Cornelis Smet tra i paisani fiamminghi - article ; n°2 ; vol.103, pg 629-680
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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée - Année 1991 - Volume 103 - Numéro 2 - Pages 629-680
Carmela Vargas, Cornelis Smet tra i «paisani» fiamminghi, p. 629-680. Cornelis Smet, pittore fiammingo di Malines, risiede a Napoli dal 1574 al 1592, tenendovi bottega; un gruppo di documenti inediti rivela la fitta rete di parentele, amicizie, associazioni artistiche e culturali della stessa bottega, sia in città che nei territorio del Vicereame. Prende vita l'immagine di uno studio specializzato nella produzione di dipinti che attingono la propria riconoscibilità fiamminga molto più dal ripetersi di formule iconografiche e stilistiche, che dalla ricerca di linguaggi diversificati. Solo una filologia delle affinità più che delle differenze, pertanto, ritrova nei dipinti la comune cultura figurativa e gli scambi di mano che i documenti attestano corne pratica quotidiana di lavoro. Coordinati da Smet ed impegnati nei principali cantieri decorativi napoletani, passano nella sua bottega Aert Mytens, Wenzel Cobergher e, tra i più importanti, (v. rétro) Jan Soens. Intorno, uno stuolo di carpentieri, stuccatori, legnaioli le cui vicende chiariscono anch'esse i meccanismi, i tempi e i costi di realizzazione delle opere d'arte.
52 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

Informations

Publié par
Publié le 01 janvier 1991
Nombre de lectures 254
Langue Italiano
Poids de l'ouvrage 4 Mo

