Calice di Brividi#1
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Calice di Brividi#1

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Calice di Brividi #1 Prosper Mérimée - La Venere di Ille Prosper Mérimée - Lokis Edgar Allan Poe - Sepolto vivo J. Sheridan Le Fanu - Carmilla Prosper Mérimée La Venere di Ille La Vénus d'Ille(1837) © ClaireHennoire 2012-2015 Opera originale nel Pubblico Dominio All Rights Reserved Worldwide - Tous droits réservés Tutti i diritti riservati sulla presente traduzione in italiano. www.clairehennoire.tk Scendendo l'ultimo contrafforte del Canigou, e, benchè il sole fosse già calato, distinguevo nella pianura le case della piccola città di Ille, verso la quale mi dirigevo. - Sapete, dico al catalano che mi serviva da guida, sapete senza dubbio dove abita De Peyrehorade ? - Se lo so ! gridò, conosco la sua casa come la mia; e se non fosse così scuro, ve la mostrerei. E' la più bella di Ille. Egli ha del denaro, sì, De Peyrehorade; e sposa il figlio a una più ricca di lui ancora ! - E questo matrimonio si farà presto ? gli domandai. - Presto ! si può che già i violini sono stati presi per la baldoria. Questa sera, forse, domani, dopodomani, che so io me ! E' a Puygarrig che ciò si farà; in quanto è la mademoiselle di Puygarrig che il signor figlio si sposa; e questo sarà bello, sì ! Io ero stato raccomandato a Peyrehorade dal mio amico P. Era, mi aveva detto, un archeologo assai istruito, di una compiacenza a tutta prova. Si sarebbe premurato di mostrarmi tutte le rovine a dieci leghe.

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Publié le 18 avril 2015
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Langue Italiano

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Calice di Brividi #1
Prosper Mérimée - La Venere di Ille Prosper Mérimée - Lokis Edgar Allan Poe - Sepolto vivo J. Sheridan Le Fanu - Carmilla
Prosper Mérimée
La Venere di Ille
La Vénus d'Ille(1837)
© ClaireHennoire 2012-2015
Opera originale nel Pubblico Dominio
All Rights Reserved Worldwide - Tous droits réservés Tutti i diritti riservati sulla presente traduzione in italiano.
www.clairehennoire.tk
Scendendo l'ultimo contrafforte del Canigou, e, benchè il sole fosse già calato, distinguevo nella pianura le case della piccola città di Ille, verso la quale mi dirigevo.
- Sapete, dico al catalano che mi serviva da guida, sapete senza dubbio dove abita De Peyrehorade ?
- Se lo so ! gridò, conosco la sua casa come la mia; e se non fosse così scuro, ve la mostrerei.
E' la più bella di Ille.
Egli ha del denaro, sì, De Peyrehorade; e sposa il figlio a una più ricca di lui ancora !
- E questo matrimonio si farà presto ? gli domandai.
- Presto ! si può che già i violini sono stati presi per la baldoria.
Questa sera, forse, domani, dopodomani, che so io me !
E' a Puygarrig che ciò si farà; in quanto è la mademoiselle di Puygarrig che il signor figlio si sposa; e questo sarà bello, sì !
Io ero stato raccomandato a Peyrehorade dal mio amico P.
Era, mi aveva detto, un archeologo assai istruito, di una compiacenza a tutta prova.
Si sarebbe premurato di mostrarmi tutte le rovine a dieci leghe.
Ora, contavo su di lui per visitare i dintorni di Ille, che sapevo ricchi in monumenti antichi e del medioevo.
Ma il matrimonio, di cui mi parlavano allora per la prima volta, disturbò tutti i miei piani.
Io sarò un importuno, mi dissi.
Ma ero atteso; annunciato da P. mi toccava presentarmi.
- Scommettiamo, signore, mi disse la mia guida, siccome noi eravamo già nella pianura, un sigaro che indovino quel che andate a fare da De Peyrehorade ?
