracts
ITALIANO

Quest’articolo ha per obiettivo di proporre un nuovo orizzonte concettuale per la comprensione del feno-
meno della fobia scolare (school phobia), del rifiuto della scuola (truancy) e di conseguenza della profonda e
vasta crisi pedagogica che investe violentemente, nell’epoca attuale, la totalità dei sistemi d’educazione for-
male del mondo occidentale. Il senso fondamentale di questo re-inquadramento è di rimettere la scuola al
centro dell’attenzione, mostrando che nella sua radice più originaria e profonda, il nostro spirito è una realtà
vivente essenzialmente filosofica e matematica, cioè naturalmente e innanzitutto proiettata verso
l’apprendimento scolare, prima di ogni altra forma d’implicazione pulsionale, affettiva e emozionale nel
mondo che lo circonda e lo abita.
Questa Prima Parte si compone di un’Introduzione e due Capitoli.
Nell’Introduzione comincio col denunciare un’assurdità culturale e epistemologica : la “fobia scolare”
nasce ufficialmente nel nostro universo scientifico grazie a una dichiarazione di non-esistenza (Johnson
1941). Questo non è d’altra parte che il riflesso di un dato ben più generale e sconvolgente : per il mondo at-
tuale è la scuola in quanto tale che non arriva a esistere veramente. Io mi occupo dunque di cercare le radici
profonde di una tale situazione, così paradossale, perché è proprio qui che vedo l’origine del terrore sordo e
inconfessato che molti giovani provano all’idea della scuola: niente di meglio che un fantasma per terrorizza-
re un bambino, soprattutto se questo fantasma porta in sé l’archetipo della sua età adulta.
La prospettiva che offro sul problema è quella di un’epoca “panmatematizzante” che ha organizzato tutto
il suo sistema educativo su una flagrante denegazione : il discorso matematico che da due secoli penetra tutti
i livelli della nostra vita socio-culturale, scientifica e scolare trae la sua linfa e la sua forza di propulsione da
un fondo puramente filosofico, che potentemente e incontrovertibilmente risuona in ogni orecchio che ne in-
tenda la voce. La natura filosofica di questo fondo è tuttavia costantemente “invalidata” [Laing] e chiunque
ne parli apertamente viene duramente sanzionato.
Ora lo strumento operatorio più efficace e diffuso di questa filosofia matematica auto-denegatoria è la
struttura del Gruppo, che attraverso l’opera di Jean Piaget ha impregnato tutta l’epoca del costruttivismo pe-
dagogico e della “matematica moderna”. D’altra parte, l’elemento mistificatore di quest’organizzazione pu-
ramente strumentale dell’insegnamento [non solamente] scientifico è stata largamente vista e denunciata da
pensatori della Rivolta come Gregory Bateson e Ronald Laing, i quali si sono tuttavia serviti, per criticare il
Sistema… di questa stessa matematica gruppale. La conclusione che ne traggo è che nessuno è andato vera-
mente al fondo della questione, cioè al fondo della paura della scuola, che è essenzialmente il luogo in cui
s’impara a imparare, e cioè a diventare “matematici”.
Andare al fondo di questa paura significa dunque andare alla radice della struttura del Gruppo, ed è que-
sto che comincio a fare nei capitoli che seguono, dove mi propongo di mostrare che questa nozione è da sola
incapace di rappresentare il movimento fondamentale della nostra anima.
In §1 ripercorro il cammino storico che ha condotto Piaget e tutta la sua epoca a formulare la sua ipotesi
“imperialista” sul Gruppo. Discuto le posizioni di Jordan, Dedekind e del Programma di Erlangen di Felix
Klein, en traggo tre conclusioni: (1) se dalla sua prima apparizione in Jordan, il Gruppo post-galoisiano si ra-
dica nell’intuizione ultima del corpo fisico e della sua forza di coesione, in Dedekind il “corpo dei numeri”
non è in ultima analisi che il matematico in persona che l’incarna ; (2) quando il matematico procede creando
via via delle strutture sempre più allargate, il dinamismo di questa emanazione successiva non è di tipo grup-
pale, in quanto rigorosamente orientato : al passaggio N→Z non corrisponde una “operazione inversa” che
parte dai Relativi per arrivare ai Naturali senza presupporli; (3) l’architettura interna dello spazio di F. Klein
183
“Quaderni di Ricerca in Didattica (Mathematics)”, n.21, 2011
G.R.I.M. (Department of Mathematics, University of Palermo, Italy)
ripete questo stesso orientamento operatorio : la geometria deve necessariamente cominciare da
un’immagine/figura [Bild] euclidea ben determinata, perché nessuna “molteplicità” generale può essere im-
mediatamente attinta senza presupporre che una tale figura sia innanzitutto data. Ne concludo che quella del
Gruppo è in realtà una cinematica di superficie del nostro pensiero – un risultato – e non la dinamica accele-
rativa e formalmente evolutiva che conduce a questo stesso risultato.
In §2 conduco un’indagine direttamente matematica della possibilità che lo strumento formale del Gruppo
possa in effetti rappresentare la sua propria “messa in azione”. Analizzo in questo senso il movimento della
rotazione, l’angolo euclideo, e il “gruppo” della Trigonometria, e mostro che in nessun caso la “messa in a-
zione” di un gruppo è a sua volta un’operazione gruppale, perché nessuna “operazione inversa” le corrispon-
de. D’altra parte, come lo “spazio” è in sé perfettamente inapprendibile al di qua di una qualche figura, che a
sua volta non può trovare le sue coordinate d’orientamento spaziale in un altra figura. Ne segue che
l’“orientamento” di una figura nello spazio è un fenomeno molto semplicemente dato : una totalità insecabi-
le, internamente movente, orientata, e dotata di un inizio.
La conclusione generale è che ogni evento operatorio – per quanto si presenti come “gruppale” sulla sua
propria superficie – è dotato di un ineludibile intimo orientamento– un senso – che distingue tra la sua pro-
venienza (il suo inizio) e il suo aspetto risultativo : cominciamo in tutti i casi da una figura sensibile e eucli-
dea, per propellerci, grazie a questa rampa, negli spazi “transintuitivi” del pensiero astratto. Questo significa
da un lato saldare come i due aspetti di una stessa realtà l’anisotropia dello spazio e quella del tempo delle
nostre operazioni (per attingere lo spazio si comincia – nel tempo – da una figura, e non l’inverso), e
dall’altro lato porre una dinamica pienamente evolutiva nel cuore di ogni operazione matematica formalmen-
te definita.

