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The Project Gutenberg EBook of Sofonisba, by Vittorio AlfieriThis eBook is for the use of anyone anywhere at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it,give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this eBook or online atwww.gutenberg.netTitle: SofonisbaAuthor: Vittorio AlfieriRelease Date: January 25, 2010 [EBook #31080]Language: Italian*** START OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK SOFONISBA ***Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli and the Online Distributed Proofreading Team Europe athttp://dp.rastko.net (Images generously made available by Editore Laterza and the Biblioteca Italiana athttp://www.bibliotecaitaliana.it/ScrittoriItalia)SCRITTORI D'ITALIAVITTORIO ALFIERI TRAGEDIEA CURA DI NICOLA BRUSCOLIVOLUME TERZO BARI GIUS. LATERZA & FIGLI TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI 1947SOFONISBACosí quest'alta donna a morte venne; che vedendosi giunta in forza altrui,morire innanzi, che servir, sostenne.PETRARCA, Trionfo d'Amore, cap. II.PERSONAGGI SOFONISBA. SIFACE. MASSINISSA. SCIPIONE. Soldati Romani. Soldati Numidi.Scena, il campo di Scipione in Affrica.ATTO PRIMOSCENA PRIMASIFACE FRA CENTURIONI ROMANI.Finché rieda Scipione, almen lasciarmi con me stesso potreste.—Il piè, la destra, graviha di ferro; al roman campo in mezzo Siface stassi; ogni fuggir gli è ...

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Publié le 08 décembre 2010
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Langue Italiano

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The Project Gutenberg EBook of Sofonisba, byVittorio AlfieriThis eBook is for the use of anyone anywhere atno cost and with almost no restrictions whatsoever.You may copy it, give it away or re-use it under theterms of the Project Gutenberg License includedwith this eBook or online at www.gutenberg.netTitle: SofonisbaAuthor: Vittorio AlfieriRelease Date: January 25, 2010 [EBook #31080]Language: Italian*E*B* OSTOAK RST OOFFO TNIHSISB AP *R**OJECT GUTENBERGProduced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli andthe Online Distributed Proofreading Team Europeat http://dp.rastko.net (Images generously madeavailable by Editore Laterza and the BibliotecaItaliana athttp://www.bibliotecaitaliana.it/ScrittoriItalia)
SCRITTORI D'ITALIAVITTORIO ALFIERI TRAGEDIEA CURA DI NICOLA BRUSCOLIVOLUME TERZO                       BARI              GIUS. LATERZA & FIGLI             TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI                       1947
SOFONISBACosí quest'alta donna a mortevenne; che vedendosi giunta inforza altrui, morire innanzi, cheservir, sostenne.PETRARCA, Trionfo d'Amore, cap. II.
PERSONAGGI          SOFONISBA.          SIFACE.          MASSINISSA.          SCIPIONE.          Soldati Romani.          Soldati Numidi.Scena, il campo di Scipione in Affrica.
