L antroponimia nelle carte napoletane (secc. X-XII) - article ; n°2 ; vol.107, pg 345-359
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L'antroponimia nelle carte napoletane (secc. X-XII) - article ; n°2 ; vol.107, pg 345-359

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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age - Année 1995 - Volume 107 - Numéro 2 - Pages 345-359
Matteo Villani, L'antroponimia nette carte napoletane (secc. X-XII), p. 345-359. La documentazione napoletana è concentrata negli anni 900-1140, essendo andate in gran parte distrutte le carte relative agli anni successivi. Ciò impone di privilegiare lo studio dell'età ducale, considerata da tutti gli studiosi di Napoli un periodo di precoce sviluppo delle forme cognominali. Ma la documentata presenza dei cognomi sembra scontrarsi con la resistenza delle formule adottate dai curiali, che non usano mai il cognome per designare se stessi e i testi. Tuttavia per gli altri nomi presenti nelle carte è proprio l'uso curiale di indicare i personaggi con nome e paternità, anche quando sono designati con forme a due elementi, che permette di vedere l'ereditarietà dlle designazioni. Dapprima le più numerose designazioni ereditarie sono quelle di mestiere, non sempre interpretabili co- (v. rétro) me cognomi. Poi diventano più frequenti i soprannomi, introdotti da forme perifrastiche corne qui dicitur, ma intesi corne veri e propri cognomi perché si tramandano di padre in figlio e sono usati anche nelle designazioni confinarie collettive (ferra de Mi...). Il panorama, variegato dalla sola presenza di cognomi genealogici nobiliari, resta stabile fino all'età sveva. Altrettanto si può dire per il ristretto patrimonio dei nomi propri, dominato da non più di 7 nomi, che sono gli unici a superare il 5% dei totale nei singoli periodi dell'età ducale.
15 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

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Publié par
Publié le 01 janvier 1995
Nombre de lectures 27
Langue Romanian
Poids de l'ouvrage 1 Mo

