Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra  500 e  600 - article ; n°2 ; vol.109, pg 767-783
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Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra '500 e '600 - article ; n°2 ; vol.109, pg 767-783

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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée - Année 1997 - Volume 109 - Numéro 2 - Pages 767-783
Adriano Prosperi, Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra '500 e '600, p. 767-783 Quali sono in Italia i legami esistenti tra missioni e visite pastorali dal '500 al '600 : due aspetti complementari si, ma diversi dell'azione délia Chiesa cattolica rivolta verso la sua periferia. La constatazione dell'abisso esistente tra norma e pratiche popolari, tra ciò che verra chiamato la reli-gione popolare e la religione delle élite, spingerà la Chiesa a pretendere dai vescovi una presenza più visibile nelle loro diocesi, tramite visite pastorali. Con lo scopo di conoscere meglio le popolazioni, le visite pastorali assumono sempre di più un carattere di controllo e di correzione, trasformando i vescovi in «commissari» anziché pastori. Stando cosi le cose, le missioni — in particolare quelle gesuitiche - contribuirono, grazie a un personale ben formato ed esperto nei metodi missionari, a rinforzare, anzi a (v. rétro) soppiantare le visite pastorali. Le relazioni stese alla fine di quelle missioni costituiscono un prezioso fondo documentario, dando cosï dellltalia cattolica nel periodo moderno un'immagine diversa.
17 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

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Publié le 01 janvier 1997
Nombre de lectures 35
Langue Italiano
Poids de l'ouvrage 1 Mo

