La Sciamana Ungherese
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La Sciamana Ungherese , livre ebook

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Description

La storia, divisa sostanzialmente in due parti, narra di come la sorte di due gemelli molto affiatati fra loro, Nitram il maschio e Nima la femmina, sia strettamente legata ad una favola che la nonna paterna ha lasciato loro in eredità da bambini. La vicenda si apre con il tentato stupro di quest’ultima, Julia, una donna ungherese che in seguito si scoprirà incarnare la figura leggendaria del Táltos, una sorta di sciamano che si discosta da quelli d’America per avere avuto un contatto diretto con le divinità prima di venire al mondo. Nel corso della prima parte, la descrizione delle personalità dei fratelli, unitamente a cenni relativi all’infanzia vissuta dai due, è intervallata da una fiaba dai tratti mitologici intitolata “La Figlia della Morte”, che a sua volta spiega come il Tempo, la Morte, la Fortuna e il Destino descritti come Dei, regolino le esistenze dei mortali. La seconda parte, descritta al presente e in prima persona, comincia con un’aggressione volta ad uccidere Nima per mano di una banda di criminali ungheresi. Questa ragazza di venticinque anni, inconsapevole di essere preposta a consentire la rinascita del Táltos attraverso un figlio da lei concepito, malgrado il suo scetticismo dovrà fuggire in Croazia per sottrarsi ad un folto gruppo di malviventi superstiziosi che ne esigerebbero la testa. Nella fattoria dei nonni paterni, alle porte di Zagabria, Nima e Nitram conosceranno il fantasma di Julia, la quale, a sua volta, spingerà la nipote a dare una direzione alla propria vita. I due fratelli, dunque, addestrati a combattere per affrontare lo scontro finale con i loro sanguinari avversari, tra varie peripezie, appureranno che il loro destino, fin da bambini, consiste nel superare i drammi del passato per dare così senso al loro presente.

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Informations

Publié par
Date de parution 30 septembre 2015
Nombre de lectures 0
EAN13 9782332979889
Langue Français

Informations légales : prix de location à la page 0,0060€. Cette information est donnée uniquement à titre indicatif conformément à la législation en vigueur.

Extrait

Couverture
Copyright













Cet ouvrage a été composé par Edilivre
175, boulevard Anatole France – 93200 Saint-Denis
Tél. : 01 41 62 14 40 – Fax : 01 41 62 14 50
Mail : client@edilivre.com
www.edilivre.com

Tous droits de reproduction, d’adaptation et de traduction,
intégrale ou partielle réservés pour tous pays.