- Ma, risposi, tendendogli un sigaro, ciò non è difficile da indovinare.
All'ora che è, quando si ha fatto sei leghe nel Canigou, il grande affare, è di cenare.
- Sì, ma domani ? via, io scommetto ãhe venite a Ille per vedere l'idolo ho indovinato ciò a vedervi tirare fuori il ritratto dei santi di Serrabona.
- L'idolo ! quale idolo ? quella parola aveva eccitato la mia curiosità.
- Come ! non vi hanno raccontato, a Perpignan, come De Peyrehorade aveva trovato un idolo in terra ?
- Voi volete dire una statua in terracotta, in argilla ?
- No. Sì, proprio in rame, e ce ne ha di cosa fare dei gran soldoni.
Essa vi pesa per quanto una campana di chiesa.
E' ben messa nella terra, al piede di un olivo, che l'abbiamo avuta.
- Voi foste dunque presente alla scoperta ?
- Sì, signore. Peyrehorade ci disse, è quindici giorni fa, a Jean Coll e a me, di sradicare un vecchio olivo che era gelato l'anno scorso, dato quanto è stata cattiva la stagione, come voi sapete.
Ecco dunque che lavorando Jean Coll che ci andava di tutto cuore, dà un colpo di zappa, e si è sentito unbimm… come se aveva battuto su una campana.
Cos'è che è ? dico. Noi zappiamo ancora, zappiamo, e ecco che appare una mano nera, che sembrava la mano di un morto che usciva di terra.
Io, la paura mi prese. Io me ne vado dal signore, e gli dissi :
- Dei morti, padrone, sono sotto l'olivo ! Bisogna chiamare il prete.
- Quali morti ? mi disse.
Egli è venuto, e non appena ha visto la mano ha gridato :
- Un antico ! un antico !
Avreste creduto che aveva trovato un tesoro.
E eccolo, con la zappa, colle mani, che si dimenava, che faceva quasi altrettanto lavoro che noi due.
- E infine... che trovaste?
- Una grande donna nera più che a metà nuda, con riverenza parlando, signore, tutta in rame, e De Peyrehorade ci disse che era una idola del tempo dei pagani… del tempo di Carlomagno, cavoli !
Ma io vedo quel che è… qualche buona Vergine in bronzo di un convento distrutto.
- Una Vergine ! ah beh, sì !… disse lui, l'avrei riconosciuta, se fosse stata una Vergine.
E' un idolo, vi dico; lo si vede bene dalla sua aria.
Ella vi fissa con i suoi grandi occhi bianchi… si direbbe che vi squadra, ci toccò abbassare gli occhi, sì, guardandola.
- Degli occhi bianchi ? senz'altro sono incrostati nel bronzo; sarà forse qualche statua romana.
- Romana ! è ciò. De Peyrehorade disse che era una romana. Ah ! vedo benchè siete un tipo sapiente come lui.
- E' intera, ben conservata ?
- Oh ! signore, non le manca nulla, è ancora più bella e meglio rifinita che il busto di Luigi Filippo, che è al municipio, in gesso dipinto.
Ma con tutto ciò, la faccia di questa idola non mi convince.
Ella ha l'aria cattiva… e ella lo è davvero.
- Cattiva ! Che cattiveria vi ha fatta ?
- Non a me precisamente; ma ora vedrete.
Ci eravamo messo in quattro per rizzarla in piedi, e Peyrehorade, pure lui tirava la corda, benchè non abbia più forza di un pollo, buonuomo !
Con tanta pena noi la mettiamo diritta.
Io cercavo qualcosa per calarla giù, quando, patatrac ! eccola che cade
giù tutto di brutto.
Io ho detto : occhio sotto ! non abbastanza in tempo tuttavia, dato che Jean Coll non ha avuto il tempo di tirare via la sua gamba…
- Ed è rimasto ferito ?
- Spaccata di netto, la sua povera gamba !Pécaïre! quando l'ho visto io ero furioso.