ATTO PRIMOSCENA PRIMASIFACE FRA CENTURIONI ROMANI.Finché rieda Scipione, almenlasciarmi con me stesso potreste.—Ilpiè, la destra, gravi ha di ferro; alroman campo in mezzo Siface stassi;ogni fuggir gli è tolto: gli sia concessoil non vedervi, almeno.SCENA SECONDASIFACE.Duro a soffrirsi il soldatesco orgoglio!Se il lor duce in superbia anco gliavanza, come in vero valor… Ma no;mi è noto Scipione: in Cirta, entro miareggia, io l'ebbi ospite giá: molto eraumano, e mite… Stolto Siface! or,che favelli? Allora Scipione a te, permendicare ajuti, venía; né allor, tuovincitore egli era.— Ahi, vinto re!preso in battaglia, e tratto ferito inceppi entro al nemico campo, ancor
tu vivi?… Oh Sofonisba! a qualistrette mi traggi? Or, che piú omainon debbo, né viver voglio, a tal sonio, che morte dar non mi possa?…Ma il fragor di trombe giá mi annunziaScipione. Eccolo. Oh vista!SCENA TERZASCIPIONE, SIFACE.SCIP. Resti ogni uomo in disparte. All'infelice refora insulto ogni corteggio mio.— Siface, ove purmai duol si potesse allevíar di vinto re, mi udrestiparole or muover di pietá: ma nota m'è del tuocor l'altezza, a cui novella piaga sarebbe ognipietoso detto. Quind'io non altro omai farò, chetrarti con la mia mano stessa i mal portati ferri:sgravar questa tua destra, io 'l deggio. Memoreancor son io, che questa destra, e d'amistade ed'alleanza in pegno, tu mi porgevi in Cirta.—Ma,che veggo? Sdegni il mio ufficio? e torvo immotoil ciglio nel suolo affiggi? Ah! se in battaglia presoScipion ti avesse, ei d'altri lacci avvinto non tiavria, che de' tuoi, col rimembrarti la tua giuratafede. Or dunque, cedi (ten priego) il ferreo pondodi te indegno; cedilo a me; lo sconsolato visoinnalza; e in un, mira Scipione in volto.SIFACE Scipione in volto? io 'l rimiraida presso, con fermo viso, piú volte inbattaglia: arbitra d'ogni cosa or vuol
fortuna, ch'io piú mirar non l'osi. Inquesto campo sol di Siface il mortocorpo addursi dai Romani dovea: ma,non è sempre dato ai forti il morire;ed io quí prova trista ne sono; ahimisero!—Dovute quindi a me sonqueste catene; e quindi son nel limodannati ora i miei sguardi; ch'io agliocchi mai del vincitor nemico ergerlinon potrei.SCIP. Non è dei vinti Scipion nemico; e benché alui fortuna solo finor l'aspetto lieto aprisse, nonper prosperi eventi ei va superbo, come non maivil per gli avversi ei fora.— Cortese forza io far tivo'. Disciolti ecco i tuoi ceppi indegni: a solo asolo, pari con pari, or con Scipion favella.SIFACE Umano parli, e il sei. Se l'esser vintosoffribil fosse a un re, dall'armi tue esserlo, ilfora. Ma, che posso io dirti, che della prisca miagrandezza, e a un tempo della presente miamiseria, degno parer ti possa? E a te, che restaa dirmi, ch'io giá nol sappia?SCIP. Io? ti dirò, che grande, che magnanimotanto ancor ti estimo, ch'io non dubito chiedere ate stesso del tuo cangiarti la cagion verace.SIFACE Fuor che a fedele esperto amico, ilcuore non suolsi aprir; ma o radi molto, o nulli,dei tali ai re ne tocca. Indegno io forse di amiciveri, abbenché re, non era: e, in prova, aprirti orail mio core io voglio. A te, nemico generoso, io 'l