Extrait

Matteo Villani
L'antroponimia nelle carte napoletane (secc. X-XII)
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 107, N°2. 1995. pp. 345-359.
Riassunto
Matteo Villani, L'antroponimia nette carte napoletane (secc. X-XII), p. 345-359.
La documentazione napoletana è concentrata negli anni 900-1140, essendo andate in gran parte distrutte le carte relative agli
anni successivi. Ciò impone di privilegiare lo studio dell'età ducale, considerata da tutti gli studiosi di Napoli un periodo di precoce
sviluppo delle forme cognominali. Ma la documentata presenza dei cognomi sembra scontrarsi con la resistenza delle formule
adottate dai curiali, che non usano mai il cognome per designare se stessi e i testi. Tuttavia per gli altri nomi presenti nelle carte è
proprio l'uso curiale di indicare i personaggi con nome e paternità, anche quando sono designati con forme a due elementi, che
permette di vedere l'ereditarietà delle designazioni. Dapprima le più numerose designazioni ereditarie sono quelle di mestiere,
non sempre interpretabili come cognomi. Poi diventano più frequenti i soprannomi, introdotti da forme perifrastiche corne qui
dicitur, ma intesi corne veri e propri cognomi perche si tramandano di padre in figlio e sono usati anche nelle designazioni
confinarie collettive (ferra de Mi...). Il panorama, variegato dalla sola presenza di cognomi genealogici nobiliari, resta stabile fino
all'età sveva. Altrettanto si può dire per il ristretto patrimonio dei nomi propri, dominato da non più di 7 nomi, che sono gli unici a
superare il 5% dei totale nei singoli periodi dell'età ducale.
Citer ce document / Cite this document :
Villani Matteo. L'antroponimia nelle carte napoletane (secc. X-XII). In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age,
Temps modernes T. 107, N°2. 1995. pp. 345-359.
doi : 10.3406/mefr.1995.3449
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_1123-9883_1995_num_107_2_3449MATTEO VILLANI
L'ANTROPONIMIA NELLE CARTE NAPOLETANE
(SECC. X-XII)
1 - I LIMITI DELLE FONTI
Non è facile impostare un discorso sull'antroponimia nel ducato napo
letano che, com'è noto, per il periodo maggiormente documentato, si ident
ifica con la città di Napoli e i suoi immediati contorni (neanche tutta l'a
ttuale provincia).
Le difficoltà cui si va incontro sono, naturalmente, insite nella docu
mentazione1. Infatti tutta la storia dei primi secoli e dello stesso apogeo del
ducato, che corrisponde al periodo in cui, tra 1ΎΊΙΙ e il IX secolo, la città-
stato acquistò una precisa connotazione urbanistica, culturale e politica, ci
è nota soprattutto attraverso cronache e documenti pontifici2. Invece è
quasi del tutto assente la documentazione pubblica e privata prodotta nella
città, che ci renda edotti sugli usi di denominazione locali. A questo
periodo di silenzio segue un'improvvisa impennata del numero delle carte
rimasteci per gli anni dal 902 al 1050, anni in cui vediamo una società ben
strutturata, con precise forme di denominazione, senza che, però, sia pos
sibile un confronto quantitativamente corretto con la situazione dei
decenni precedenti. Ciò crea l'handicap, comune a tutti gli studiosi della
Napoli ducale, di non sapere se i fenomeni che notiamo nelle carte siano
fatti ormai acquisiti da lunga data nella coscienza cittadina ο una novità di
quegli anni. E poco ci giova il confronto con i numerosi documenti del IX
secolo di altre aree, come ad esempio quelli dell'area salernitana3. Infatti,
1 Per la storia del ducato napoletano e le fonti relative v. Stona di Napoli, II, Nap
oli, 1969; F. Luzzati Laganà, // ducato di Napoli, in Stona d'Italia, diretta da G. Ga-
lasso, III, Torino, 1983, p. 327-38; C. Russo Mailler, // ducato di Napoli, in Storia
del Mezzogiorno, II, Napoli, 1988 p. 341-405.
2 Per i documenti pontifici v. i regesti in P. F. Kehr, Italia pontificia, Vili, Berli
no, 1935, p. 414-77, per le cronache e i pochi documenti napoletani anteriori al 900
v. B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam pertinentia, Napoli,
1882-92, voi. I (p. 262-9 per i documenti).
3 Editi nel Codex diplomaticus Cavensis, voi. I, Milano-Napoli-Pisa, 1873.
MEFRM - 107 - 1995 - 2, p. 345-359. 346 MATTEO VILLANI
se questo rapporto è possibile per la storia agraria, dove ci troviamo in pre
senza di una comune evoluzione4, il confronto diventa più difficile per le
forme onomastiche, nelle quali Napoli dimostra un'indubbia originalità