Volevo scassare l'idolo a zappate, ma Peyrehorade mi ha trattenuto.
Egli ha dato del denaro a Jean Coll, che ad ogni modo è ancora a letto dopo quindici giorni che ciò gli è capitato, e il medico ha detto che non camminerà mai più con quella gamba come con l'altra.
E' un peccato, lui era il nostro miglior corridore, e dopo il signor figlio, il più bravo giocatore dipaume.
Ecco, come era bello vedere come si scambiavano le palle.
Paf ! paf ! Mai toccavano terra.
Discorrendo così, entrammo a Ille, e mi trovai presto in presenza di De Peyrehorade.
Era un piccolo vegliardo, ancora giovanile, col un naso rosso, e un'aria gioviale.
Prima di aver aperto la lettera di P., mi aveva installato davanti a una tavola ben servita, e mi aveva presentato alla moglie, e al figlio come un archeologo illustre, che doveva tirare fuori il Roussillon dall'oblio in cui lo lasciava l'indifferenza dei sapienti.
Mangiando di buon appetito, poichè nulla dispone meglio che l'aria di montagna, esaminai i miei ospiti.
Ho detto una parola a Peyrehorade; devo aggiungere che è la vivacità stessa.
Parlava, mangiava, si alzava, correva alla biblioteca,e mi portava dei libri, mi mostrava delle stampe, mi versava da bere; non era mai due minuti fermo.
Sua moglie, un pò troppo grassa come la maggior parte delle catalane quando hanno passato i quaranta anni, mi parve una provinciale, solo occupata dalle cure della casa.
Benchè la cena fosse sufficiente per sei persone almeno corse in cucina fece uccidere dei piccioni, friggere dei migliai, e aprì non so quanti vasi di confetture.
In un amen la tavola fu ingombra di piatti e di bottiglie; sarei davvero morto di indigestione se avessi gustato tutto ciò che mi offriva.
Tuttavia, a ogni piatto che rifiutavo, erano nuove scuse.
Si temeva che mi trovassi male a Ille.
In provincia si ha poche risorse, e i parigini sono così difficili !
Al centro dell' andirivieni dei suoi genitori, Alphonse de Peyrehorade non si muoveva.
Era un giovanotto di ventisei anni, di una fisionomia bella e regolare, ma mancava di espressione.
La sua taglia e le sue forme atletiche ben giustificavano la reputazione di infaticabile giocatore di paume che aveva nel paese.
Era quella sera vestito con eleganza, esattamente come l'illustrazione dell'ultimo numero del Journal des Modes.
Ma mi sembrava a disagio nei suoi vestiti; era rigido come un piccone nel suo colletto di velluto, e non si girava.
Le mani grosse e le unghie corte, contrastavano singolarmente con il vestito.
Erano delle mani di contadino che uscivano delle maniche di un dandy.
D'altronde, benchè mi considerasse dalla testa ai piedi con curiosità, per la mia qualità di parigino, mi rivolse una sola volta la parola in tutta la sera, per domandarmi dove avevo comprato la catena del mio orologio.
- Ah boia ! mio caro ospite, mi disse Peyrehorade, quando la cena era alla fine, mi appartenete, siete da me.
Io non vi mollo più, se non quando avrete visto tutto quel che abbiamo di curioso nelle nostre montagne.
Bisogna che imparate a conoscere il nostro Roussillon, e gli rendiate giustizia.
Non dubitate di tutto quel che sto per mostrarvi.
Monumenti fenici, celtici, romani, arabi, bizantini, vedrete tutto.
Io vi menerò dappertutto e non vi farò perdere manco un mattone.
Un accesso di tosse l'obbligò a fermarsi.
Io ne approfittai per dirgli che ero spiacente di disturbarli in una simile circostanza, così importante per la sua famiglia.
Se voleva darmi i suoi buoni consigli sulle escursioni che dovevo fare, senza che prendesse la pena di accompagnarmi…
- Ah ! volete parlare del matrimonio del ragazzo, gridò.