posso, meglio che a finto amico. Odimi dunque.— Roma è tua culla, ed Affricano io nasco: tucittadin d'alta cittade sei; di numerosa nazíonpossente io giá fui re. Frapposto mare il tuo dalmio terren partiva: io mai non posi in vostra Italiail piede; a mano armata stai nell'Affrica tu.Cartagin pria, poscia l'Affrica intera, è in voilusinga di soggiogare. A me vicina, e quindi ora avicenda amica, ora nemica, Cartagin era: ebenché abborra anch'ella, al par che Roma, i re;di orgoglio e possa men soverchiante il popolsuo, che il vostro, men da me pure era abborrito.Offeso è il cuor d'un re tacitamente sempre daogni libero popolo; qual ira destar gli de' quel ch'ècon lui superbo?— Eccoti piano il tutto: odiarvi amorte, come insolenti predator stranieri, era ilmio cor: fede, amistá giurarvi, dopo le ispane altevittorie vostre, era il mio senno.SCIP. Ma il valor dell'armi Romane a provaconosciuto avevi; perché tua fede non serbar tua Roma?SIFACE —E che dirá Scipion, se il ver gli narro?Scipion, quel grande, il di cui core, albergod'amistá, di pietá, d'ogni sublime umano affetto,al solo amore ognora impenetrabil fu.—Lusinghe,amore, irresistibil possa di beltade, quí m'hancondotto; a te il confesso; e in dirlo, non io nelvolto di rossor sfavillo. Te cittadino, amor digloria sprona a superare i cittadin tuoi pari; quindiall'altro sei sordo: a un re, che in trono eguali ase non ha, tal sprone manca; quindi alla gloriasordo il rende ogni altra sua passíone. A un re
infelice il credi; ch'ei verace esser può. Tu, daquel grande che sei, piú ch'odio o spregio, pietátranne; ch'io da Scipion soltanto non la sdegno.SCIP. D'amor le fiamme io non provai, maimmensa la sua possa rispetto, e temo anch'io.Spesso il fuggii; che antiveder suoi strali si den,cui tardo ogni rimedio è poscia. Di Sofonisbadiffidar dovevi, pria di vederla, tu: di Asdrubalfiglia ell'era in somma, entro a Cartagin nata,d'odio imbevuta in un col latte, e d'ira, contro aRoma: e se a noi dall'util tuo eri allacciato allor,ben chiaro il danno, che tornar ten dovea neldarne il tergo, tu preveder potevi.SIFACE E nulla conti quella, che l'uom sí spessoinganna e regge; la speme? Io l'ebbi, che adAsdrubal stretto di tai legami, entro a Cartaginnullo piú di me vi potria: veduta poscia diSofonisba la bellezza, io vinto, io preso, io servoallor, piú che nol sono or nel tuo campo, d'unoerrar nell'altro cadendo andai. Per Sofonisba ilregno or perdo io, sí; la fama, e di me stesso lastima io perdo: e, il crederesti? in vita pur non miduol di rimaner brev'ora, fin ch'io lei sappia insecurtá. Non temo per lei l'infamia; è d'alto coreanch'ella; né viva mai dietro al tuo carro avvinta,piú che Siface, irne potrebbe: or odi, non i sensidi un re, di stolto amante odi or le smanie. Unagelosa rabbia m'arde e consuma, e la mia morteallunga. Nella mia reggia, in Cirta, omai giá forsedalle armi vostre vinta Sofonisba, in preda ell'èdel mio mortal nemico, di Massinissa. A luipromessa pria sposa, che a me; forse pur ei ne
ardea… A un tal pensiero, inesplicabil sentodisperato furor, che in me s'indonna. Morire iobrama, e morir deggio; e mille vie del morire,ancor che inerme, io tengo: ma, lasso me! morirnon so, né posso, fin ch'io non odo il suo destino.In preda a Massinissa, deh! (se a te pur cale ilmio pregar) deh! non conceder mai, ch'ella inpreda a lui cada… Oh cielo!… Avvampo d'ira…—Ma fuor del mio regal decoro, dove mi tragge ilfuror mio?—Null'altro mi resta a dirti. Alla miatenda intanto soffri ch'io mi ritragga: il duoloindegno nasconder vo'. Fuorché Scipion, nondebbe null'uom vedermi entro il romano campo inmen che regio conturbato aspetto.SCENA QUARTASCIPIONE.Misero re! Pari a pietá mi destamaraviglia il suo dir.—Ma, forteduolmi ciò, ch'ei mi accenna. AMassinissa in Cirta, espugnataoramai, per certo occorsa Sofonisbasará: s'ei pur ne' lacci d'amorcadesse? e se in sua fe per Roma eivacillasse?… O guerrier prode, e caroa me, non men che necessario aRoma, io per te tremo.—Oh qualicure acerbe ti sovrastan, Scipione!Oh! quanto costa a umano cor l'usarla forza ai vinti nemici stessi! E s'io
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