Immigrazione e morfologia urbana nella Toscana bassomedievale - article ; n°1 ; vol.122, pg 87-105
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Publications de l'École française de Rome - Année 1989 - Volume 122 - Numéro 1 - Pages 87-105
Duccio Balestracci, Immigrazione e morfologia urbana nella Toscana bassomedievale, p. 87-106.
A partire dall'XI-XII secolo un forte flusso di immigrazione caratterizza tutte le città della Toscana. Per far fronte alle nuove esigenze i giovani comuni si attrezzano, non solo procedendo ad allargare la cinta muraria, ma in più di un'occasione anche regolamentando « urbanisticamente » l'afflusso degli immigrati. Nascono così alcuni « segni » urbanistici della presenza dei nuovi cittadini che in certe occasioni si sostanziano nella predisposizione di parti della città destinate ad accoglierli : i comuni cittadini programmano, in certi casi, infatti le zone di sviluppo, le lottizzano e ne gestiscono direttamente le fasi di edificazione.
La città degli immigrati si caratterizza, così, per queste nuove aree urbane ma anche per il concentrarsi dei nuovi venuti in zone non programmate ma ugualmente significative della città. Una parte dell'immigrazione, infatti, si aggrega su criteri liberamente scelti sulla base di solidarietà indotte dalla comune provenienza ο dal comune mestiere esercitato.
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Publié le 01 janvier 1989
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Langue Romanian
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Extrait

Duccio Balestracci
Immigrazione e morfologia urbana nella Toscana
bassomedievale
In: D'une ville à l'autre. Structures matérielles et organisation de l'espace dans les villes européennes (XIIIe-XVIe
siècle). Actes du colloque de Rome (1er-4 décembre 1986). Rome : École Française de Rome, 1989. pp. 87-105.
(Publications de l'École française de Rome, 122)
Riassunto
Duccio Balestracci, Immigrazione e morfologia urbana nella Toscana bassomedievale, p. 87-106.
A partire dall'XI-XII secolo un forte flusso di immigrazione caratterizza tutte le città della Toscana. Per far fronte alle nuove
esigenze i giovani comuni si attrezzano, non solo procedendo ad allargare la cinta muraria, ma in più di un'occasione anche
regolamentando « urbanisticamente » l'afflusso degli immigrati. Nascono così alcuni « segni » urbanistici della presenza dei
nuovi cittadini che in certe occasioni si sostanziano nella predisposizione di parti della città destinate ad accoglierli : i comuni
cittadini programmano, in certi casi, infatti le zone di sviluppo, le lottizzano e ne gestiscono direttamente le fasi di edificazione.
La città degli immigrati si caratterizza, così, per queste nuove aree urbane ma anche per il concentrarsi dei nuovi venuti in zone
non programmate ma ugualmente significative della città. Una parte dell'immigrazione, infatti, si aggrega su criteri liberamente
scelti sulla base di solidarietà indotte dalla comune provenienza ο dal comune mestiere esercitato.
Citer ce document / Cite this document :
Balestracci Duccio. Immigrazione e morfologia urbana nella Toscana bassomedievale. In: D'une ville à l'autre. Structures
matérielles et organisation de l'espace dans les villes européennes (XIIIe-XVIe siècle). Actes du colloque de Rome (1er-4
décembre 1986). Rome : École Française de Rome, 1989. pp. 87-105. (Publications de l'École française de Rome, 122)
http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1989_act_122_1_4591DUCCIO BALESTRACCI
IMMIGRAZIONE E MORFOLOGIA URBANA
NELLA TOSCANA BASSOMEDIEVALE
Alla fine dell'XI secolo Pisa triplica la sua superficie urbana e, da
un'area edificata di 30 ettari, passa ad un'altra che ne copre 1141. Più ο
meno nello stesso periodo i conti Alberti del castello di Prato incentiva
no l'afflusso dalla campagna cedendo aree edificabili in cambio di un
rapporto di fidelitas di tipo vassallatico feudale2. Nel 1194 Arezzo allar
ga sensibilmente la cerchia muraria per accogliere i nuovi cittadini3, ed
all'inizio del '200 la popolazione fiorentina (rimpinguata sensibilmente
dai sempre più numerosi esponenti del ceto benestante rurale) scavalca
ormai la cinta del XII secolo dando vita ad una serie di nuovi borghi4.
Le città della Toscana, insomma, come sta accadendo un po' dap
pertutto, conoscono una nuova stagione : la loro popolazione è in cre
scita e fra le ragioni di questa crescita c'è, appunto, il sempre più mar
cato flusso migratorio.
Tra la metà e la fine del '200 questo fenomeno presenta, anzi,
aspetti talmente macroscopici da indurre i comuni ad un ulteriore ade
guamento del circuito murario urbano. Prato, in questo periodo, pro
getta il secondo perimetro5, e San Gimignano passa da una cinta di
1108 metri (della fine del X secolo) ad un'altra di metà '200 che ne
misura 21766 sull'ondata di un flusso migratorio che si impenna, tra
l'altro, quando Firenze distrugge Semifonte7.
1 D. Herlihy, Pisa nel Duecento. Vita economica e sociale d'una città italiana nel
medioevo, tr. it., Pisa, 1973, p. 69.
2 E. Fiumi, Demografia, movimento urbanistico e classi sociali in Prato dall'età comun
ale ai tempi moderni, Firenze, 1968, p. 12.
