La teoria delle età e i passaggi di status in Solone. Per un inquadramento socioantropèologico della teoria dei settennii nel pensiero antico - article ; n°1 ; vol.102, pg 11-35
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La teoria delle età e i passaggi di status in Solone. Per un inquadramento socioantropèologico della teoria dei settennii nel pensiero antico - article ; n°1 ; vol.102, pg 11-35

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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité - Année 1990 - Volume 102 - Numéro 1 - Pages 11-35
Domenico Musti, La teoria délie età e i passaggi di status in Solone. Per un inquadramento socioantropologico della teoria dei settennii nel pensiero antico, p. 11-35. Si esamina il carme soloniano 19 Diehl3 (= 23 Gentili-Prato) sui dieci settennii che riempiono la vita normale di un uomo nella sua struttura oltre che nelle sue irradiazioni dirette e indirette fino in pieno Medio Evo, con particolare riferimento a Dante. Nel carme opera, accanto a una concezione aritmetica, una fondata su attente caratterizzazioni delle diverse età dell'uomo. L'efficacia sociale delle età ha in questa rappresentazione di ambiente attico - che l'autore sia o non sia Solone - un peso limitato, salvo che per la prospettiva del matrimonio nel corso della quinta età. Al confronte la concezione delle età a Sparta (come a Creta) presenta una ritualizzazione assai più forte, che si riflette nell'onomastica delle varie (v. rétro) età, corne nei relativi obblighi. La concezione ateniese è più naturalistica, e rivela un contesto sociopolitico in cui la natura stessa tende a porsi corne cultura e istituzione e in cui la cesura fondamentale della vita è quella del matrimonio ; a Sparta la cesura è la ňβη, con la sua efficacia militare, mentre il patrimonio, tendenzialmente più precoce che ad Atene, appare complessivamente più subordinato agli obblighi militari e comunitarii.
25 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

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Publié le 01 janvier 1990
Nombre de lectures 90
Langue Italiano
Poids de l'ouvrage 1 Mo

