Un elmo con iscrizione latina arcaica al Museo di Cremona - article ; n°1 ; vol.27, pg 157-179
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Publications de l'École française de Rome - Année 1976 - Volume 27 - Numéro 1 - Pages 157-179
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Publié le 01 janvier 1976
Nombre de lectures 390
Langue Romanian
Poids de l'ouvrage 2 Mo

Extrait

Filippo Coarelli
Un elmo con iscrizione latina arcaica al Museo di Cremona
In: L'Italie préromaine et la Rome républicaine. I. Mélanges offerts à Jacques Heurgon. Rome : École Française de
Rome, 1976. pp. 157-179. (Publications de l'École française de Rome, 27)
Citer ce document / Cite this document :
Coarelli Filippo. Un elmo con iscrizione latina arcaica al Museo di Cremona. In: L'Italie préromaine et la Rome républicaine. I.
Mélanges offerts à Jacques Heurgon. Rome : École Française de Rome, 1976. pp. 157-179. (Publications de l'École française
de Rome, 27)
http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1976_ant_27_1_1981COARELLI FILIPPO
UN ELMO CON ISCRIZIONE LATINA ARCAICA
AL MUSEO DI CREMONA*
Nell'esperienza si trova ciò di cui
si ha bisogno solo se si sa in
anticipo che cosa cercare (I. Kant).
L'impostazione idealistica che ha dominato gli studi di archeologia classica
in Italia (ma non solo in Italia) nel periodo tra le due guerre mondiali, pr
ivilegiando la ricerca storico-artistica, ha portato a trascurare interi settori di
studio, che possiamo sommariamente qualificare con l'etichetta di « cultura
materiale » \ Certamente giustificata era la reazione contro l'erudizione fine a
se stessa, e il rifiuto di ogni impostazione teorica generale, che avevano caratteriz
zato certa cultura positivistica italiana, specialmente nel campo degli studi
di antichità2. Tuttavia, come spesso avviene, insieme con l'acqua sporca si
gettò via anche il bambino, con risultati che sono davanti agli occhi di tutti. Si
sono così dovuti riconquistare, partendo da zero, metodi di ricerca perfettamente
elaborati e maturati fin dalla seconda metà del secolo scorso: e basti qui
ricordare la triste vicenda della tecnica dello scavo stratigrafico in Italia che,
utilizzata dal Boni in forme altamente perfezionate negli scavi del Foro, solo
di recente è tornata ad essere applicata in modo rigoroso (e non senza oppos
izioni) nell'ambito dell'archeologia classica3.
* Questa nota, con le altre che, nelle intenzioni dell'autore, dovrebbero seguire costi
tuisce il seguito ideale del catalogo della mostra Roma medio repubblicana (Roma 1973).
La scelta si orienterà in modo particolare suli'instrumentum iscritto, che è da annoverare tra
gli argomenti più fruttuosi, ma anche tra i più trascurati.
Le abbreviazioni utilizzate sono quelle de L'Année Philologique.
1 Cfr. A. Carandini, Archeologia e cultura materiale, Bari 1975.
2 B. Croce, Storia della storiografìa italiana nel secolo decimonono, 3a ed., Bari 1947,
II, pp. 35 ss., 107 ss. Ma si veda ad esempio, sull'ambiente dell'Università fiorentina, E. Garin,
La cultura italiana tra '800 e '900, Bari 1962, pp. 55 ss., 77 ss.
3 Per farsi un'idea del livello (invero piuttosto basso) della discussione in proposito, in
anni ancora vicini, si veda l'incredibile polemica di G. Lugli contro il Lamboglia in RAL
Vili, XIV, 1959, pp. 321-330, specialm. 326-328. 158 FILIPPO COARELLI
È per questo che chiunque si accinga a trattare classi di materiali del
periodo greco-romano, non appartenenti all'ambito della cultura figurativa
aulica, deve spesso rassegnarsi a constatare che gli ultimi studi di buon livello
su tali argomenti risalgono alla fine del secolo scorso e agli inizi del presente:
mancano per lo più anche strumenti di lavoro elementari, come ca
taloghi, raccolte tipologiche ecc, largamente disponibili invece in ambiti
di studio ancora considerati « marginali » dalla presunzione di alcuni classi
cisti in ritardo, come la preistoria ο le antichità provinciali.
È merito di Jacques Heurgon l'aver recentemente riportato l'attenzione
su una categoria di materiali, gli elmi a calotta, noti nella letteratura tedesca
come « Jockeykappen », e che una errata tradizione di studi definisce come
« gallici » 4. Vorremmo qui riprendere l'argomento a partire da un nuovo esemp
lare, reso noto solo di recente, e che permette di chiarire un particolare di
un certo interesse per la ricerca storica, e cioè l'aspetto dell'elmo utilizzato
dall'esercito romano nel periodo compreso tra le guerre sannitiche e le guerre
puniche.
Si tratta di un elmo, proveniente da Pizzighettone e conservato nel
Museo di Cremona5, costituito da una robusta calotta di bronzo fuso e poi
