La politica delle acque urbane nell Italia comunale - article ; n°2 ; vol.104, pg 431-479
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Description

Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age - Année 1992 - Volume 104 - Numéro 2 - Pages 431-479
49 pages
Source : Persée ; Ministère de la jeunesse, de l’éducation nationale et de la recherche, Direction de l’enseignement supérieur, Sous-direction des bibliothèques et de la documentation.

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Publié par
Publié le 01 janvier 1992
Nombre de lectures 20
Langue Romanian
Poids de l'ouvrage 3 Mo

Extrait

Duccio Balestracci
La politica delle acque urbane nell'Italia comunale
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 104, N°2. 1992. pp. 431-479.
Riassunto
Duccio Balestracci, La politica della acque urbane nell'Italia comunale, p. 431-479.
Tra XI e XII secolo i comuni italiani dispiegano una strategia tesa ad acquisire nelle proprie mani i diritti sulle acque, detenuti a
vario titolo da enti religiosi, aristocratici e, soprattutto, vescovi che non di rado li hanno, a loro volta, ricevuti in delega dal potere
sovrano.
La politica delle città si accentua dalla fine del XII secolo, anche (ma non solo) in conseguenza delle concessioni imperiali di beni
fiscali sancite dalla pace di Costanza.
Nella politica di acquisizione, comunque, i comuni cercano, di norma, un compromesso con gli antichi detentori dei diritti e un
coinvolgimento di essi nella politica cittadina. Taie azione, comunque, non va esente in qualche caso da frizioni scontri
soprattutto quando si con trappone ai poteri acquisiti dai vescovi Con il consolidamento delle istituzioni comunali si intensifica
anche la politica sulle acque urbane che si traduce tanto in un potenziamento di infrastrutture scali mulini... quanto nella
creazione di magistrature delegate alle acque che in qualche caso come Venezia nel si con figurano come vere proprie
commissioni tecniche oltre che come orga nismi politici Una trasformazione sembra riscontrarsi con il passaggio dalle istitu zioni
comunali quelle signorili quando anche sulle acque sembra rece dere perdersi del tutto il concetto di pubblico che aveva
caratterizzato la politica comunale
Citer ce document / Cite this document :
Balestracci Duccio. La politica delle acque urbane nell'Italia comunale. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age,
Temps modernes T. 104, N°2. 1992. pp. 431-479.
doi : 10.3406/mefr.1992.3252
http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_1123-9883_1992_num_104_2_3252DUCCIO BALESTRACCI
LA POLITICA DELLE ACQUE URBANE
NELL'ITALIA COMUNALE
Arrigo Solmi aveva probabilmente ragione quando, nei suoi studi
all'inizio del nostro secolo, sosteneva che il diritto romano l'aveva avuta
vinta su quello longobardo perpetuando, anche in età precomunale, un
concetto di pubblicità delle acque che su altri soggetti era andato più ο
meno definitivamente perduto1.
Eppure, nonostante questa permanenza; nonostante che il risveglio
della vita economica spinga sovrani longobardi come Liutprando a ria
ffermare ο rioccupare, dove già perduti, i diritti pubblici sulle acque;
nonostante tutto questo, non si sfugge all'impressione che anche in que
sto settore della vita pubblica i diritti tendano sempre di più a patrimo-
nializzarsi ed a trasferirsi dai soggetti pubblici a soggetti privati. Già con
il regno di Astolfo, fa notare Racine2, si assiste ad un'inversione di ten
denza che tenderà ad accentuarsi con i sovrani carolingi del Regnum Ita-
liae, in direzione di quelle forme di allodialità del potere, come le defini-
1 Si veda in particolare il suo lavoro su Le diete imperiali di Roncaglia e la
navigazione del Po presso Piacenza, in Archivio storico per le province parmensi, n.s.,
X, 1910, p. 74-86. Il concetto è stato recentemente ribadito da Luisa Chiappa Mauri
in / mulini ad acqua nel Milanese (secolo X-XV), Città di Castello, 1984.
2 P. Racine, Poteri medievali e percorsi fluviali nell'Italia padana, in Quadern
i storici, n.s., XXI, 1986 (n. 61, Vie di comunicazione e potere, a cura di F. Far
inelli, A. Monti, G. Sergi), p. 11-12. La Padania è una delle regioni meglio stu
diate dal punto di vista della storia degli interventi sui corsi d'acqua. Nella
impossibilità di riportare tutta la bibliografia su questo argomento, si rinvia alle
nutazioni in merito di G. Fasoli, Navigazione fluviale. Ponti e navi sul Po, in La
navigazione mediterranea nell'alto medioevo. Atti della XXV settimana di studio
del Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, Spoleto 14-20 aprile 1977, Spole-
to, 1978, II, p. 569-570, un contributo che traccia, fra l'altro anche un sintetico e
chiarissimo quadro dell'esercizio dei poteri pubblici sulle acque della Padania in
età precomunale.