3 V. Franchetti Pardo, Arezzo, Bari, 1986, p. 63-64.
4 G. Fanelli, Firenze, Bari, 1980, p. 35.
5 E. Fiumi, Demografia, movimento urbanistico e classi sociali in Prato, cit., p. 24.
6 E. Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze, 1961, p. 151.
7 Ibidem, p. 154 e si veda anche R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Flo
renz, Berlino, 1896-1908, Π, η. 5. DUCCIO BALESTRACCI 88
Firenze, fra la fine del '200 e l'inizio del secolo successivo, mette
mano alla sua sesta cerchia, lunga 8500 metri, che racchiude, con i suoi
430 ettari, un'area urbana quintuplicata rispetto a quella precedente8.
E cerca, nel contempo, di risolvere i pressanti problemi nelle zone di
nuovo sviluppo (soprattutto a nord) dove (sono) «multi, maxime de
comitatu coacti emere casolaria iuxta viam tunc noviter missam extra
muros et foveas civitatis, et habentes terrena iuxta ipsa casolaria ea
occupaverint et terminos avulserint, unde multe questiones oriuntur»9.
«Maxime de comitatu», del resto, sono anche quelle persone che
affollano, nello stesso periodo, alcune zone di Pisa; come, ad esempio,
la zona intorno a S. Piero a Grado dove, si dice, la chiesa è usualmente
tanto affollata da risultare impraticabile10; ο come avviene nella par
rocchia di S. Cristoforo in Kinzica dove, su 117 persone registrate fra il
1272 e il 1274, ben il 53% è costituito da immigrati recenti11.
Sotto un identico impulso si allargano anche le mura senesi, una
prima volta tra la seconda metà del Millecento e l'inizio del '200, ed
una volta successiva a metà di questo secolo finendo per recingere
un'area che è più che doppia rispetto a quella precedente.
A dirigere la nuova espansione è, prima di tutti, il comune : il
comune fiorentino, ad esempio, che a metà '200 costringe i comitatini
inurbati ad acquistare lotti edificabili nelle zone di nuova espansione.
Ma il comune non è solo. Nella stessa Firenze e nello stesso periodo
è possibile imbattersi in analoghe iniziative del vescovo12 e degli ordini
minori che - nel calcolato tentativo di accrescere la popolazione intor
no ai propri conventi e, nel contempo, le proprie entrate - acquistano a
man bassa lotti edificabili nelle zone soggette ad inurbamento13.
8 G. Fanelli, Firenze cit., p. 35.
9 E. Sznura, L'espansione urbana di Firenze nel Dugento, près, di Elio Conti, Firenze,
1975, p. 61.
10 D. Herlihy, Pisa cit., p. 70.
11 Ibidem, p. 225 e ssg.
12 F. Sznura, L'espansione cit., p. 55-57.
13 Ibidem, p. 79-80. Una cosa del tutto analoga accade - per fare un paragone - a
Perugia con la costruzione delle nuove parrocchie nelle zone di espansione. Gli ordini
minori maschili, infatti, si insediano nei borghi e gli ordini femminili all'esterno di essi
(A. Grohmann, Città e territorio tra medioevo et età moderna (Perugia, secc. XIII-XVI),
Perugia, 1981, I, p. 39-40). Per il Vercellese, a sua volta, Franco Panerò evidenzia, in casi IMMIGRAZIONE E MORFOLOGIA URBANA NELLA TOSCANA BASSOMEDIEVALE 89
Che gli insediamenti dei nuovi inurbati siano in larga parte risulta
to di una riorganizzazione programmata, dunque, è un fatto ampia
mente accertato. Senza voler anacronisticamente retrodatare al Me
dioevo un concetto di progettazione applicabile ad epoche successive;
senza voler minimamente negare un certo grado (anche ampio) di auto
nomia di crescita e di sviluppo della città medievale14, non credo però
che ci sia chi è disposto a sottoscrivere in toto la teoria mumfordiana di
una città medievale che si accresce «di bisogno in bisogno, di occasione
in occasione»15.
Un controllo attento è ciò che costantemente si riscontra nelle fasi
di espansione dei principali centri toscani, i quali disciplinano il flusso
dell'inurbamento indirizzandolo (se non pure, a volte, costringendolo)
verso determinate parti della città anziché altre.
Va da sé che queste considerazioni non riguardano affatto l'immi
grazione di aristocratici che segue criteri del tutto peculiari; che tende
a creare insediamenti di controllo su punti particolarmente nevralgici
della città (ponti, strade . . .); che da vita ad una morfologia urbana tut
ta particolare. E della quale - dico subito - non tratterò affatto poiché
costituisce argomento specifico di un'altra relazione di questo stesso
convegno.
I nuovi arrivati, dunque, si insediano talvolta lungo le direttrici di
collegamento con i propri luoghi di origine : è il caso di Arezzo nel XII
secolo 16, ad esempio, ed è altrettanto il caso di Firenze nella stessa epo-
del genere, una presenza contemporanea di forze signorili tanto laiche quanto ecclesiasti-
che nella pianificazione dei nuovi insediamenti (Popolamento e movimenti migratori nel
contado vercellese, nel Biellese e nella Valsesia (secoli X-XIII), in Strutture familiari, epide
mie, migrazioni nell'Italia medievale, a cura di R. Comba, G. Piccinni, G. Pinto, Napoli,
1984, p. 341).
14 Si vedano ad esempio le considerazioni di V. Franchetti Pardo, Storia dell'urbanis
tica dal Trecento al Quattrocento, Roma-Bari, 1982, p. 29.
15 L. Mumford, La città nella storia, tr. it., Milano, 1977, II, p. 383. Esempi di program
mazione della città in epoche anche precoci sono sintetizzati da V.

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