rispetto alle zone circostanti, in particolare rispetto a quelle di tradizione
longobarda.
Ma purtroppo è difficile operare un confronto anche con la document
azione più tarda. Già dopo il 1050 le carte napoletane, pervenuteci sia in
copia che in originale, ed edite prima che, nel 1943, ne venisse distrutta la
maggior parte nell'incendio dell'Archivio di Stato di Napoli, sono molto
meno di quelle del periodo precedente (prendendo a riferimento i regesti
redatti da Bartolommeo Capasso di tutta la documentazione d'età ducale,
solo il 29% delle carte risale agli anni 1050-1140). Inoltre è ben poco conos
ciuta, e per lo più inedita, la documentazione d'età normanna e sveva,
costituita per buona parte da copie e da notamenti eruditi settecenteschi,
per cui solo sporadicamente potremo operare confronti con gli anni suc
cessivi al 11405.
A questi problemi di rappresentatività statistica della totalità delle
fonti, che comportano un'involontaria soprawalutazione dei più numerosi
dati relativi al decimo secolo, si aggiungono altri problemi della fonte pre
scelta per lo spoglio, cioè le carte napoletane dei Regii Neapolitan! Archivi
Monumenta6. Si tratta, com'è noto, dell'edizione ottocentesca delle carte
allora conservate nell'Archivio di Stato di Napoli. Non è più possibile il
riscontro con gli originali, ma, a giudicare dal confronto con i facsimili
riprodotti nella stessa opera, la trascrizione sembra buona, nonostante
alcune sviste, evidenti, anche senza confronto con l'originale, come quando
un individuo è chiamato, nel medesimo documento, sia Ferrarìus che Hera-
rius, ο in altri casi simili7. Tuttavia queste imprecisioni ci sembrano
4 V. le considerazioni di G. Cassandro, // ducato bizantino, in Storia di Napoli,
cit., p. 1-408, qui p. 191 sgg. e le sempre attuali osservazioni di G. Galasso, Le città
campane nell'alto medioevo, in Id., Mezzogiorno medievale e moderno, Torino, 19752,
p. 61-135.
5 In Capasso, Monumenta, cit., vol. II/l abbiamo 15 docc. dal 900 al 929; 94 dal
930 al 959; 150 dal 960 al 989; 124 dal 990 al 1019; 100 dal 1020 al 1049; 46 dal 1050 al
1079; 66 dal 1080 al 1109 e 86 dal 1110 al 1139. Per i notamenti v. le osservazioni in op.
cit., vol. II/l, p. 3-9 e in R. Pilone, // Diplomatico di S. Gregario Armeno conservato
nell'Archivio di Stato di Napoli, Napoli, 1989 [già in Campania Sacra, 19, 1988, p. 3-56
e 190-309], p. 8-12.
6 Napoli, 1845-61, 6 voli, (d'ora in poi RNAM).
7 Per la confusione tra Ferrarius ed Herarius v. RNAM, voi. IV, p. 170; v. anche il
domino viro Gaietano f. d. Marini Gaietani di RNAM, V, n. 468, p. 179, dove il te
rmine viro, mai usato in questo contesto, sembra più una svista per il nome proprio
del personaggio. L'ANTROPONIMIA NELLE CARTE NAPOLETANE 347
influire poco sui dati complessivi e, ad ogni modo, si tratta pur sempre di
pergamene edite nella loro interezza, mentre di altri fondi abbiamo solo gli
ampi regesti del Capasso, tratti da originali o, peggio, dai notamenti erud
iti, meno precisi e incompleti, perché, ad esempio, non citano i testimoni.
Tuttavia i regesti del Capasso sono indispensabili per gli anni dal 1130 al
1140, non coperti dai Regii Neapolitani Archivi Monumenta, mentre per gli
anni successivi e fino al 1250 utilizzeremo, a titolo di confronto, i nota
menti tratti dal riscoperto diplomatico di S. Gregorio Armeno, editi da
Rosalia Pilone8, anche se offrono una messe di dati molto inferiore.
Questa introduzione problematica è indispensabile quando si vuole
affrontare un argomento spesso sfiorato in molte opere generali riguar
danti la storia della Napoli ducale, ma mai affrontato sistematicamente. Se
già alcuni accenni, relativamente ai soprannomi delle famiglie nobili dei
seggi napoletani, sono nei lavori genealogici del Tutini (1644) e del Grande
(1756)9, il problema è inquadrato in una più corretta prospettiva storica
dagli editori dei Regii Neapolitani Archivi Monumenta10. Essi evidenziano
bene, già per i primi anni del X secolo, la differenza che intercorre tra l'ap
pellativo attribuito alla singola persona e il cognome, portato da più indi
vidui della stessa famiglia, evidenziando come già in quell'epoca, ben
prima che nelle zone studiate da Muratori, Du Cange e Papebroch, si
cominciassero a vedere cognomi nei documenti napoletani (e gaetani).
L'opinione degli editori napoletani è confermata dalle osservazioni di
Schipa, Ciccaglione e Cassandro11, autori che hanno dato importanza ora,
c

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