Una bagatella ! sarà fatto dopodomani.
Farete la festa con noi, in famiglia, in quanto la promessa è in lutto di una zia dalla quale eredita.
Così niente festa, niente danze…
E' un peccato… avreste visto ballare le nostre catalane…
Sono belle, forse vi avrebbe preso voglia di imitare il mio Alphonse.
Un matrimonio, si dice, ne porta altri…
Sabato, i giovani sposati, siamo liberi, e ci mettiamo all'opera.
Io vi chiedo perdono di offrirvi la noia di una baldoria di provincia.
Per un parigino, uomo di feste… e una baldoria senza ballo ancora !
Pure, vedrete una sposa… una sposa… me ne direte…
Ma siete un uomo grave e non guardate più le donne.
Ho meglio che ciò da mostrarvi. Io vi farò vedere qualcosa !…
Io vi riservo una fiera sorpresa per domani.
- Dio mio ! gli dissi, è difficile, avere un tesoro in casa senza che la gente ne sia a conoscenza.
Io credo di indovinare la sorpresa che mi preparate.
Se è della vostra statua che si tratta, la descrizione che la mia guida mi ha fatta è già servita ad eccitare la mia curiosità e predispormi all'ammirazione.
- Ah ! vi ha parlato dell'...idolo, in quanto è così che chiamano la mia Venere Tur… ma non voglio anticipare nulla.
Domani, alla luvce del giorno, la vedrete, e mi direte se ho ragione a credere a un capolavoro.
Parbleu ! non potreste arrivare più a proposito !
Ci sono delle iscrizioni, io povero ignorante le spiego alla mia maniera ma un sapiente di Parigi...
Ridereste forse della mia interpretazione… ho scritto una memoria… io vi parlo da modesto archeologo di provincia, che si è lanciato...
Io voglio fare gemere la stampa…
Se voleste leggere e correggere, potrei sperare…
Per esempio, sono curioso di sapere come tradurreste l'iscrizione che si trova sul basamento : CAVE…
Ma non voglio chiedervi nulla ancora ! A domani, a domani !
Non una parola sulla Venere, oggi !
- Hai ragione, Peyrehorade, disse sua moglie, di lasciar perdere il tuo idolo; vedi che impedisci al signore di mangiare.
Ma, il signore avrà visto a Parigi delle ben più belle statue che la tua.
Alle Tuileries, ce ne stanno a dozzine, e in bronzo, pure.
- Ecco la santa ignoranza di provincia ! interruppe Peyrehorade.
Comparare un antico ammirevole alle piatte figure di Coustou !
Con che irriverenza parla degli déi, la mia massaia !
Sapete che mia moglie voleva fondere la statua e farne una campana per la nostra chiesa... e ne sarebbe stata la madrina.
Un capolavoro di Myron, signore !
- Capolavoro ! capolavoro ! bel capolavoro che ha fatto ! rompere la gamba di un uomo !
- Mia donna, vedete ? disse Peyrehorade con tono risoluto, tendendo verso di lei la sua gamba destra, se la Venere mi avesse rotto questa gamba, non lo rimpiangerei.
- Buon Dio ! Peyrehorade, come puoi dire ciò !
Fortunatamente l'uomo va meglio…
E ancora non posso guardare la statua che fa disgrazie come quella. Povero Jean Coll !
- Ferito da Venere, signò, disse Peyrehorade; rise sgangheratamente e ribadì : ferito da Venere, e si è pure lamentato.
Veneris nec praemia noris.
Chi non è stato ferito da Venere ?
Alphonse, capiva il francese meglio che il latino, e sbattè l'occhio con un'aria di intesa, e mi guardò come per domandarmi :
- E voi, che siete parigino, capite ?
La cena finì.
Era un'ora che non mangiavo più. ero stanco, e non potevo riuscire a nascondere i frequenti sbadigli che mi sfuggivano.
Madame De Peyrehorade lo notò per prima, e disse che era tempo di andare a dormire.
