La nuova scuola
117 pages
Italiano

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Description

Il mio compagno di banco era e non a caso, Felice. Era abbastanza simpatico, ma nessuno avrebbe scelto di sedergli accanto perché aveva spesso i pidocchi in testa e l’abilità d’infestare chi gli stava vicino   


Versai il vino dalla botte direttamente nella brocca e gli stappai una gassosa. Come al solito, prese la brocca con la mano sinistra e la depositò di lato sulle labbra mentre con la mano destra sospese la gassosa sopra la cannata al livello del naso e mentre trincava il vino, svuotava contemporaneamente la gassosa nella cannata senza toglierla di bocca finché non aveva scolato anche l’ultima goccia, e finiva il processo con un violento sospiro di soddisfazione. L’avevo visto fare la stessa cosa allo stesso modo un centinaio di volte, eppure non mi stancavo mai di osservarlo  


La strinsi più che potei cercando disperatamente di comfortarla. Sentivo sul collo i suoi capelli lisci, neri, lunghi, e le sue lacrime calde che mi inumidivano il viso, e il pianto, dapprima distinto che gradualmente svaniva, e il mio desiderio che quel momento, in cui sembrava che solo noi esistessimo, non avesse fine, forse anche in anticipazione di una devastante notizia 


All’inizio di luglio il nonno stette male. Cercò di alzarsi dal letto un mattino, ma le gambe non lo ressero e finì sul pavimento da dove non ebbe la forza di alzarsi e rimettersi in piedi. Non chiese aiuto perché, siccome dormiva nudo, si vergognava d’essere trovato svestito da zia Teresa, o peggio ancora da una delle sue giovani figlie  



Sujets

Informations

Publié par
Date de parution 26 juin 2023
Nombre de lectures 0
EAN13 9781977265982
Langue Italiano

Informations légales : prix de location à la page 0,0500€. Cette information est donnée uniquement à titre indicatif conformément à la législation en vigueur.