FRANÇAIS

Cet article vise à proposer un nouvel horizon conceptuel pour la compréhension du phénomène de la
phobie scolaire (school phobia), du refus de l’école (truancy) et en conséquence de la profonde et vaste crise
pédagogique qui violemment investit, à l’âge actuel, la totalité des systèmes d’éducation formelle du monde
occidental. Le sens fondamental de ce ré-encadrement est de remettre l’école au centre de l’attention, en
montrant que dans sa racine la plus originaire et profonde, notre esprit est une réalité vivante essentiellement
philosophique et mathématique, c'est-à-dire naturellement et préalablement projeté vers l’apprentissage sco-
laire, avant toute autre forme d’implication pulsionnelle, affective et émotionnelle dans le monde qui
l’entoure et l’habite.
Cette Première Partie se compose d’une Introduction et de deux Chapitres.
Dans l’Introduction je commence par dénoncer une absurdité culturelle et épistémologique : la « phobie
scolaire » naît officiellement dans notre univers scientifique grâce à une déclaration de non-existence (John-
son 1941). Cela n’est d’autre part que le reflet d’une donnée bien plus générale et bouleversante : pour le
monde actuel c’est l’école en tant que telle qui n’arrive pas à vraiment exister. Je m’occupe donc chercher les
racines profondes d’une telle situation, si paradoxale, car c’est justement ici que je vois l’origine de la terreur
sourde et inavouée que maints jeunes ressentent à l’égard de l’école : rien de mieux qu’un fantôme pour ter-
roriser un enfant, surtout si ce fantôme porte en soi l’archétype de son âge adulte.
La prospective que j’offre sur le problème est celle d’une époque « panmathematiste » qui a organisé tout
son système éducatif sur une flagrante dénégation : le discours mathématique qui depuis deux siècles pénètre
tous les niveaux de notre vie socio/culturelle, scientifique et scolaire tire sa sève et sa force de propulsion
d’un fond purement philosophique, qui puissamment et incontournablement retentit dans toute oreille qui en
entende la voix. La nature philosophique de ce fond est toutefois constamment « invalidée » [Laing] et qui-
conque en parle clairement en est très durement sanctionné.
Or l’instrument opératoire le

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