Allora iniziarono nuove scuse sul cattivo giaciglio che mi toccava.
Io non sarei stato come a Parigi. In provincia si sta così male !
Toccava avere dell'indulgenza per gli abitanti del Roussillon.
Avevo un bel protestare che, dopo una gita nelle montagne, anche un pagliericcio sarebbe stato un letto delizioso, mi pregavano di perdonar dei poveri campagnoli se non mi trattavano bene come l'avrebbero desiderato.
Io sali infine alla camera che mi era destinata, accompagnato da De Peyrehorade.
Lo scalone, i cui scalini migliori erano in legno, sbucava in mezzo a un corridoio, sul quale davano molte camere.
- A destra, disse il mio ospite, è l'appartamento che destine alla futura sposa di Alphonse.
La vostra camera è al capo del corridoio opposto.
Voi capite bene, aggiunse con un'aria che voleva rendere fine, capite bene che tocca isolare gli sposini.
Siete a un capo della casa, loro all'altro.
Entrammo in una camera ben ammobiliata, dove il primo oggetto che vidi fu un letto lungo sette piedi, largo sei, e cosi alto che serviva uno sgabello per arrivarci.
Il mio ospite mi indico la posizione del campanello, e si era assicurato lui stesso che la zuccheriera era pieno, e i flaconi di acqua di Colonia posti sul tavolo di toilette; e dopo avermi chiesto molte volte se nulla mi mancava, mi augurò una buona notte e mi lasciò solo.
Le finestre erano chiuse.
Prima di svestirmi, ne aprii una per respirare l'aria fresco della notte, delizioso dopo una lunga cena.
Di fronte c'era il Canigou, sempre di un aspetto stupendo, ma che mi parve quella sera la più bella montagna del mondo, illuminato che era da una luna risplendente.
Rimasi qualche minuto a contemplare la sua figura meravigliosa; stavo
per chiudere la finestra, quando, abbassando gli occhi, notai la statua, su un piedestallo a una ventina di tese dalla casa.
Era posta all'angolo di una siepe viva che separava un piccolo giardino di un vasto quadrato perfettamente tenuto, che, appresi più tardi, era il campo gioco dellapaumedella città.
Il terreno, proprietà di Peyrehorade, era stato ceduto da lui al comune, su sollicitazione di suo figlio.
A distanza, era difficile distinguere l'atteggiamento della statua; e non potevo giudicare che la sua altezza, che mi parve di sei piedi circa.
In quel istante, due bighelloni della città passavano accanto al campo della paume, abbastanza vicino alla siepe, fischiando.
Essi si fermarono per guardare la statua; uno di loro l'apostrofò pure ad alta voce.
Egli parlava catalano; ma ero nel Roussillon da abbastanza tempo per potere capire quasi quel che diceva.
- Eccoti qui, furbetta ! (Il termine catalano era più energico.) eccoti ! diceva.
E' tu che ci ha rotto la gamba a Jean Coll ! per me, ti romperei il collo.
- Bah ! con cosa ? disse l'altro. è di bronzo, e così dura che Étienne ha rotto la sua lima sopra.
E' del bronzo del tempo dei pagani; è più duro che non so che.
- Se avevo la mia tenaglia (pare che era un ragazzo fabbro), le ci farei tosto saltar via quei grandi occhi bianchi, come si toglie una mandorla dal guscio. Ci stanno più di cento soldi d'argento.
Essi fecero qualche passo e se ne andarono.
- Bisogna che dico buonasera all'idolo, disse il più grande dei ragazzi, fermandosi di botto.
Si abbassò, e probabilmente raccolse una pietra.
Io lo vidi tendere il braccio, lanciare qualcosa, e subito un colpo sonoro risuonò sul bronzo.
Al stesso istante il ragazzo portò la mano alla testa, lanciando un grido di dolore.
- Ella me l'ha respinta ! gridò.
E i miei due sfaccendati se la diedero a gambe.
Era evidente che la pietra era rimbalzata sul metallo, e aveva punito lo
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