Extrait

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La nuova scuola I primi amori sbocciano, ardono e si spengono. Ma restano eterni. All Rights Reserved. Copyright © 2023 Luciano Racco v2.0
This is a work of fiction. Names, characters, businesses, places, events, locales, and incidents are either the products of the author’s imagination or used in a fictitious manner. Any resemblance to actual persons, living or dead, or actual events is purely coincidental.
The opinions expressed in this manuscript are solely the opinions of the author and do not represent the opinions or thoughts of the publisher. The author has represented and warranted full ownership and/or legal right to publish all the materials in this book.
This book may not be reproduced, transmitted, or stored in whole or in part by any means, including graphic, electronic, or mechanical without the express written consent of the publisher except in the case of brief quotations embodied in critical articles and reviews.
Outskirts Press, Inc. http://www.outskirtspress.com
Cover Photo © 2023 www.gettyimages.com . All rights reserved - used with permission.
Outskirts Press and the "OP" logo are trademarks belonging to Outskirts Press, Inc.
PRINTED IN THE UNITED STATES OF AMERICA
Table of Contents
Capitolo I: La maestra Gallo
Capitolo II: Dalla scuola al bar
Capitolo III: Che vergogna
Capitolo IV: La prima rivolta
Capitolo V: Sigari e legnate
Capitolo VI: Calcio che viene, lider che va
Capitolo VII: Del più e del meno
Capitolo VIII: Il tavolo dei vecchi
Capitolo IX: Che bella notizia
Capitolo X: Dinamite
Capitolo XI: L’altro lato del nonno
Capitolo XII: Troppo presto per fare il bucato
Capitolo XIII: La fine d’un sogno
Capitolo XIV: Il mio turno per crescere
Capitolo XV: Il nuovo passatempo
Capitolo XVI: Il viaggio in Puglia
Capitolo XVII: L’altro lato della medaglia
Capitolo XVIII: Nuovi rapporti
Capitolo XIX: Le feste natalizie
Capitolo XX: Uno sbaglio biasimevole
Capitolo XXI: Qualche novità
Capitolo XXII: Fine d’anno a sorpresa
Capitolo XXIII: La malattia del nonno
Capitolo XXIV: Vecchie abitudini, vita nuova
Capitolo XXV: La provocazione di Lazzaro
Capitolo XXVI: Un viaggio misterioso
Capitolo XXVII: Ritorno ed apprensioni
Capitolo XXVIII: Addio, o forse arrivederci?
Capitolo XXIX: Terapia per corrispondenza
Capitolo XXX: La saggezza di Maria
Capitolo XXXI: Don Anselmo
Capitolo XXXII: L’incidente
Capitolo XXXIII: Una visita difficile
Conclusione
Capitolo I
La maestra Gallo
La nuova scuola elementare fu finalmente completata, pronta ad aprire. Una struttura tutta in mattoni rossi sormontata da tegole d’argilla di un giallo paglierino e tutt’intorno un cortile spazioso . Un recinto, anch’esso degli stessi mattoni con grandi inferriate nel mezzo di un susseguirsi di pilastri, la proteggeva con trepidante amore, come una mamma che avvolge tra le braccia la sua creatura appena nata. Mancavano due settimane al primo ottobre, l’inizio dell’anno scolastico, e mi sognavo seduto a un banco di quella che sarebbe stata la mia prima esperienza di scuola. Decine di ragazzi della mia età e anche più grandi, celebravano chiassosi la nuova scuola correndole tutt’intorno, saltellando e schiamazzando euforici mentre gli adulti, indifferenti alla cagnara, la guardavano dalla via attraverso le finestre di ferro intrecciato a ragnatela, come un prigioniero in cella ammira il mondo dall’altra parte della finestrina, sospirando tristemente per le opportunità concesse ad altri di goderselo, ma negate a loro. Distolsero lo sguardo dall’ edificio solo appena s’accorsero che don Ciccio Di Noia si stava avvicinando. Si tirarono un po’ da parte salutando ossequiosamente quell’uomo che aveva donato il terreno per costruire la scuola e mormorando tra di loro, arriva don Ciccio, facciamo un po’ di spazio. Don Ciccio marciava con la schiena eretta e a testa alta tradendo chiaramente il suo passato di carriera militare. Dava l’impressione d’essere assai più alto del suo metro e sessantacinque. Portava, come al solito, una camicia bianca sbottonata intorno al collo dentro un paio di pantaloni color crema che non facevano una grinza, con bretelle marrone scuro a sostegno dignitoso di pantaloni e pancione. Un coro di buon giorno don Ciccio, o buon giorno Capitano, a seconda del rispetto sociale o rispetto militare riservato all’uomo, l’aveva investito non appena s’era accostato a quel gruppetto.
