Bello e terribile
141 pages
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Description

Un contratto di famiglia. Un patto oscuro. Nessuna possibilità di fuga.
 
Undici anni fa, l'ho conosciuto. Un anno dopo, gli sono stata promessa in sposa. Adesso è venuto a rivendicarmi, massacrando chiunque si metta sulla sua strada.
 
Il mio futuro marito è un mostro che proviene da una famiglia tanto spietata e potente quanto la mia, un uomo dedito alla violenza e alla distruzione... un uomo la cui somiglianza con mio padre è terrificante. Per più di un decennio, mi ha perseguitata, spiando la mia vita.
 
Lo temo. Lo odio. Peggio ancora, lo voglio.
 
Mi chiamo Alina Molotova, e Alexei Leonov è un destino a cui non posso sfuggire.

Sujets

Informations

Publié par
Date de parution 18 janvier 2023
Nombre de lectures 0
EAN13 9781631427954
Langue Italiano

Informations légales : prix de location à la page 0,0400€. Cette information est donnée uniquement à titre indicatif conformément à la législation en vigueur.

Extrait

Bello e terribile
Fidanzamento dei Molotov: Libro 1


Anna Zaires

♠ Mozaika Publications ♠
Indice



Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 4

Capitolo 5

Capitolo 6

Capitolo 7

Capitolo 8

Capitolo 9

Capitolo 10

Capitolo 11

Capitolo 12

Capitolo 13

Capitolo 14

Capitolo 15

Capitolo 16

Capitolo 17

Capitolo 18

Capitolo 19

Capitolo 20

Capitolo 21

Capitolo 22

Capitolo 23

Capitolo 24

Capitolo 25

Capitolo 26

Capitolo 27

Capitolo 28

Capitolo 29


Estratto da Catturami di Anna Zaires

Estratto da Amore a prima annusata di Misha Bell

Biografia dell’autrice
Questo libro è un’opera di fantasia. Tutti i nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi riferimento a persone reali, viventi o scomparse, luoghi o eventi è puramente casuale.


Copyright © 2023 Anna Zaires e Dima Zales
www.annazaires.com/book-series/italiano/


Traduzione italiana: Sabrina Scalvinoni


Tutti i diritti riservati.


La riproduzione e la distribuzione di qualsiasi parte di questo libro, in forma stampata o elettronica, è vietata, se non autorizzata, ad eccezione dell’utilizzo in una recensione.


Pubblicato da Mozaika Publications, stampato da Mozaika LLC.
www.mozaikallc.com


Cover di Alex McLaughlin


Fotografia di Regina Wamba
www.reginawamba.com


ISBN: 978-1-63142-795-4
Print ISBN: 978-1-63142-813-5
Capitolo 1
Oggi, località sconosciuta