MEFRM - 104 - 1992 - 2, p. 431-479. 32 432 DUCCIO BALESTRACCI
see Tabacco3, che inseriscono anche i diritti sulle acque nel più generale
processo di disintegrazione del pubblico.
Per trasferimento sovrano ο per usurpazione4, dunque, nuovi sog
getti si inseriscono sulla giurisdizione sulle acque, svuotando sostanzia
lmente di significato l'originale diversificazione fra regalia maiora legate
al concetto di sovranità, come ad esempio per i fiumi navigabili, e regalia
minora, come i corsi d'acqua secondari e i mulini5. E se il più vistoso di
questi nuovi soggetti è senz'altro, come si dirà fra breve, il vescovo citt
adino che riunisce nelle sue mani - in questo e altri casi6 - diritti solo in
parte usurpati e nella maggior parte dei casi, invece, delegatigli dal sovra
no, non per questo il massimo rappresentante della Chiesa cittadina è
l'unico protagonista in questo senso. Enti ecclesiastici ed aristocrazia lai
ca, infatti, ο nascenti associazioni di mestiere si rivelano detentori, già nel
X secolo, di quei poteri sulle acque che dovrebbero spettare al solo sovra
no e che invece si trasferiscono nelle loro mani, stante la rudimentale
organizzazione amministrativa del Regnum e l'impossibilità da parte del
sovrano stesso a controllare interamente il territorio e i diritti su di
esso7, che si tratti delle acque pavesi e dei diritti che esercitano su di
esse i ministeria di pescatori e barcaiolio ο di quelle del Po sulle quali (già
a metà del IX secolo) i Cremonesi tentano (e per un certo tempo ci riesco
no) di affermare i diritti della comunità sulla navigazione organizzata con
3 G. Tabacco, L'allodialità del potere nel medioevo, in Studi medievali, 3a s.,
XI, 1970, p. 565-615.
4 La Chiappa Mauri, ad esempio, sostiene che anche sulle pubbliche acque
lombarde si riscontrano usurpazioni fra IX e X secolo quando, invece, almeno in
linea teorica, la loro utilizzazione avrebbe dovuto essere riservata a chi esercitava
diritti pubblici o, comunque, poteva disporre a tale scopo di una autorizzazione
regia (/ mulini, cit., p. 24).
5 L. Wodon, Le droit des eaux et des cours d'eau, Bruxelles, 1874, p. 177, ripre
so anche da C. Dussaix, Les moulins à Reggio d'Emile aux XIIe et XIIIe siècles, in
MEFRM, 91, 1979, p. 118n.
6 Si vedano ad esempio il diritto di battere moneta trasferito dal sovrano al
vescovo di Mantova già alla metà del X secolo (/ diplomi di Ugo e Lotario, di Beren-
gario II e di Adalberto, ed. L. Schiapparelli, Roma, 1924, doc. n. 1, p. 252), ο la con
cessione del 962 da parte di Ottone I al vescovo di Parma sulla città e sulle tre
miglia circostanti (Diplomata regum et imperatorum Germaniae, in Monumenta
Germaniae Historica, I, a cura di Th. Sickel, Hannover-Leipzig, 1879-1884, doc. 239,
p. 333-334).
7 Si vedano ad esempio le considerazioni di Racine, Poteri medievali, cit.,
p. 16-17. LA POLITICA DELLE ACQUE URBANE NELL'ITALIA COMUNALE 433
una flotta propria8, ο che si tratti, invece, dei diritti degli enti ecclesiastic
i sui porti del Ticino ai quali accenna Violante9, ο che si tratti infine del
porto immunitario sull'Adige in mano ai canonici del Capitolo della Catte
drale di Verona10.
E, si direbbe, in qualche caso tali enti continuano a mantenere solid
amente questi poteri ancora in una fase già istituzionalmente più definita
dell'organizzazione comunale, come attesta, ad esempio, il caso della con
troversia sul porto di Piacenza che vede contrapposti, alla metà del XII
secolo, un gruppo di privati e il monastero di Santa Giulia di Brescia i cui
diritti vengono, in quell'occasione, riconfermati e riconsolidati da un
favorevole lodo vescovile11. Ο come attesta, per fare ancora solo un altro
caso coevo sempre piacentino, l'investitura concessa ad alcuni privati
dall'abate di Santo Stefano su parte dello scalo fluviale sul Po. In questo
caso, peraltro, fra Chiesa locale e privati si da vita ad una compartecipaz
ione - tutt'altro che rara per imprese del genere in questa come in altre
epoche, in questa come in altre zone - in base alla quale i privati dovran
no farsi carico della costruzione delle infrastrutture viarie di accesso al
porto godendo, per il primo anno, della totalità dei proventi ; con la riser
va di corrispondere all'ente ecclesiastico la metà dei ricavi eventualmente
eccedente le spese e con la clausola, infine, di ripartire a metà spese e
ricavi per gli anni successivi al primo12.
Del resto basta spostare l'ottica dal diritto sulle acque a quello, conti
guo, sulla costruzione dei mulini per rendersi conto che la presenza di
questi soggetti è tutt'altro che trascurabile quando si voglia comprendere
8 Ibidem. Il caso di Cremona emerge da / placiti del «regnum Italiae», a cura
di C. Manaresi, I, Roma, 1955, n° 56 e da / diplomi italiani di Ludovico IH e di
Rodolfo

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