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Description
Informations
Publié par | Mozaika Publications |
Date de parution | 07 avril 2020 |
Nombre de lectures | 8 |
EAN13 | 9781631424090 |
Langue | Italiano |
Informations légales : prix de location à la page 0,0015€. Cette information est donnée uniquement à titre indicatif conformément à la législation en vigueur.
Extrait
L’Articolo sui Krinar
Un Romanzo sulle Cronache dei Krinar
Di
Anna Zaires e Hettie Ivers
♠ Mozaika Publications ♠
Indice
Parte I
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Parte II
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Parte III
Capitolo 31
Capitolo 32
Epilogo
Estratto da la Prigioniera dei Krinar
Informazioni sulle Autrici
Questo libro è un’opera di fantasia. Tutti i nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi riferimento a persone reali, viventi o scomparse, luoghi o eventi è puramente casuale.
Copyright © 2018 Anna Zaires
www.annazaires.com/book-series/italiano/
Traduzione italiana: Martina Stefani 2018
Tutti i diritti riservati.
La riproduzione e la distribuzione di qualsiasi parte di questo libro, in forma stampata o elettronica, è vietata, se non autorizzata, ad eccezione dell’utilizzo in una recensione.
Pubblicato da Mozaika Publications, stampato da Mozaika LLC.
www.mozaikallc.com
Copertina di Najla Qamber Designs
www.najlaqamberdesigns.com
e-ISBN: 978-1-63142-409-0
Print ISBN: 978-1-63142-410-6
Parte Uno
Capitolo Uno
Due anni dopo l’invasione.
Non riuscivo a credere che fossero passati due anni dall’invasione, e che la gente continuasse a non sapere quasi niente degli alieni che avevano conquistato la Terra.
Frustrata, mi tolsi gli occhiali e mi strofinai gli occhi, sentendo la fatica dopo aver passato tutto il giorno a fissare lo schermo del computer. Nelle ultime due settimane, da quando avevo deciso di mettermi alla prova scrivendo un pezzo perspicace sugli invasori, mi ero messa a cercare ogni genere di informazione disponibile su Internet, e tutto ciò che avevo a disposizione erano voci, una serie di inaffidabili resoconti di testimoni oculari, alcuni sfocati video su YouTube e tante domande prive di risposta.
Due anni dopo il K-Day, i K—o Krinar, come amavano essere chiamati—erano un mistero quasi come quando erano arrivati.
Il mio computer emise un ronzio metallico, distraendomi dai pensieri. Guardando lo schermo, vidi che era appena arrivata un’e-mail da parte del mio editore. Richard Gable voleva sapere quando sarebbe stato pronto l’articolo sui cuccioli siamesi.
Almeno, non si trattava di un’altra di quelle e-mail del tipo "il cielo sta crollando" da parte di mia mamma.
Sospirando, mi strofinai di nuovo gli occhi, scacciando i pensieri disturbanti sui miei folli genitori. Era già abbastanza brutto che la mia carriera non fosse decollata. Non avevo idea del perché tutte le fesserie fossero finite sulla mia scrivania. Era così da quando ero entrata al giornale tre anni fa, e ne avevo abbastanza. A ventiquattro anni, avevo la stessa esperienza di scrittura di notizie vere di una stagista universitaria.
Basta, avevo deciso il mese scorso. Se Gable non voleva assegnarmi incarichi più seri, avrei trovato una storia da sola. E che cosa avrebbe potuto essere più interessante o controverso degli esseri misteriosi che avevano invaso la Terra e che ora vivevano accanto agli umani? Se fossi riuscita a scoprire qualcosa—qualsiasi cosa—sui K, avrei potuto dimostrare che ero capace di gestire storie più importanti.
Rimettendo gli occhiali, scrissi rapidamente un’e-mail a Gable, chiedendo di poter avere un paio di giorni in più per finire l’articolo sui cuccioli. La mia scusa era che volevo intervistare il veterinario e che avevo difficoltà a mettermi in contatto con lui. Era una bugia, ovviamente—avevo intervistato sia il veterinario che il proprietario non appena avevo ottenuto l’incarico—ma volevo evitare di ricevere altre sciocchezze per qualche giorno. Questo mi avrebbe concesso del tempo per esplorare un argomento interessante che avevo trovato oggi nelle mie ricerche: i cosiddetti club-x.
"Ehilà, piccola, niente programmi per stasera?"
Sentendo una voce familiare, sorrisi a Jay, il mio collega e miglior amico, che era appena entrato nel mio piccolo ufficio. "No" dissi allegramente. "Devo portarmi avanti col lavoro e poi ozierò sul divano."