Extrait

Carmela Vargas
Cornelis Smet tra i paisani fiamminghi
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée T. 103, N°2. 1991. pp. 629-680.
Riassunto
Carmela Vargas, Cornelis Smet tra i «paisani» fiamminghi, p. 629-680.
Cornelis Smet, pittore fiammingo di Malines, risiede a Napoli dal 1574 al 1592, tenendovi bottega; un gruppo di documenti inediti
rivela la fitta rete di parentele, amicizie, associazioni artistiche e culturali della stessa bottega, sia in città che nei territorio del
Vicereame. Prende vita l'immagine di uno studio specializzato nella produzione di dipinti che attingono la propria riconoscibilità
fiamminga molto più dal ripetersi di formule iconografiche e stilistiche, che dalla ricerca di linguaggi diversificati. Solo una filologia
delle affinità più che delle differenze, pertanto, ritrova nei dipinti la comune cultura figurativa e gli scambi di mano che i documenti
attestano come pratica quotidiana di lavoro. Coordinati da Smet ed impegnati nei principali cantieri decorativi napoletani,
passano nella sua bottega Aert Mytens, Wenzel Cobergher e, tra i più importanti,
(v. retro) Jan Soens. Intorno, uno stuolo di carpentieri, stuccatori, legnaioli le cui vicende chiariscono anch'esse i meccanismi, i
tempi e i costi di realizzazione delle opere d'arte.
Citer ce document / Cite this document :
Vargas Carmela. Cornelis Smet tra i paisani fiamminghi. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée T.
103, N°2. 1991. pp. 629-680.
doi : 10.3406/mefr.1991.4172
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_1123-9891_1991_num_103_2_4172CARMELA VARGAS
CORNELIS SMET TRA I «PAISANI» FIAMMINGHI
A Giovanni Previtali
Al di là dell'importante incremento che negli ultimi anni hanno regi
strato gli studi sul Cinquecento meridionale, con restauri, mostre, ricogni
zioni territoriali, ricerche sui singoli artisti1, si ha spesso l'impressione
che vi permanga una certa separatezza tra la serie dei dipinti e la serie
dei documenti che sono stati anch'essi nel frattempo conosciuti. Non che
non si sappia quanto sia auspicabile un'integrazione tra documenti e quad
ri, ma sembra che la logica prevalente sia quella di collegare ai singoli
dipinti gli altrettanto singoli documenti, ricavando da questi ultimi il
nome del pittore, la data del manufatto che si analizza ed altre notizie
sparse, poste sì in relazione ai diversi problemi figurativi, ma poco tra se
stesse, come oggetto di indagine analitica a parte2. Un procedimento,
questo, utilissimo, ma che rende la ricerca sui pittori fiamminghi del XVI
secolo tanto più difficoltosa, quanto poco frequente è il caso di document
i che identifichino dipinti esistenti e quanto, viceversa, è diffuso quello di
carte d'archivio dense di nomi di pittori le cui opere sono ancora - se
possibile - da ritrovare.
Di fronte a ciò, un allargamento di attenzione all'insieme dei dati
documentari, alle tante informazioni storiche che i contratti notarili con
tengono, in quanto ratifica legale di situazioni realmente verificatesi e
1 Mi sia consentito rinviare per brevità alla bibliografia e discussione critica
del mio Teodoro d'Errico. La maniera fiamminga nel Viceregno, Napoli, 1988, in
particolare p. 13-20. Altre indicazioni bibliografiche verranno fornite nel seguito
del presente articolo.
2 Per una serie di problemi affini anche se di diverso ambito cronologico cfr.
A. Guidotti, // mestiere del «.dipintore» nell'Italia due-trecentesca, in La pittura in
Italia. Il Duecento e il Trecento (a cura di E. Castelnuovo), Milano, 1986, p. 529-540;
sui medesimi temi si è anche soffermato G. Romano nel seminario di studio Artisti
e contesto sociale. Esempi dal Cinquecento a Vercelli, tenuto all'Istituto Italiano per
gli studi filosofici di Napoli dal 5 al 9 giugno 1989.
MEFRIM - 103 - 1991 - 2, p. 629-680. CARMELA VARGAS 630
riflesso di altre che da quelle è possibile ricostruire, può forse aprire una
diversa prospettiva di lettura degli stessi dipinti, chiarendone meglio le
« strutture » coeve di elaborazione e di produzione, e spiegandone le carat
teristiche formali anche alla luce di quelle modalità operative.
Si tratta fra l'altro di occuparsi delle botteghe, della loro organizza
zione e distribuzione territoriale, delle interferenze e degli scambi tra
esse, del sistema di controllo reciproco e di ripartizione delle committenz
e, dei rapporti sociali interni e di tutto quanto possa contribuire a descri
vere il processo stesso dell'attività artistica dei fiamminghi, non solo il
suo esito finale affidato ai dipinti.
Così, con la prudenza necessaria ad un tentativo iniziale in tal senso e
sapendo che alcune, ο molte, domande sono destinate a non avere rispo
sta, quando sia andata del tutto perduta la documentazione utile, rendo
noto un gruppo di nove documenti inediti relativi a Cornells Smet, detto
in Italia Ferraro3, e alla sua bottega, nonché i risultati di una rilettura e
integrazione dei documenti già pubblicati dal Filangieri, dalla quale
emergono altre nutazioni inedite4.
Ne deriva una sorta di microstoria, fatta largamente di rapporti di
parentela, di amicizia, di discepolato, di concorrenza ο di associazione tra
gli artisti. Una ricostruzione forse a tratti pedante, ma la cui minuziosità
continuamente può allargarsi alla storia dei dipinti, fornendo materia ad
una filologia delle affinità più che delle differenze, cioè tale da riuscire a
recuperare il maggior numero di dati e spunti puntando sulle somiglianze
stilistiche tra i quadri, come sul naturale risvolto della serie di scambi e
contatti tra i pittori che le carte d'archivio tramandano.
Prima di questo, però, può tornare utile un rapido riepilogo della
questione critica su Cornells Smet, che significa essenzialmente analizza
re gli interventi del Previtali nel 1978 e 1980, ai quali sono poi seguite
delle aggiunte di catalogo che non hanno realmente ridefinito l'immagine
culturale dell'artista5.
3 II termine olandese «smid» corrisponde all'italiano «fabbro ferraio» e
diventa in latino «ferrarius» ο «ferrarus».
4 Cfr. Appendice documentaria: i documenti completamente inediti sono
contrassegnati dai numeri 4, 15-19, 21-23.
5 G. Previtali, La pittura del Cinquecento a Napoli e nel Vicereame, Torino,
1978, p. 96-100, 129-130; Id., Fiamminghi a Napoli alla fine del Cinquecento : Corne-
lis Smet, Pietro Torres, Wenzel Cobergher, in Relations artistiques entre les Pays-Bas
et l'Italie à ta Renaissance. Études dédiées à Suzanne Sulzbergher, Bruxelles-Roma,
1980, p. 209-217 con tav. f. t.; A. Grelle Iusco, Arte in Basilicata. Ritrovamenti e
restauri, catalogo della mostra, Roma, 1981, p. 92, 197-200; P. Leone de Castris, La SMET TRA I « PAISANI » FIAMMINGHI 631 CORNELIS
II caso di Smet è in qualche modo esemplare, anche se non unico,
della sfasatura tra documentazione scritta e sopravvivenza di opere,
essendo non esigua la prima, che lo mostra attivo nel sud dell'Italia dal
1574 al 1592 piuttosto intensamente, ma ristretta, la seconda, ad un'unica
opera sicura, la Madonna del Rosario della cattedrale di Muro Lucano
(fig. 12), documentata negli anni 1589-90, intorno alla quale risulta tutto
ra molto difficile raccogliere un gruppo omogeneo6. Il Previtali, nel
1978, vi aveva accostato l'Adorazione dei Magi del Duomo di Aversa
(fig. 2), simile nei volti della Madonna, nell'anatomia del Bambino Gesù,
nell'apparato di stoffe ed oreficerie, ma diversa nell'impianto compositiv
o, con un taglio in diagonale che sarebbe derivato dall'Adorazione di
Marco Pino del 1571, nella chiesa napoletana dei Santi Severino e Sossio.
Un riferimento che il pittore fiammingo avrebbe tuttavia decantato e cri-
stalizzato in un'esecuzione tanto più diligente ed affine alla cultura della
corrente Buono-Lama, piuttosto che a quella dei veri seguaci di Marco
Pino. Ma forse il punto più interessante del discorso era nell'inserimento
del quadro di Aversa in una serie di altre Epifanie meridionali, al cui
interno il probabile prototipo veniva indicato in quella di collezione Ru-
spoli a Torella dei Lombardi (fig. 13), anch'essa di mano fiamminga e non
priva di somiglianze con lo Smet; replicata, peraltro, in due esemplari
siciliani di cui uno, nella chiesa madre di Chiusa Sclafani è stato poi attri
buito dal Previtali stesso al fiammingo Ettore Cruzer, presente in Sicilia,
ma documentato a Napoli dal 1598 al 16 IO7: un esempio della fortuna e
del raggio di diffusione del soggetto come anche delle sue possibili
pittura del Cinquecento nell'Italia meridionale, in La pittura in Italia. Il Cinquecento
(a cura di G. Briganti), Milano, 1988, voi. II, p. 494, 513n, 839-40; Vargas, op. cit.,
1988, p. 50-52, 76n-78n. Il presente saggio, originariamente destinato agli Studi in
ricordo di Giovanni Previtali, del 1989, esce oggi nella veste originaria, non regi
strando la bibliografia successiva al 1989.
6 Per i documenti

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