F redde labbra mi sfiorano la testa pulsante, accompagnate da un lieve profumo di pino, oceano e cuoio. "Shh... è tutto okay. Stai bene. Ti ho appena dato qualcosa per alleviare il mal di testa e renderti le cose più semplici."
Quella voce maschile è profonda e sinistra, stranamente familiare. Le parole sono state pronunciate in russo. La mia mente annebbiata si sforza di mettere a fuoco. Perché in russo? Mi trovo in America, giusto? Come faccio a conoscere questa voce? Questo profumo?
Cerco di sollevare le pesanti palpebre, ma si rifiutano di muoversi. Lo stesso vale per la mia mano, quando tento di alzarla. Ogni cosa mi sembra tremendamente pesante, come se le mie ossa fossero fatte di metallo e la mia carne di cemento. La testa mi ciondola di lato, i muscoli del collo sono incapaci di sostenerne il peso. È come se fossi una neonata. Cerco di parlare, ma dalla gola fuoriesce un verso incoerente, che si mescola ad un rombo distante, ora riconosciuto dalle mie orecchie.
Forse sono una neonata. Così, si spiegherebbe la mia ridicola impotenza e l'impossibilità di comprendere qualcosa.
"Qui, sdraiati." Salde mani guidano il mio corpo su una superficie morbida e piatta. Beh, la maggior parte del mio corpo, almeno. La testa finisce su qualcosa di sollevato e duro, ma comodo. Non un cuscino, è troppo duro, ma nemmeno un sasso. Un oggetto che non cede molto, solo leggermente, ed è anche stranamente caldo.
L'oggetto si sposta di poco, e da un nebuloso angolo della mia mente, emerge la risposta al mistero. Un grembo. La mia testa poggia sul grembo di qualcuno. Un uomo, a giudicare dalle grosse e muscolose cosce d'acciaio sotto il mio cranio dolorante.
Il mio battito cardiaco accelera. Nonostante la lentezza e la confusione dei miei pensieri, so che non è normale per me. Non è mia abitudine stare con gli uomini o sul grembo di qualcuno. O almeno, non l'ho mai fatto finora, in tutti i miei venticinque anni.
Venticinque. Mi aggrappo a questo briciolo di consapevolezza. Ho venticinque anni, non sono una neonata. Incoraggiata, cerco di dipanare altri fili aggrovigliati per trovare una risposta a ciò che sta accadendo, ma mi sfugge, e i ricordi, quando riemergono, lo fanno con pigrizia.
Buio. Fuoco. Un demone degli incubi che viene a rivendicarmi.
È un ricordo, o una scena che ho visto in un film?
La puntura di un ago che mi affonda nel collo. Una fiacchezza sgradita che si diffonde nel mio corpo.
Quest'ultima parte sembra reale. Non funzionerà la mia mente, forse, ma il mio corpo conosce la verità. Percepisce la minaccia. La frequenza cardiaca si intensifica man mano che l'adrenalina satura le mie vene. Sì. Sì, proprio così. Posso farcela. Con un'energia dettata dal terrore crescente, mi sforzo di sollevare palpebre, e il mio sguardo, indirizzato verso l'alto, fissa un paio di occhi più neri della notte che ci circonda. Occhi incastonati in un volto dal fascino crudele, che mi ossessiona nei sogni e negli incubi.
"Non opporti, Alinyonok" mormora Alexei Leonov. La sua voce sinistra esprime sia una promessa, sia una minaccia, mentre lui mi passa delicatamente le dita tra i capelli, sciogliendo la tensione pulsante nel mio cranio con un massaggio. "Renderai solo le cose più difficili a te stessa."
La superficie dei suoi calli resta impigliata nei nodi dei miei capelli lunghi, allora ritrae le dita, solo per curvare il palmo sulla mia mandibola. Le sue sono mani grandi, mani pericolose. Mani che hanno ucciso decine di persone solo nella giornata di oggi. Questa consapevolezza mi irrita lo stomaco, nonostante un grumo di tensione si distenda dentro di me. Per dieci lunghi anni, ho temuto questo momento, e finalmente è arrivato.
È qui.
È venuto a prendermi.
"Non piangere" dice piano il mio futuro marito, asciugandomi il viso bagnato con il ruvido contorno del pollice. "Non ti sarà d'aiuto. Lo sai."
Sì, è vero. Niente e nessuno può aiutarmi adesso. Riconosco quel rombo lontano. È il rumore del motore di un aereo. Siamo in volo.
Chiudo gli occhi, lasciando che le nebbie dell'oscurità si impossessino di me.
Capitolo 2
11 anni e 3 mesi prima, Mosca