ISBN numérique : 978-2-332-97986-5

© Edilivre, 2015
La Sciamana Ungherese
 
T utti hanno una storia da raccontare. Se c’è una cosa che ho imparato crescendo, è che le persone libere non hanno paura, che le storie davvero interessanti sono quelle più fedeli alla realtà. Non so con esattezza come andarono i fatti, ma ciò che avvenne quel pomeriggio di un giorno qualunque d’estate non cambia la sostanza di quanto fu, perché questa è la storia vera di una donna che non aveva paura. Una giovane donna cammina in un prato verde, sovrastato da un cielo chiaro che nasconde un sole pallido, una sfera sbiadita in attesa che grandi nuvole la costringano a tramontare per tingersi di rosa. Il vento muove l’erba, la ragazza si passa un dito dietro l’orecchio per fermare i capelli che le continuano a solleticare il viso. Il cavallo fulvo sbatte la coda a destra e a sinistra; la mucca e un modesto gregge di pecore sono intente a brucare mentre lei, con lo sguardo vacuo che si perde nella distesa infinita della campagna, pensa ai fatti suoi. Forse ha fame, oppure è stanca e allora si porta una mano alla bocca per nascondere uno sbadiglio. Soprattutto non le importa niente di ciò che fa, di essere lì ad aspettare la sera. È annoiata e cerca tra i suoi pensieri di trattenerne uno che l’aiuti a dimenticare quanto il tempo scorra lentamente. Probabilmente a cena avrebbe mangiato pollo, il suo piatto preferito; almeno una volta al mese la sua famiglia si concedeva il lusso di un pasto a base di carne. Al mattino, prima di uscire di casa, sua madre si era affacciata alla porta per annunciare sorridente una sorpresa per lei. Un dono indispensabile e non superfluo, attraverso il quale chi non ha pretese impacchetta la propria genuina tenerezza. Un pollo saporito. La parte che si aggiudicava avidamente non appena la casseruola appariva fumante sulla tovaglia era il dorso, la zona del collo ricca di piccole ossa da rosicchiare. Con la mente ne assapora già il gusto, quando qualcuno l’afferra per una ciocca di capelli strappandola così alle sue fantasie. Lei emette un lamento di dolore senza capire, s’immagina sia il padre in procinto di rimproverarla per qualcosa. Nell’attimo in cui la disattenzione viene interrotta dallo spavento, cerca di dimenarsi. Le sue dita annaspano nel vuoto per sfiorare quelle che la trattengono dietro di lei, ma prima di riuscire a toccarle riconosce il suo aggressore. Non è suo padre: è un uomo alto, corpulento, con una grande testa coperta da un cappello di paglia sgualcito. Un contadino che indossa una maglia ocra, bagnata di sudore e macchiata da cerchi violacei nelle maniche. Odora di zuppa e alcol. L’aveva visto al mercato, tre o quattro volte. Aveva udito frasi oscene schizzarle addosso come fango, ogni volta che passava accanto al suo banco di meloni e angurie sbattendo i piedi al suolo per far tuonare i passi. Parole che l’avevano fatta trasalire d’odio e resa consapevole che, presto o tardi, avrebbe avuto il coraggio di tirargli uno di quei meloni. <Ho desiderato tanto rimanere solo con te,> sussurra l’uomo ansimando<e ora ti darò una bella lezione, ragazzina.>. Lei si guarda intorno e non vede nulla, solo piante silenziose. Si convince però che riuscirà a scappare, perché anche se è un uomo, anche se è forte, arriverà il momento in cui allenterà la presa permettendole di strappare il suo corpo via da lui. Le sue mani delicate premono ora contro il petto che le sta di fronte per allontanarlo; fa leva sulle gambe spingendo in avanti il peso. <Stai ferma!>, l’ammonisce l’uomo tra i denti:<Cosa credi di fare… Vuoi che ti faccia male, stupida carogna?>. Mi ucciderà?, chiede a sé stessa, mi stuprerà e mi ammazzerà? Il contadino solleva il braccio per colpirla. L’osso del suo gomito le sfiora il naso e lei si ritrae facendo una smorfia di disgusto. Quando il dorso della mano di lui le colpisce la guancia con la violenza necessaria a farla cadere, la ragazza sente un fischio all’orecchio che le brucia. Si disse poi che quella minuta ragazza di appena sedici anni non pianse, che i suoi occhi neri cominciarono a brillare di una luce sinistra che le accese un’espressione di follia sul volto. Finalmente l’occasione che aspettava. Lì, stesa sull’erba fresca, l’angoscia era scomparsa. Il terrore era stato cancellato come se quello schiaffo le avesse colpito l’anima e, d’un tratto, avesse compreso con lucidità di non avere più nulla da perdere. Avrebbe voluto consentire alla rabbia che l’orgoglio ferito le aveva fatto scoppiare dentro di esplodere, come un boato che annuncia un’incombente calamità naturale. Dunque, la ragazza, inspira a pieni polmoni l’aria intrisa del profumo della terra umida, come qualcuno che sta per tuffarsi sott’acqua e ha bisogno di fare scorta d’ossigeno. Si volta accennando un sorriso. L’uomo sgrana gli occhi sorpreso e cambia atteggiamento: <Ah, allora è questo che volevi,> esclama compiaciuto<è così che vuoi essere presa!