Extrait

Domenico Musti
La teoria delle età e i passaggi di status in Solone. Per un
inquadramento socioantropèologico della teoria dei settennii nel
pensiero antico
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 102, N°1. 1990. pp. 11-35.
Riassunto
Domenico Musti, La teoria delle età e i passaggi di status in Solone. Per un inquadramento socioantropologico della teoria dei
settennii nel pensiero antico, p. 11-35.
Si esamina il carme soloniano 19 Diehl³ (= 23 Gentili-Prato) sui dieci settennii che riempiono la vita normale di un uomo nella sua
struttura oltre che nelle sue irradiazioni dirette e indirette fino in pieno Medio Evo, con particolare riferimento a Dante. Nel carme
opera, accanto a una concezione aritmetica, una fondata su attente caratterizzazioni delle diverse età dell'uomo. L'efficacia
sociale delle età ha in questa rappresentazione di ambiente attico - che l'autore sia o non sia Solone - un peso limitato, salvo che
per la prospettiva del matrimonio nel corso della quinta età. Al confronte la concezione delle età a Sparta (come a Creta)
presenta una ritualizzazione assai più forte, che si riflette nell'onomastica delle varie
(v. retro) età, corne nei relativi obblighi. La concezione ateniese è più naturalistica, e rivela un contesto sociopolitico in cui la
natura stessa tende a porsi come cultura e istituzione e in cui la cesura fondamentale della vita è quella del matrimonio ; a Sparta
la cesura è la ňβη, con la sua efficacia militare, mentre il patrimonio, tendenzialmente più precoce che ad Atene, appare
complessivamente più subordinato agli obblighi militari e comunitarii.
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Musti Domenico. La teoria delle età e i passaggi di status in Solone. Per un inquadramento socioantropèologico della teoria dei
settennii nel pensiero antico. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 102, N°1. 1990. pp. 11-35.
doi : 10.3406/mefr.1990.1657
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5102_1990_num_102_1_1657DOMENICO MUSTI
LA TEORIA DELLE ETÀ
E I PASSAGGI DI STATUS IN SOLONE
PER UN INQUADRAMENTO SOCIOANTROPOLOGICO DELLA TEORIA
DEI SETTENNII NEL PENSIERO ANTICO
1. L'interesse del carme 19 Diehl3 (= 23 Gentili-Prato) di Solone non
risiede certo nel suo limitato valore poetico (sarebbe difficile, sotto questo
aspetto non concordare con chi ne sottolinea la mediocrità espressiva e
stilistica)1, ma nella concezione che lo anima, nei processi socioantropolo-
gici e sociopolitici che rivela, nella capacità che esso all'analisi dimostra
di rinviare - malgrado, e forse proprio in virtù della sua elementare
pedanteria - a un determinato tipo di società e di cultura, riconoscibile e
ben collocabile rispetto ad altri noti.
L'elegia ha avuto inoltre un'irradiazione amplissima, che si è compiut
a per vie molteplici, e la rappresentazione della vita che vi si esprime
mostra, nella storia delle idee, una continuità, tortuosa, ma in definitiva
assai più forte di quel che si riesce a intravedere, quando ci si limiti a
considerare il percorso dell'idea attraverso le fonti medievali, ο tra la cul
tura romana e quella medievale, e non se ne tenga presente l'intero cam
mino, comprese le prime e fondamentali formulazioni greche.
I diciotto versi che compongono il carme si lasciano agevolmente
distinguere e organizzare in due parti: 1-10 e 11-18. È una teoria della
vita umana, divisa in settenni! : dieci, qui. I settenni! sono detti εβδομάδες,
1 Cfr. A. Masaracchia, Solone, Firenze, 1958, p. 322-327, in part. p. 327, sulla
mediocrità del carme, e contro il tentativo di W. Schadewaldt, Lebenszeit und Grei
senalter im frühen Griechentum, in Die Antike, 9, 1933, p. 282 sg., di trovare «valori
poetici» nel carme, del quale comunque il Masaracchia sottolinea le connessioni
col pensiero religioso e filosofico arcaico (v. oltre, a n. 3) e anche, più propriament
e, i riflessi nel pensiero greco dal VII al IV sec, valutati come elementi probatori
dell'autenticità soloniana del carme stesso.
MEFRA - 102 - 1990 - 1, p. 11-35. 12 DOMENICO MUSTI
cfr. vv. 7 e 13 : ma la parola aleggia già nei primi versi del carme (2-3), ed
è sottintesa, benché non ancora pronunciata, già al v. 5 ; e poi di nuovo,
dopo che è affiorata la prima volta, ai vv. 9, 11, 15 e 17; con essa alterna
επτ' tutto l'alternabile : εν επτ ετεσιν, al ν. 2 ; al v. 3 ; τέσσαρα ένιαυτούς,