Extrait

Adriano Prosperi
Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra '500 e '600
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée T. 109, N°2. 1997. pp. 767-783.
Riassunto
Adriano Prosperi, Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra '500 e '600, p. 767-783
Quali sono in Italia i legami esistenti tra missioni e visite pastorali dal '500 al '600 : due aspetti complementari si, ma diversi
dell'azione della Chiesa cattolica rivolta verso la sua periferia. La constatazione dell'abisso esistente tra norma e pratiche
popolari, tra ciò che verrà chiamato la religione popolare e la religione delle élite, spingerà la Chiesa a pretendere dai vescovi
una presenza più visibile nelle loro diocesi, tramite visite pastorali. Con lo scopo di conoscere meglio le popolazioni, le visite
pastorali assumono sempre di più un carattere di controllo e di correzione, trasformando i vescovi in «commissari» anziché
pastori. Stando così le cose, le missioni — in particolare quelle gesuitiche - contribuirono, grazie a un personale ben formato ed
esperto nei metodi missionari, a rinforzare, anzi a
(v. retro) soppiantare le visite pastorali. Le relazioni stese alla fine di quelle missioni costituiscono un prezioso fondo
documentario, dando così dell'Italia cattolica nel periodo moderno un'immagine diversa.
Citer ce document / Cite this document :
Prosperi Adriano. Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra '500 e '600. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Italie et
Méditerranée T. 109, N°2. 1997. pp. 767-783.
doi : 10.3406/mefr.1997.4514
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_1123-9891_1997_num_109_2_4514ADRIANO PROSPERI
MISSIONI POPOLARI E VISITE PASTORALI
IN ITALIA TRA '500 E '600*
Soffermarsi sulle parole, quando si affrontano temi di storia della
Chiesa, è un esercizio che ha un fascino specifico, non diverso per qualità
da quello legato sempre a siffatti esercizi, ma tanto più notevole perché la
modificazione dei termini è più lenta e vischiosa, frenata com'è da valori
lungamente sedimentati e dal carattere sacrale di un patrimonio storico
che nella sua immutabilità tendenziale ripone un valore in sé. Questo eser
cizio vorrei proporlo per quanto concerne due termini e due realtà tra le
più importanti all'interno del rapporto tra mondo ecclesiastico e società
italiana nella prima età moderna : la visita pastorale e la missione.
Per quanto riguarda i due termini - visita e missione - il loro significa
to si fissa in ambiti e con connotati abbastanza diversi nel diritto canonico
dell'età che va dai concili tardo-medievali all'età post-tridentina. Il punto
d'arrivo, per quanto ci riguarda, può essere colto in un manuale di larga
utilizzazione nel 18 secolo : la Prompta Bibliotheca del Ferraris; qui, alla
voce «visitatio», si legge che la visita altro non è che «excessus, ac def ec-
tus inquirere, investosque castigare... obsevantiam obligatio-
num... conservare, et ubi deficit, in pristinum restituere»1. Si tratta, insom
ma, di quella funzione del correggere, emendare e riformare - nel senso di
tornare all'antica forma - che è stata variamente registrata dagli studi sto
rici. Nel caso delle missioni, si distingue tra i predicatori del cristianesimo
nei lontani regni della Cina ο in quelli pur sempre remoti di religione non
cristiana da quelle «sacrae missiones» che si esercitano «ad excitandam in
populis pietatem»2. Dunque, si distingue con precisione la visita diocesana
dalla missione popolare : e tuttavia, c'è un nesso tra le due realtà che si af
faccia proprio nella definizione della missione : si parla di missionari che
* Una versione precedente di questo lavoro è comparsa in Ricerche di storia so
ciale e religiosa, XXIII, n. 46, 1994, p. 29-44.
1 F. Lucii Ferraris..., Prompta Bibliotheca canonica, juridica, moralis, theologi-
ca..., t. IX, Venezia, 1782, p. 127.
2 Ivi, t. VI, p. 64.
MEFRIM - 109 - 1997 - 2, p. 767-783. 51 768 ADRIANO PROSPERI
possono essere mandati dai vescovi «tamquam visitationis pastoralis prae-
nuncii» e che come tali debbono essere accolti nelle parrocchie da chi ne è
titolare. Si fa riferimento, per questo, a norme dettate da Benedetto XTV :
ma è poco più di un cenno. Questa piccola traccia di un nesso tra missioni
popolari e visite pastorali non deve essere trascurata; anzi, è proprio su
questo che vorrei provare a proporre qualche osservazione, al fine di co
gliere meglio la realtà di questi due strumenti di esercizio del governo ec
clesiastico e della proposta religiosa nell'area italiana in età moderna.
In sede storica, non c'è dubbio che visita pastorale e missione popolare
ebbero una radice comune : la scoperta della lontananza dei pastori, del
l'abisso aperto tra la pratica religiosa collettiva nei luoghi più periferici e la
norma ufficiale. Fu a partire da questa scoperta che si avanzarono esigenze
nuove nei confronti degli uomini di chiesa e segnatamente dei vescovi :
quella, tra tutte, della residenza tra i popoli affidati alla loro cura per am
ministrarne personalmente il governo spirituale. Era l'esigenza di tempi
nuovi, segnata con veemenza da Luterò dopo quella visita delle chiese della
Sassonia che può essere assunta come la data di svolta:
Ο vescovi, come vorrete rendere conto di ciò a Cristo, voi che avete la
sciato il popolo errare tanto vergognosamente e non avete neppure un mo
mento badato al vostro ufficio? Che non vi colpisca il giudizio per questo!3
Luterò aveva scoperto una realtà sconvolgente:
l'uomo del popolo, specialmente nei villaggi, non sa nulla della dottrina cri
stiana... Non sanno il Padre nostro, né il Credo, né il Decalogo. Vivono come
il buon bestiame e i porci irragionevoli.
Era la scoperta di quella che poi sarebbe stata chiamata la religione
popolare e della sua distanza dalla religione delle élites; e, con la scoperta,
c'era anche la proposta di strumenti moderni, come il catechismo. Ma so
prattutto c'era il duro richiamo a quel dovere della presenza del vescovo co
me docente, maestro di fede, che non era ignoto alla tradizione ecclesiasti
ca ma che veniva riproposto con un'urgenza del tutto insolita. Non era, in
quei termini, un problema solo di Luterò. Appena un anno dopo quel r
ichiamo e quella proposta, in terra cattolica un vescovo andava in visita, si
incontrava con abitanti di campagne sperdute e malagevoli, distribuiva al
suo clero un testo di avvertimenti che rispondeva alla stessa funzione del
catechismo di Luterò - rendere permanente l'effetto della visita espiscopa-
le, fornire il corpo degli ecclesiastici con funzioni di governo di uno str
umento di informazione breve e chiaro. Questo vescovo - era Gian Matteo
3 «Enchiridion». Π piccolo catechismo per pastori e predicatori indotti, in Scritti
religiosi, a cura di V. Vinay, Torino, 1967, p. 672. MISSIONI POPOLARI IN ITALIA 769
Giberti - descriveva nel suo opuscolo anche le pratiche e le credenze popol
ari di cui avvertiva l'estraneità rispetto al suo modello di cristianesimo e
invitava il suo clero a estirpare quelle credenze e quei comportamenti. Ec
co stabiliti due modelli, lontanissimi ma anche molto simili, di visita pasto
rale : identici negli strumenti e in alcuni obbiettivi, ma tesi alla realizzazio
ne di chiese istituzionalmente e dottrinalmente diverse e in conflitto tra di
loro, quei modelli facevano perno comunque sull'atto con cui il pastore si
recava in mezzo al suo gregge. Il richiamo alla presenza personale distin
gueva questa visita dalla prassi fino allora seguita. Non erano mancati ve
scovi che avevano visitato personalmente i loro popoli. Ma normalmente si
era preferito mandare dei vicari, controllare amministrativamente le dioces
i. Ecco invece posta l'esigenza primaria della presenza personale. E questa
è una prima caratteristica.
L'aspirazione alla residenza dei vescovi è una delle idee più diffuse e r
ibadite con maggior forza - un vero e proprio ideale diffuso tanto da diven
tare luogo comune della predicazione e della letteratura penitenziale. I toni
di questa letteratura furono aspri, le ironie raggiunsero facilmente il tono
del sarcasmo. Si legga, ad esempio, questa pagina di una predica che Cor-
nelio Musso indirizzò ai vescovi che lo ascoltavano nella Roma del 1539:
Deh signori miei cari, che fate qui in tanto numero, tanto lontani dalle
vostre greggie? ... Come volete pascere le pecorelle vostre, se voi sete a Roma
et elle sono in Francia et in Spagna4?
I vescovi avrebbero potuto rispondergli con l'argomento che era stato
del cardinal Francesco Gonzaga, nel secolo precedente e che non spiaceva
nemmeno al cardinal Contarmi, di fresco diventato vescovo di Belluno: che
la cura delle cose ecclesiastiche di un territorio si garantiva meglio da Ro
ma, coi poteri che si ricevevano dal papa e in condizione da mettersi al s
icuro dai colpi di mano dei preten

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