Q ualcuno bussa, esitante, alla porta della mia camera. "Alina, sei lì? Dai, abbiamo la nostra lezione."
Già, 'fanculo. Metto in pausa il videogame a cui sto giocando con la Wii, e alzo il volume dell'iPod finché 'Get Low' di Lil' Jon & The East Side Boyz non mi rimbomba nelle orecchie, soffocando la fastidiosa voce del mio insegnante.
Disattivando l'audio della TV, riprendo il gioco e guido Mario lungo la strada, ignorando il continuo bussare. Non so perché debba prendere lezioni di inglese per tutta l'estate, quando ho passato gli ultimi tre anni a studiare in un collegio del New Hampshire. Ormai, il mio livello di inglese è pari a quello dei miei compagni di classe americani, e il mio accento russo non si percepisce. Certo, l'ortografia e la grammatica potrebbero migliorare, ma ormai sto per frequentare le superiori. Imparerò tutte quelle stupide regole, alla fine.
I colpetti sulla porta si interrompono, e libero un sospiro di sollievo. Se sarò fortunata, Dan – Dio, quanto odio quel nome – trascorrerà l'ora a noi destinata a cercarmi in ogni angolo del nostro attico di Mosca su due piani., prima di gettare la spugna per la giornata di oggi. Potrebbe anche lamentarsi con mio padre, ma non importa. Preferisco che papà alzi la voce con me, piuttosto che avere a che fare con Dan che mi guarda sempre in quel modo .
Rabbrividisco al ricordo di quell'espressione. La vedo dipinta in faccia di continuo a qualsiasi uomo, da quando mi sono spuntate le tette. Non sono grandi, né niente di che – alcune ragazze della mia classe usano già una coppa D o superiore – ma ai ragazzi, evidentemente, non interessa. E nemmeno agli adulti, soprattutto quando la mamma mi esorta a truccarmi. E a proposito...
Qualcun altro bussa alla porta, stavolta con più insistenza. Riconosco la cadenza perfino con la musica che mi esplode negli auricolari. A malincuore, metto in pausa il gioco e abbasso il volume dell'iPod. "Sì?"
"Alinochka, sono io. Sei già pronta e vestita?"
Ah, speravo si dimenticasse di me. Dopo essermi liberata degli auricolari, spengo il televisore e balzo in piedi. "Un secondo, mamma!"
Ignorando la risposta, apre la porta con una spinta ed entra nella mia stanza. Immediatamente, sgrana gli occhi. "Che cos'hai addosso?"
Beccata. Abbasso lo sguardo sui pantaloni della tuta e sulla T-shirt oversize con la massima noncuranza possibile. "Vestiti."
Socchiude gli occhi. "Non fare la furba con me. Sai bene cosa ti sto chiedendo."
"Okay." Esalo un sospiro di esasperazione. "Dammi solo un minuto."
"Hai trenta secondi" annuncia, mentre mi precipito nella cabina armadio e infilo il primo abito che possa forse andarle a genio: un vestito da sera rosso, tanto scintillante quanto scomodo.
Non so perché debba indossare questa robaccia ogni volta in cui papà invita degli ospiti, ma la mamma insiste. Riguarda il fatto di partire con il piede giusto. Ma con questo abito, direi che parto piuttosto con le tette giuste. Sul serio, sono aumentate di volume dalla scorsa settimana? Con una smorfia, cerco di spingere le mie carnose protuberanze nel corpetto, simile a una guaina, ma il reggiseno push-up incorporato svolge il proprio compito fin troppo bene.
"Cosa stai facendo? Smettila. È così che deve essere" dice la mamma, entrando nella cabina armadio per scacciare via le mie mani. "Ora mettiti le scarpe, e pensiamo ai capelli e al trucco."
Che qualcuno mi spari subito. Calzo un paio di zatteroni con la suola alta, in tinta con il vestito, e lascio che lei mi guidi verso lo specchio, dove comincia a spazzolarmi i lunghi capelli con tutta la rapidità e l'entusiasmo di una persona determinata a sradicarli.
"Ahia!" Faccio una smorfia, quando la spazzola intercetta un nodo particolarmente brutale, ma lei mi ignora di nuovo. Immagino sia questo il mio risultato, per aver rimandato tutto fino all'ultimo minuto.
Alla fine, i miei capelli sono lisci e dritti. Vorrei poterli raccogliere in una coda, ma alla mamma piace vedermeli lungo la schiena, come un drappo corvino. Non amando questo colore, sogno quel giorno in cui mi sarà concesso di aggiungere dei colpi di sole. L'anno prossimo, spero.
Arriviamo alla parte del trucco. Accigliata, osservo il mio volto pallido illuminato dal blush, le mie labbra che si trasformano in un broncio ros

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