Da Atene alla Daunia : ceramica ed acculturazione - article ; n°2 ; vol.103, pg 443-455
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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité - Année 1991 - Volume 103 - Numéro 2 - Pages 443-455
Angelo Bottini, Da Atene alla Daunia: ceramica ed acculturazione, p. 443-455. Lo studio prende spunto da una riconsiderazione del complesso di ceramiche indigene facenti parte di due corredi gemelli rinvenuti negli anni '60 nei pressi di Melfi (PZ), relativi ad una coppia di personaggi di rango molto elevato vissuti nel corso del V sec. a.C. Accanto alle serie di vasi in cui si awerte lo sforzo di avvicinarsi alla contemporanea produzione greca di carattere artigianale, spicca un piccolo nucleo di pezzi in cui è invece operante il desiderio di preservare taluni dei tratti caratteristici della tradizione ceramografica italica. Fra di essi è di particolare importanza un'olla decorata anche da una fascia a palmette e girali «animati» dalla presenza di figure di uccelli. A giudicare dal confronto con le sime dell'Heraion di Argo di produzione (v. rétro) attica, si tratta di un caso di trasmissione di modelli iconografici, avvenuto nel quadro delle produzioni «speciali» destinate alle élites dominanti i vari centri indigeni, avvicinabile ad altri sui quali occorrerà svolgere in futuro un'analisi più approfondita.
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Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

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Publié le 01 janvier 1991
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Langue Italiano