και δεκ ετη, al ν. 14. La divisione in due parti è segnata dalla «cesura» tra
i vv. 10 eli : infatti è qui che, con il compimento del quinto settennio e il
raggiungimento del 35° anno di età, il carme ha perseguito la crescita del
«corpo», mentre dal sesto settennio in poi, cioè dal 36° anno di età, passa
al centro decisamente il νους, cioè la «mente», che è nominata per la pr
ima volta al v. 11, e poi di nuovo al v. 13.2. Come naturalmente l'essere
umano è un'unità, non mancano agganci e sovrapposizioni tra l'una e l'al
tra parte, ma la distinzione prevale, ed è significativa, non meno (anzi
certo di più) delle lievi sovrapposizioni, che pur vanno considerate.
2. Fermiamoci un momento a considerare questa cesura dei 70 anni
umani alla loro esatta metà, i 35 anni. È impossibile non pensare - ev
identemente - a uno dei più famisi versi della letteratura mondiale, quello
che apre la Divina Commedia. «Nel mezzo del cammin di nostra vita»
scrive Dante, in relazione all'arco di vita «normale», dal punto di vista
biologico, ma anche psicologico : la vita «nostra», cioè di tutti, e non solo
sua. È evidente che il verso dantesco non conta solo su una banale divisio
ne in due dell'arco di vita normale per l'uomo, non è solo il risultato di
un banale calcolo (70 : 2) : è questo, ma è anche di più. Il carme di Solone
è noto infatti alla tradizione giudeo-cristiana, da Filone alessandrino, a
Clemente, anch'egli alessandrino, ad Ambrogio, e soprattutto - va ricor
dato - a un testo latino della tradizione pagana, diffusissimo nel Medio
Evo : il commento di Macrobio al Somnium Scipionis del De republica
ciceroniano; circola perciò nei meandri della tradizione medioevale (e in
compagnia con la teoria delle età, in parte analoga, formulata nel trattato
pseudo-ippocratico Περί εβδομάδων). L'idea che ne è alla base ha probab
ilità di essere giunta dunque, anche se solo indirettamente, fino a Dant
e2.
2 Sulle tradizioni aritmologiche in cui s'innesta la rappresentazione e riflessio
ne dantesca, cfr. G. R. Sarolli, s.v. Numero, in Enciclopedia Dantesca, IV, Roma,
1973, p. 87-96; in part. 92-93 e 95-96. Studi specifici sul simbolismo numerico nel
Medio Evo e in Dante, V. Hopper, Medieval Number Symbolism, New York, 1938;
C. S. Singleton, The Poet's Number at the Center, in Modern Language Notes, 85,
1965, p. 1-10. Sulle fasi della vita in e di Dante, si veda in particolare l'importante
saggio di B. Nardi, L'arco della vita, in Saggi di filosofia dantesca, Firenze, 19672,
p. 110-138 (devo l'indicazione alla cortesia di Tullio Gregory). LA TEORIA DELLE ETÀ E I PASSAGGI DI STATUS IN SOLONE 1 3
In effetti si fondono, nella scelta dei 35 anni come età per la grande
conversione e il viaggio spirituale, e nel simbolismo numerico che Dante
vi costruisce, varie istanze e prospettive. Da un lato, vi è un profilo auto
biografico inerente a questa cronologia del viaggio dantesco, un profilo
che si rafforza di una studiata analogia numerica con l'età che Dante
assegna alla morte di Cristo; dall'altro, si recupera il valore antico, e spe
cificamente «soloniano» (naturalmente mediato da una letteratura antica
e medievale che funge da tramite), dei 35 anni come la somma numerica
di età diverse. Ora, il primo dei due aspetti qui indicati è ben presente
nella letteratura critica sulle fonti del pensiero dantesco; il secondo inve
ce sembra molto meno evidente nella coscienza dei critici di Dante, che
sanno pur mostrare l'influenza, in termini generali, di opere come il com
mento macrobiano al Somnium Scipionis ο il De nuptiis Philologiae et
Mercurii di Marziano Capella (in cui confluiscono idee dei Theologoumena
Arithmeticae di Nicomaco di Gerasa, e che è noto al Medio Evo soprattut
to attraverso il commento di Remigio d'Auxerre), sulla cultura medievale,
ma sembrano aver meno colto il tratto più alto ed antico dell'intero per
corso dell'idea dei 35 anni come «età culminante» dell'uomo, e il ruolo
determinante che in esso ha l'idea soloniana, e l'inquadramento dei 35
anni in una successione di più età, diversamente fra loro caratterizzate,
che l'idea stessa comporta.
Per quanto riguarda il profilo autobiografico e cristologico, è stato
osservato come Dante faccia coincidere l'età da lui stesso raggiunta al
venerdì santo del 1300 (cfr. Inferno XXI 112-114) con i 3

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