___Bella veramente, don Ciccio. Ne potete essere fiero, disse Vici Mammella deferente.
___La scuola è per tutti i nostri figli e nipotini, ammonì gentilmente, don Ciccio. Ne possiamo essere orgogliosi tutti insieme, continuò con un filo di falsa modestia. Sarà un grande vantaggio avere quasi tutti gli scolari in un solo posto anziché sparpagliati in stanzoni bui qui e lì per tutte le nostre campagne. Certo, se il Cavaliere Cavalletta avesse donato anche lui un suo pezzo di proprietà adiacente, la scuola sarebbe stata grande abbastanza per creare tutte le aule di cui c’era bisogno, aggiunse con velata malizia. Vuol dire che purtroppo, un paio di classi dovranno seguire il vecchio sistema. Comunque, certo, meglio di così si muore. Bisogna sapersi accontentare e guardare al futuro. Vedremo che ne pensano i maestri a ottobre. Scusate, sembra che mio figlio abbia bisogno di me. Così dicendo, Si avviò verso Tommaso, il figlio, che l’aspettava all’angolo del vicolo che portava a casa loro. Conferirono brevemente prima d’incamminarsi insieme lentamente su per la stradetta, chissà forse per l’età avanzata di don Ciccio, ormai ottantenne, o forse per la zoppia di Tommaso che era nato con una gamba più corta dell’altra, e che nonostante le tante visite mediche da piccolo in tutt’Italia, e tante spese per tanti esperimenti, la differenza in lunghezza era rimasta tale e quale e così anche lo squilibrio dei suoi passi.
Da quando l’edificio scolastico era stato costruito, noi ragazzini avevamo spostato inconsciamente il centro delle nostre attività dalla piazzetta difronte alla chiesetta a Via delle Fosselle, dove si trovava la nuova scuola. La nostra migrazione aveva naturalmente annoiato le famiglie vicino alla scuola, che d’un colpo avevano perso tutta la loro tranquillità e avevano sicuramente cominciato già a maledire la nuova scuola, se non addirittura don Ciccio. Poi, finalmente, era arrivato il giorno che avevo anticipato con trepidazione. Primo ottobre. Primo giorno di scuola. Il cortile così ampio fino a ieri, si era di colpo rimpicciolito sotto la valanga di alunni che vi si era riversata con assordante violenza, separando spietatamente le due metà del cancello di ferro all’entrata dalla strada. Grembiuli neri con colletti bianchi ancorati da fiocchi azzurri e uno o due grembiuli bianchi che stonavano un po’ davano l’impressione di capre in branco che si spingevano caoticamente cercando spazio che non c’era. Le conversazioni aumentavano di volume e si intrecciavano disordinatamente. I gruppi si sformavano e riformavano involontariamente a causa di chi veniva spinto scriteriatamente da un gruppo a un altro . La confusione diventava il caos assordante di una battaglia senza strategia. D’improvviso, quel clamore cacofonico delle capre in grembiule diventò silenzio. La valanga aveva finito la sua babelica corsa, inghiottita per un attimo dalla quiete della valle sottostante, rimpiazzata quasi simultaneamente dallo stridere aspro di una sirena, che inavvertitamente aveva cominciato a causare nei nostri animi coscienti l’ ansia e l’ inquietudine dell’ignoto: Il primo suono della campanella nuova, della nuova scuola, del nuovo anno scolastico. Gli occhi di tutti si spostarono verso gli scalini dell’entrata. I maestri sorridenti alla soglia del corridoio che divideva le aule di sinistra da quelle di destra, erano pronti ad accogliere affettuosamente, come genitori amorevoli, quei loro bimbi ancora sconosciuti. Era l’eccitamento di una grande famiglia che da una casetta di tufo sembrava finalmente trasferirsi nella nuova casa di cemento, con majolica e tappetini in tutte le stanze, bagni luminosi con docce e vasche e una grande cucina con tutti gli elettrodomestici modernissimi. Mentre salivo quei cinque scalini, d’improvviso sentii una stretta allo stomaco che m’impediva quasi di respirare e mi sembrò d’affogare come nei momenti in cui al mare mi immergevo sott’acqua sfidando me stesso a toccare il fondo non sapendo in risalita se mi restava abbastanza ossigeno nei polmoni per arrivare in superficie. Mesi d’anticipazione e d’eccitamento per quel momento erano svaniti di colpo. Avevo voglia di vomitare. Di girarmi e correre via. Invece, entrai anche con l’aiuto di qualche spinta accidentale, e per fortuna i polmoni non mi scoppiarono in petto, anzi, lentamente la stretta si allentò e ritrovai la serenità. Ero vivo. Ero pronto.
La maestra Gallo era molto simpatica. Mi era piaciuta subito perché assomigliava a mia zia Teresa che faceva le migliori frittelle al riso, o con i fiori di zucchini che amavo da morire. Infatti, mentre lei parlava, mi sembrava di sentire l’odore di frittura che veniva dalla sua cattedra e quando lei disse, alla fine del suo prologo, di avere una piccola sorpresa per addolcire l’inizio del nostro primo anno, m’aspettavo di vederla tirare fuori dal cassetto un piattone di frittelle. Ci diede invece una caramella e un cioccolatino ciascuno.
___E non illudetevi che succederà ogni giorno. Questa sarà la prima e l’ultima volta. Capito?, disse con un sorrisetto materno.
Il mio banco era il più vicino alla sua cattedra. Non era stata una mia scelta, bensì la conseguenza d’essere entrato in classe per ultimo, e così avevo ereditato sia banco che compagno di banco. Ero il più basso della classe e quindi essere in prima fila non mi dispiaceva, anzi era di certo un grosso vantaggio. Il mio compagno di banco era e non a caso, Felice. Era abbastanza simpatico, ma nessuno avrebbe scelto di sedergli accanto perché aveva spesso i pidocchi in testa e l’abilità d’i

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