Extrait

Angelo Bottini
Da Atene alla Daunia : ceramica ed acculturazione
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 103, N°2. 1991. pp. 443-455.
Riassunto
Angelo Bottini, Da Atene alla Daunia: ceramica ed acculturazione, p. 443-455.
Lo studio prende spunto da una riconsiderazione del complesso di ceramiche indigene facenti parte di due corredi gemelli
rinvenuti negli anni '60 nei pressi di Melfi (PZ), relativi ad una coppia di personaggi di rango molto elevato vissuti nel corso del V
sec. a.C.
Accanto alle serie di vasi in cui si avverte lo sforzo di avvicinarsi alla contemporanea produzione greca di carattere artigianale,
spicca un piccolo nucleo di pezzi in cui è invece operante il desiderio di preservare taluni dei tratti caratteristici della tradizione
ceramografica italica.
Fra di essi è di particolare importanza un'olla decorata anche da una fascia a palmette e girali «animati» dalla presenza di figure
di uccelli. A giudicare dal confronto con le sime dell'Heraion di Argo di produzione
(v. retro) attica, si tratta di un caso di trasmissione di modelli iconografici, avvenuto nel quadro delle produzioni «speciali»
destinate alle élites dominanti i vari centri indigeni, avvicinabile ad altri sui quali occorrerà svolgere in futuro un'analisi più
approfondita.
Citer ce document / Cite this document :
Bottini Angelo. Da Atene alla Daunia : ceramica ed acculturazione. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité T. 103,
N°2. 1991. pp. 443-455.
doi : 10.3406/mefr.1991.1724
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5102_1991_num_103_2_1724ANGELO BOTTINI
DA ATENE ALLA DAUNIA :
CERAMICA ED ACCULTURAZIONE *
Fra gli studiosi di cose della Magna Grecia, il complesso tombale
femminile n. 48 della necropoli di loc. Pisciolo di Melfi gode d'indubbia
notorietà.
Peculiare - al pari del corredo della gemella maschile n. 43 -1 per
rituale, presenza di «beni di prestigio» (in ispecie monili preziosi) esso è
senza dubbio uno degli esempi più evidenti e significativi di quel partico
lare aspetto che l'ideologia funeraria di tipo «principesco» assume in età
tardo-arcaica presso le compagini italiche, in relazione a personaggi dotat
i di un rango che non sembra esagerato definire regale2.
La parte più cospicua del corredo è purtuttavia rappresentata dal
complesso delle ceramiche di fabbrica indigena; un'ampia serie di vasi
sui quali non ci si è finora molto soffermati, senz'altro anche per via del
loro aspetto, nel complesso ben poco invitante 3.
In effetti, il periodo che essi documentano nella lunga vicenda delle
produzioni italiche non è certo fra i più felici; osservandone i frutti si ha
chiara la percezione di un distacco sempre più marcato ed incolmabile
nei confronti della tradizione arcaica, fatta ovunque di forme elaborate e
di schemi decorativi complessi, dalla forte caratterizzazione cantonale.
In apparenza (occorre infatti ammettere la nostra scarsa conoscenza
delle ragioni e spesso anche degli stessi meccanismi di questi mutamenti),
* N.b. : Popoli = Popoli anellenici in Basilicata (cat. mostra, Potenza 1971),
Napoli [, 1971].
1 Presentazione dei complessi in Popoli, p. 120 sq.; D. Adamesteanu, La Basilica
ta antica, storia e monumenti, Cava d.T., 1974, p. 167 sq.
2 A. Bottini, // mondo indigeno nel V secolo a.C. - Due studi, in Bollettino stori
co Basilicata, 5, 1989, p. 161 sq.; Id., relazione al convegno italo-spagnolo tenutosi a
Elche nell'ottobre '89 (in corso di stampa).
3 Opportune le acute osservazioni di N. J. Spivey, in Un artista etrusco e il suo
mondo = il pittore di Micali (cat. mostra, Roma, 1988), Roma, 1988, p. 11.
MEFRA - 103 - 1991 - 2, p. 443-455. 30 ANGELO BOTTINI 444
gli artigiani indigeni del V sec. sembrano muoversi sotto la spinta incal
zante della diffusione del vasellame greco, specie quello funzionale al
costume simposiaco, inseguendone la concorrenza (dispiacerà forse il te
rmine, ma è quello che meglio descrive i rapporti reciproci, al di là dei
possibili nessi economici) sul terreno a loro poco congeniale degli stan
dards qualitativi tipici della produzione « di serie » ottenuta con mezzi tec
nologici superiori : linearità elegante delle forme, accuratezza nei pur
ridotti elementi decorativi, politezza dell'aspetto finale.
Su fogge d'imitazione greca ο che sono una chiara semplificazione di
quelle più antiche, tendono così a prevalere i partiti ornamentali «a ban
de e onde» ereditati dallo stile «ionico» del secolo precedente, ottenuti in
modo rapido, sfruttando la rotazione del tornio, ο la verniciatura ad
immersione capace di conferire al vaso una caratteristica coloritura bru
no-rossastra che arieggia le «vernici nere» attiche, ο ancora una combinaz
ione di entrambe le tecniche.
Del resto, è questa l'epoca che vede, almeno nell'area daunia, l'avvìo
della produzione di una caratteristica classe di ceramica a vernice bianca
lucente che palesemente imita il prezioso quanto raro vasellame da mens
a in argento4.
Dei 47 vasi indigeni (oltre la grande olla per derrate) inclusi nel cor
redo della tomba in esame, ben 42 sono dunque espressione di quella che
potremmo definire come la tendenza prevalente, resa ancor più monoto
na proprio da una propensione all'allestimento di vasti «servizi» (da mens
a ο cerimoniali), evidente nei corredi tombali di maggior rilievo.
Nel nostro caso si possono così contare 27 fra brocche e brocchette
analoghe, decorate «a bande» ο verniciate in bruno.
I restanti cinque vasi (forse non a caso estranei alla logica funzionale
più stretta) sono invece indicativi di un altro indirizzo produttivo, import
ante ma in proporzione assai meno diffuso.
A quanto sembra, quest'ultimo è orientato - in modo più ο meno con
sapevole - da un lato a perpetuare quella parte del retaggio indigeno che
riguarda le forme vascolari più caratteristiche, dall'altro, ad indirizzare
l'adesione ai modelli greci al di fuori della serialità più stretta, sia nel
4 Cfr. le osservazioni sulla classe di Μ. Ρ. Fresa, in Forentum II, Venosa, 1991,
p. 72 sq. Sulla volontà di imitare la produzione in argento non vi sono elementi di
dubbio; si tratta dunque di un fatto che rafforza la posizione di chi, nella recente
disputa circa l'aspetto dell'argento, sostiene la tesi tradizionale (R. M. Cook, in JHS,
107, 1987, p. 169 sq.; J. Boardman, in RA, 1987, 2, p. 279 sq.; C. Rolley, ibid.,
p. 356) contro l'ipotesi di un voluto annerimento di questo metallo prezioso (cfr. ad
es. M. ViCKERS in JHS, 105, 1985, p. 108 sq.). DA ATENE ALLA DAUNIA : CERAMICA ED ACCULTURAZIONE 445
campo dei motivi ornamentali5 sia in quello delle fogge stesse della pro
duzione ceramica.
Nel corredo che stiamo analizzando sono dunque inclusi ancora : due
olle quadriansate (o se si preferisce, nestorides), espressione caratteristica
dell'area «nord-lucana»6, effettivamente destinata a sopravvivere anche
nel corso del IV sec, si direbbe - a giudicare da talune scene vascolari
italiote - in rapporto a rituali libatori7, un piccolo thymiaterion, ripropo
sizione sic et simpliciter di una foggia cerimoniale entrata a far parte del
la produzione locale sino all'età arcaica8, un kalathos (trasparente marca-
segno della condizione femminile)9, ed infine l'olla biansata rituale, pre
senza ineliminabile nei contesti funerari dauni. Nel caso specifico di que
sta coppia di tombe, per le quali è stato adottato un rituale del tutto parti
colare, si tratta dell'unico vaso destinato ad accompagnare direttamente il
corpo dell'inumato, mentre il resto del corredo d'accompagno ha trovato
posto in una grande fossa « ripostiglio » adiacente la cassa.
Per quanto di origine e funzione molto diversa, gli ultimi due vasi
sono accomunati in modo più stretto dal tipo di decorazione, incentrata
su motivi tratti dal più schietto repertorio greco.
Essi attestano dunque il progressivo sviluppo di un gusto per gli
ornati di carattere geometrizzanti e soprattutto fitomorfi entrati in uso -
a quanto ne sappiamo - verso i primi del V sec. e destinati poi a larga
po' dovunque nel mondo italico del secolo seguente. diffusione un
Sebbene di realizzazione piuttosto corsiva, il kalathos è senz'altro il
pezzo che può essere inquadrato con maggior facilità, dal momento che
trova possibilità di confronto nelle realizzazioni dell'intero territorio apul
o, al di là di quella canonica divisione cantonale che tende ad avere un
5 Si tratta di un fenomeno che in aree particolarmente sensibili all'influsso gre
co si estende all'acquisizione di apparati decorativi di tipo figurativo, nella ceramog
rafia come nella pittura parietale : A. Bottini, in Popoli e civiltà dell'Italia antica,
Roma, 1988, p. 212 sq.; F. D'Andria Messapi e Peuceti, in AA.VV., Italia omnium
terrarum alumna, Milano, 1988, p. 653 sq.
6 Sulla forma A. Bottini, in NSc, 1981, p. 183 sq.;

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