>. Lei si rimette in piedi, si passa una mano sul vestito blu dando qualche pacca sulla gonna per cancellare i segni della caduta. Si avvicina all’uomo che la tira a sé, lasciandosi trasportare mollemente verso di lui e l’osserva senza distogliere lo sguardo. Nota che l’uomo ha gli zigomi arrossati, che intorno alla barba incolta e rossiccia si apre una bocca sdentata e decide che, per nulla al mondo, si farà sfiorare da quelle labbra. Gli slaccia la cintura di cuoio, lui parla di cose che lei ha smesso di ascoltare, e, quando resta incredulo in mutande con i pantaloni aggrovigliati sulle caviglie così legate da uno spesso laccio di stoffa, la ragazza si scansa indicando tra loro uno spazio invisibile che possa consentirle di spogliarsi. L’uomo la fissa intontito dall’incalzare degli eventi, lei passa le dita sui bottoni del suo stesso abito indugiando su uno di questi e, in un secondo che cambierà la sua vita per sempre, gli sferra un potente calcio in mezzo alle gambe. L’uomo urla, si accascia, geme rotolando su sé stesso con le mani premute tra le cosce. Lei trema ma non fugge. Cerca di calmarsi, di intrappolare le emozioni assimilandole alla consapevolezza che il pericolo è svanito, come il calore della pelle offesa dalla botta ruvida. Non vuole mostrare debolezza. Fruga nella tasca del grembiule per sfilare la sigaretta senza filtro che ha sottratto al padre di nascosto, cosa che fa abitualmente quando porta gli animali a pascolare. Anche se c’è vento, prova ad accenderla senza voltare le spalle all’uomo che piange. L’accende e respira. Soffiando fuori il fumo, muove la testa di lato in direzione dell’uomo agonizzante, con quel fare compassionevole che si assume quando ci si appresta ad ascoltare un bimbo. Quindi alza il mento verso un punto indefinito sopra la schiena curva di lui e, riacquistando padronanza di sé, comincia a parlare. <Da dove vengo io le donne non si fanno piegare dagli uomini, lo sapevi questo? No, certo che no, cosa vuoi che sappia una bestia ignorante come te.>. Aspira un’altra boccata di sigaretta e, mentre l’uomo perde la saliva a getti che cola su poche margherite bianche, prosegue: <Vedi, quando mio padre ammazza un maiale non voglio assistere perché altrimenti non mangio. A volte però, posso sentire le grida dei porci: sono come le tue, ma per loro ho pena. Loro servono a qualcosa. È meglio per te sparire, perché se mio padre saprà cosa hai fatto verrà a cercarti insieme alla mia gente.>. Julia, questo è il suo nome, si accorge che le gambe del contadino vibrano come fossero percorse da scosse elettriche, allora s’interrompe. Scaglia la sigaretta sulla fine di quella ingiustificata brutalità, e se ne va. Quando si trova vicina al cavallo, vede in lontananza l’uomo immobile, steso inerme a pancia in giù, e un macabro presentimento la turba nuovamente, proprio mentre la disperazione sembrava essersi dissolta come i colori del cielo. L’uomo morì, d’infarto si disse, e Julia era mia nonna. Questo è quanto so in merito alla vicenda, o almeno è la versione più plausibile. Qualcuno disse che, in realtà, fu proprio il cavallo di Julia a salvarla, che corse al galoppo in suo soccorso schiacciando il contadino con gli zoccoli. Altri dicono che furono i lupi a sbranarlo, perché la nonna, loro amica, sapeva comunicare con gli animali e li chiamò. Comunque mi sono sempre parse teorie poco convincenti, più orientate a sminuire quella tragedia attraverso un tocco di poesia che altro. Tuttavia, in quali modalità Julia e i suoi genitori furono informati della morte dell’aggressore, e come fu stabilita la sua fuga da Szeget verso Zagabria, non mi è stato detto. Forse maledissero quel giorno, e sicuramente piansero per la perdita dell’unica figlia costretta a partire senza il supporto del loro grande amore. Ma che avesse peccato questo no, perché aveva saputo difendersi con dignità e questo le sarebbe servito negli anni a venire. Immagino che la madre avvolse poche cose in una coperta arrotolata che mia nonna si mise sulle spalle; che le diedero i pochi risparmi custoditi nel fondo di un cassetto segreto, o di un vaso di fiori, e che l’abbracciarono con intensità dondolandosi al ritmo di una nenia d’addio. Un faticoso viaggio l’avrebbe attesa in cerca di rifugio da amici, amici di amici, e in ultimo un’anziana cugina della madre che si era stabilita a Zagabria alla nascita di Julia. Potrebbe essere partita nella fredda foschia dell’alba, dopo una notte insonne fatta di preparativi frettolosi che l’avrebbero separata da quanto di più caro conosceva. Forse si domandò quale oscura maledizione si fosse abbattuta sulla sua esistenza di ragazza semplice, e il suo avvenire le parve buio e desolato come il viale polvero

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