battuto, di forma notevolmente allungata, fino ad assumere nella parte su
periore un andamento conico (Fig. 1) (alt. cm. 25; diam. infer, max. 26;
min. 22), concluso da un bottone di forma approssimativamente tronco
conica, decorato da due file sovrapposte di semicerchi rilevati, sottolineati
da un orlo anch'esso in rilievo (quasi un doppio kyma ionico rovesciato).
Un doppio cordoncino rilevato limita il bottone in alto e in basso. Sulla
superficie superiore, piana, è inciso un cerchietto. Intorno alla base di
questa appendice è fissato un cordone di ferro, che scende per un breve
tratto sui due lati dell'elmo, e che in origine doveva essere più lungo6.
La calotta si conclude, posteriormente, con un brevissimo paranuca, ed è
4 J. Heurgon-Chr. Peyre, Un casque inscrit de Bologne: l'alliance des Ombriens et des
Gaulois contre Rome au début du IIP siècle, in REL L, 1972, pp. 6-8 (si veda qui la fig. 10).
Sull'attribuzione dell'elmo a fabbrica etrusca, si veda già E. Brizio, II sepolcreto gallico di
Montefortino, in Mon. Lincei IX, 1899, cc. 748 ss. Le descrizioni più complete del tipo sono
quelle di P. Couissin, Les armes romaines, Paris 1926, pp. 260-263 e di H. R. Robinson,
The Armour of Imperial Rome, London 1975, pp. 13-14.
5 Pubblicato per la prima volta in G. Pontiroli, Catalogo della sezione archeologica del
Museo Civico «Ala Ponzone» di Cremona, Milano 1974, p. 212, n. 317 (332), tav. CLXI.
Ringrazio il prof. C. Saletti per le informazioni fornitemi al riguardo, e la Direzione del Museo
di Cremona per le fotografie qui pubblicate.
6 Questa appendice, che appare in molti altri esemplari (ad esempio in quello, identico,
del Museo di Taranto) serviva evidentemente a reggere il cimiero, costituito in genere da tre UN ELMO CON ISCRIZIONE LATINA ARCAICA 159
limitata inferiormente da un cordolo in rilievo, segnato da una serie di
linee oblique incise, tranne che nella parte frontale, dove le incisioni vengono
sostituite da larghe scanalature verticali: i brevi tratti in rilievo così deter
minati presentano tre cerchietti incisi sovrapposti, con un punto centrale.
Nelle due scanalature estreme è incisa una croce di Sant'Andrea, che de
termina quattro spazi, in ognuno dei quali è segnato un puntino. Al di
sopra del cordolo è un sottile listello, sul quale è incisa una teoria di
cerchietti, privi del punto centrale. Il tratto di raccordo tra l'orlo e la ca
lotta, piano sulla fronte, va assumendo un andamento concavo sui lati,
che si accentua progressivamente nella parte posteriore: qui lo spazio, più
ampio, è diviso in due da un breve risalto centrale. Seguono, al di sopra,
quattro solchi paralleli, che sottolineano tutta la circonferenza della calotta.
Le paragnatidi erano collegate a cerniere, ognuna delle quali è fissata
alla calotta con due grossi chiodi ribattuti. Di esse resta solo quella di sinistra,
ruotante intorno alla cerniera a mezzo di un tubulo, costituito dalla ribat
titura dell'orlo superiore, fissata con cinque chiodini. La paragnatide
è costituita da due grosse lamine sovrapposte, forse con un'anima
centrale di altro materiale; la lamina interna è fissata a quella esterna
mediante la ripiegatura dell'orlo, ribattuto tutt'intorno ai margini. Essa
è piuttosto grande (cm. 16x14); il lato posteriore ed inferiore descri
vono un'unica curva, mentre quello anteriore è sinuoso, costituito da due
piccoli incavi, più accentuati del semicerchio (specie quello inferiore); una
forma questa particolarmente adatta a proteggere le varie parti del volto
(zigomi, mento). Un chiodo a larga capocchia, fissato all'estremità inferiore,
serviva ovviamente a collegare e a fissare, a mezzo di una correggia passante
sotto il mento, le due paragnatidi. Al centro del paranuca è un piccolo
foro, destinato, come in altri esemplari simili, a fissare un anello semplice
ο doppio, al quale si collegava forse la correggia che fissava le paragnatidi,
oppure utilizzato per il trasporto dell'elmo.
Sul bordo interno del paranuca, a destra del foro, è incisa l'iscrizione
seguente (Fig. 2):
M(arco) Patolcio Ar. l. p. Vili.
La Ρ è costituita da tre tratti disposti ad angolo retto (più breve quello
di destra, come la corrispondente lettera greca) ; la A ha la traversa disar-
lunghe penne, come sappiamo da Polibio (VI 23, 12), e come appare nella pittura da una
tomba dell'Esquilino (cfr. Roma medio repubblicana, Catalogo, Roma 1973, p. 203, fig. 15,
tav. XLVII: qui Fig. II). 160 FILIPPO COARELLI
ticolata; la Ο è aperta inferiormente; la L ha una forma ad uncino abba
st

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