Lui sospirò con fare teatrale e mi rivolse un’occhiata di finto rimprovero. "Amy, Amy, Amy… Come dobbiamo fare con te? È venerdì sera, e te ne stai a casa?"
"Mi sto ancora riprendendo dallo scorso fine settimana" dissi, con il sorriso che si allargò. "Quindi, non pensare di potermi trascinare di nuovo fuori così presto. Una notte di festa in stile Jay al mese è sufficiente per me."
La festa in stile Jay era un’esperienza unica, all’insegna di diversi shottini di vodka nelle prime ore della sera, seguiti da parecchie ore da passare nei locali e da una cena/colazione in un ristorante coreano aperto 24 ore su 24. Non avevo mentito, quando avevo detto che mi stavo ancora riprendendo—la combinazione di vodka e cibo coreano mi aveva provocato una sbornia, che sembrava più un’intossicazione alimentare che altro. Lunedì ero appena riuscita ad alzarmi dal letto per recarmi al lavoro.
"Oh, andiamo" mi prese in giro, con gli occhi castani simili a quelli di un cucciolo. Con le ciglia folte, i capelli castani e ricci e i lineamenti eleganti, Jay era quasi troppo carino per essere un ragazzo. Se non fosse stato per la corporatura muscolosa, sarebbe sembrato effeminato. Tuttavia, attirava sia donne che uomini—e si divertiva con entrambi con lo stesso entusiasmo.
"Mi dispiace, Jay. Forse la prossima settimana." Dovevo concentrarmi sull’articolo sui K… e sui club segreti che presumibilmente frequentavano.
Il mio amico emise un altro sospiro. "Va bene, come vuoi. Su cosa stai lavorando adesso? Su quel pezzo riguardo ai cuccioli?"
Esitai. Non gli avevo ancora detto del progetto, più che altro perché non volevo sembrare sciocca, se non avessi trovato una buona storia. Nemmeno Jay riceveva molti incarichi importanti, ma a lui non importava altrettanto. Il suo obiettivo nella vita era divertirsi, e tutto il resto—compresa la carriera di giornalista—veniva dopo. Pensava che l’ambizione fosse utile solo con moderazione e non si applicava più del necessario. "Non voglio essere un totale fannullone, sai, per i miei genitori" mi aveva spiegato una volta, e quella frase riassumeva perfettamente il suo approccio al lavoro.
Io, invece, non solo non volevo essere una fannullona, ma mi dava fastidio il fatto che l’editore avesse rivolto una semplice occhiata ai miei capelli biondo fragola e ai lineamenti simili a una bambola, e mi avesse definitivamente collocata nella terra delle storie banali. In un primo momento, avevo pensato che Gable fosse un sessista, ma faceva la stessa cosa con Jay. Il nostro editore non discriminava le donne; semplicemente aveva pregiudizi sulle capacità delle persone in base al loro aspetto esteriore.
Decidendo di confidarmi con il mio amico, dissi: "No, non sul pezzo dei cuccioli. In realtà, sto facendo ricerche su un mio progetto."
Jay sollevò le sopracciglia perfette. "Davvero?"
"Hai mai sentito parlare dei club-x?" chiesi, guardandomi intorno per assicurarmi che nessuno stesse ascoltando la conversazione. Per fortuna, gli uffici intorno al mio erano quasi deserti, fatta eccezione per un’altra stagista che stava lavorando nella parte opposta del piano. Erano quasi le quattro del pomeriggio di venerdì, e la maggior parte della gente aveva trovato una scusa per uscire prima in quel pomeriggio estivo.
Jay sgranò gli occhi. "Club-x? Vuoi dire i club-xeno?"
"Sì." Il battito del mio cuore accelerò dall’emozione. "Ne hai sentito parlare?"
"Non sono i luoghi in cui quella gente pazza per gli alieni si reca per rimorchiare i K?"
"A quanto pare." Gli sorrisi. "Ne ho sentito parlare proprio oggi. Conosci per caso qualcuno che c’è andato?"
Aggrottò la fronte, con un’espressione che sembrava fuori posto sul suo viso normalmente allegro. "No, non proprio. Voglio dire, c’è sempre quell’amica di un amico di un amico, ma nessuno che conosca personalmente."
Annuii. "Giusto. E tu conosci mezza Manhattan, quindi questi club, se esistono, sono un segreto ben custodito. Riesci a immaginare la storia?" Con la mia miglior voce da presentatrice, annunciai con fare teatrale: "Club alieni nel cuore di New York? Il New York Herald vi dà le ultime notizie sui K!"
"Ne sei sicura?" Il mio amico sembrava dubbioso. "Ho sentito dire che quei club sono vicini ai Centri K. Stai dicendo che ce ne sono alcuni a New York?"
"Credo di sì. Girano alcune voci su un club a Manhattan. Vogli