PROPOSTA DI LEGGE "TFR in busta e prestito del lavoro" L ...
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PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE AI SENSI DELL’ARTICOLO 71, SECONDO COMMA, DELLA COSTITUZIONE E IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE 25 MAGGIO 1970, N. 352 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI "TFR in busta e prestito del lavoro" L'economia italiana ha bisogno di misure innovative, in grado di rilanciare lo sviluppo in maniera effettiva e non "per proclami". Occorre, in particolare, fare leva sulla "componente lavoro", quella in maggiore sofferenza e sulle PMI, ossatura tradizionale dell'economia italiana, ad "alta densità" sia di lavoro dipendente che di lavoro autonomo. Da un punto di vista più generale, la riconciliazione di questi due tipi di lavoro, suddivisi sul piano ideologico a causa della questione fiscale, ma contigui ed affini nello svolgimento concreto della produzione, è la vera scommessa del futuro. Detta riconciliazione unirebbe, infatti, le vere forze operanti sul territorio e supererebbe il "patto dei produttori" di vecchia memoria. Patto che, privilegiando grandi imprese e dipendenti privilegiati, si è in realtà rivelato come "patto di lobby" all'assalto della finanza pubblica, con ben scarso contributo effettivo al Pil e alla crescita.

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PROPOSTA DI LEGGE
DI INIZIATIVA POPOLARE
AI SENSI DELL’ARTICOLO 71, SECONDO COMMA, DELLA COSTITUZIONE
E IN APPLICAZIONE DELLA LEGGE 25 MAGGIO 1970, N. 352
E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI
"TFR in busta e prestito del lavoro"
L'economia italiana ha bisogno di misure innovative, in grado di rilanciare lo sviluppo in maniera
effettiva e non "per proclami". Occorre, in particolare, fare leva sulla "componente lavoro", quella
in maggiore sofferenza e sulle PMI, ossatura tradizionale dell'economia italiana, ad "alta densità"
sia di lavoro dipendente che di lavoro autonomo. Da un punto di vista più generale, la
riconciliazione di questi due tipi di lavoro, suddivisi sul piano ideologico a causa della questione
fiscale, ma contigui ed affini nello svolgimento concreto della produzione, è la vera scommessa del
futuro. Detta riconciliazione unirebbe, infatti, le vere forze operanti sul territorio e supererebbe il
"patto dei produttori" di vecchia memoria. Patto che, privilegiando grandi imprese e dipendenti
privilegiati, si è in realtà rivelato come "patto di lobby" all'assalto della finanza pubblica, con ben
scarso contributo effettivo al Pil e alla crescita.
E' sempre più evidente che la competitività dell'economia italiana non è un problema "a base
offerta": le retribuzioni lorde sono tra le più basse d'Europa; i prezzi dell'export non sono
comparativamente alti, come dimostra in via definitiva la circostanza che l'unica componente della
domanda che sta tornando ai livelli pre-2008 sono le esportazioni. Ciò che manca veramente è la
domanda, in particolare quella di beni di consumo, che è stagnante dal 1993 (inizio grandi manovre
"Salva Italia") e sta muovendosi nel segno meno oggi, ed ancora di più in prospettiva, per il grande
aumento dell'Iva previsto a decorrere dall'ottobre 2012.
I consumi privati trainano la domanda
globale, dato che ne rappresentano circa il 60%..
Un aumento sostenuto dei consumi privati,
assieme a quello già in atto delle esportazioni, non può che rilanciare anche gli investimenti,
mettendo così in moto la crescita di lungo periodo, accanto a quella di breve periodo. L'aumento
della domanda, in
presenza dell'attuale ampia capacità produttiva inutilizzata, non genera
inflazione, come temono invece ingiustificatamente in molti (in gran parte gli stessi che erano
convinti che l'immissione massiccia di moneta nel sistema economico si sarebbe tradotta in
aumento dei prezzi, e sono stati smentiti clamorosamente dai fatti).
Anzi, siccome l'aumento di
domanda in questa situazione genera un aumento della produzione, per cui è possibile spalmare i
costi fissi su volumi di output maggiori, si abbassano i costi medi e dunque aumenta la produttività,
con possibile ulteriore propulsione delle esportazioni.
Così sì chiude il circolo virtuoso consumi -
investimenti -esportazioni - maggiori redditi - nuovi consumi da maggiori redditi - nuovi
investimenti - nuove esportazioni, ecc.
Per rilanciare la domanda di consumi, l'Italia dispone di uno strumento su cui gli altri paesi non
possono far conto:
l'inclusione del nuovo Tfr in busta paga.
Tale misura è in grado di rilanciare i
consumi senza fare ricorso al deficit spending, anzi riducendo il deficit, come si mostra nella
relazione tecnica. Il passaggio del Tfr in busta paga si può abbinare ad un'idea nuova:
il prestito
del lavoro, ovvero il prestito a base capitale umano.
Ovviamente il prestito sarebbe destinato alle
imprese, che è il luogo dove si forma gran parte
del capitale umano. Tecnicamente, esso sarebbe gestito da Inps, Cassa depositi e prestiti, Banche
disposte a finanziare la produzione, anziché la speculazione. Per le imprese il costo del lavoro
resterebbe inalterato.
Si potrebbe abbassare invece il costo del finanziamento della produzione, con
ulteriori vantaggi competitivi.
Infine, sfruttando la nuova situazione che si viene a creare sul fronte
della contribuzione,
si potrebbe aprire la strada della previdenza integrativa presso l'Inps:
rafforzando il bilancio previdenziale e quello pubblico; ampliando il menù di scelte di protezione
dei lavoratori; aprendo la via ad una profonda riforma del welfar,e che non ne comporti la
compressione.
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